Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Perchè i pesci non affoghino narra con realismo, ironia e schietto sarcasmo la vicenda di 12 americani scomparsi in Birmania. Tutto inizia con la morte di Bibi Chen un'antiquaria di origini cinesi che vive a San Francisco e viene uccisa nel suo negozio. Bibi vede tutto, compreso il proprio funerale e i dodici amici che avrebbe dovuto guidare in un viaggio in Cina e in Birmania, organizzato a scopo culturale. E' lei l'io narrante post-mortem del libro che accompagna i lettori e il gruppo dei 12 americani attraverso il magico e tutt'altro che benigno mondo della Birmania.  I dodici partecipanti alla spedizione, una volta morta la capogruppo Bibi, decidono di partire ugualmente; subito il programma steso con tanta cura da Bibi viene stravolto e modificato e porta i nostri "eroi" americani in una Birmania inaspettata, pericolosa che li inghiotte nella foresta pluviale. Costretti a lasciare la Cina prima del previsto, a causa della poca confidenza con le usanze locali, 11 dei nostri 12 " eroi" partono per una gita sul lago e spariscono nel nulla sequestrati da una tribù Karen. L'autrice Amy Tan indaga ottimamente il campionario degli " americani medi": il playboy onesto, l'ingenua attivista dei diritti umani, l'ipocondriaca, l'adolescente figlio di genitori separati e il divo della TV [il miglior personaggio del libro a mio parere] e tesse un romanzo avvincente che, sotto l'apparente bonomia, non risparmia nessuno, né l'autoritarismo dei regimi illiberali né l'individualismo narcisistico del nostro mondo. Fa riflettere poi la scelta del titolo: " Un uomo pio spiegò ai suoi discepoli: Togliere la vita è un'azione malvagia, salvare una vita è un'azione nobile. Ogni giorno giuro di salvare cento vite. Getto la rete nel lago e la ritiro con dentro un centinaio di pesci. Metto i pesci sulla riva, dove si contorcono e si dibattono goffamente. 'Non abbiate paura' dico loro. 'Vi ho salvato impedendo che affogaste.' Poco dopo i pesci si calmano e restano immobili. Eppure, è triste dirlo, arrivo sempre troppo tardi. I pesci muoiono. E siccome ogni spreco è un male, porto i pesci morti al mercato e li vendo ricavandone un certo guadagno. Con il denaro compro altre reti, così potrò salvare un maggior numero di pesci." (Anonimo) PERCHE' I PESCI NON AFFOGHINO TAN AMY FELTRINELLI
 Attraverso Le avventure di Sebastian Dangerfield, J.P. Donleavy ci racconta con Ginger Man lo sbandamento di un uomo, e di una generazione, nell’Irlanda povera del dopoguerra. Sebastian è un giovane americano, a Dublino per studiare giurisprudenza al Trinity College, cosa che non farà mai. Vero mascalzone, di quelli che appartengono a qualsiasi età e paese, Sebastian se ne infischia delle responsabilità, della moglie e della figlia piccola: perennemente ubriaco, raccatta soldi dove capita, passa le sue giornate tra i pub e i marciapiedi di Dublino, scazzottando appena può e seducendo senza ritegno qualsiasi donna gli capiti a tiro. Egoista, perditempo, oltraggioso ma disgraziatamente affascinante e carismatico, è un’antieroe al tempo stesso comico e disperato, che rifugge con metodo la quotidianità della vita comune. Il suo vittimismo è esilarante: impotente di fronte ai debiti e alla propria inconcludenza, che gli preclude tutti i lussi ai quali si sente destinato, Sebastian è capace di incolpare il mondo della sua sfortuna, e inveisce contro tutto e contro tutti, con violenza e con ironia, e anche con il fascino del suo perfetto accento aristocratico. Talvolta, però, il corso della sua degradazione si interrompe, e Sebastian regala per un attimo tocchi di poesia, sentimentalismi rivolti al cielo, per invocare un risvolto di fortuna, ma per lo più usati come strumento di seduzione per le sue avventure, sempre senza rimorso. E la corsa per Dublino riprende, con un’alzata di spalle e una bevuta. Quella di J.P. Donleavy è una narrazione che incalza, una prosa senza regole, che alterna continuamente e inaspettatamente la prima e la terza persona, con un risultato che sorprende ad ogni pagina. Pubblicato nel 1955 e subito censurato perché giudicato osceno e pornografico, Ginger Man è una felice riproposta di Neri Pozza nella nuova collana Bloom. Il titolo prende origine dal racconto per bambini The Gingerbread Man, che recita:
"Run, run, as fast as you can; you can't catch me I'm the gingerbread man."
Perfetto per Sebastian, che nel libro fugge continuamente, dai creditori, dalla polizia, dalle donne sedotte e abbandonate, da se stesso e dal mondo. Ginger Man ci regala il magnifico ritratto del vero furfante, che finisce per risultare al lettore irresistibilmente simpatico, e difficile da dimenticare.
Così parlò il nano da giardiano è un libro che colpisce al cuore sin dalla copertina. E' la storia di un gruppo di gerbilli che devono migrare da Gerbido Vecchio al Gerbido Nuovo tanto decantato dal nano Gongolo. E' così che inizia un favola ironica e vagamente surreale, dove un'improbabile comitiva di gerbilli con nomi bizzarri, nani da giardino e uno spaventapasseri depresso vanno disperatamente alla ricerca di un'isola felice. «E Gongolo? Gongolo pianse tutte le sue lacrime, dato che si trattava di una morte annunciata. Una delle più abominevoli, perché sarebbe stato caricato su un camion della spazzatura e poi scaraventato in una discarica. Oppure - sciagura altrettanto terribile - sarebbe stato rapito da un commando dell' FLNG ( Fronte per la Liberazione dei Nani da Giardino), un movimento terroristico internazionale, purtroppo in rapida espansione. Un movimento che afferma di voler liberare i nani e invece li strappa con violenza al loro habitat e poi li abbandona in boschi sperduti e inaccessibili. I nani da giardino (caso mai qualcuno non lo ricordasse) sono molto sensibili. I nani da giardino, anche se non sembra, sono creature delicate». Si legge tutto d'un fiato in una bella serata invernale! OGGERO MARGHERITA COSI' PARLO' IL NANO DA GIARDINO EINAUDI
“Solo lettere, lettere sul soffitto, lettere bianche che strisciano lente su uno sfondo nero. Cominciarono ad apparirmi la notte, dopo uno dei miei soliti attacchi di cuore. Potevo spostarle lungo il soffitto, quelle lettere, allinearle a formare parole e frasi. E al mattino non mi restava altro che annotarle nella memoria del computer.” Rubén Gallego nasce nel 1968, insieme al fratello gemello, in una prestigiosa clinica riservata ai quadri del partito comunista (il nonno è il segretario del Partito Comunista spagnolo in esilio). Il gemello non sopravvive al parto. Rubén sì, ma affetto da paralisi cerebrale, che, pur non toccando minimamente le funzioni del suo cervello, lo rende gravemente handicappato: il suo corpo è, ad eccezione di due dita, completamente inerte. L’ autobiografia di Rubén Gallego narra dell’infanzia e dell’adolescenza tra un orfanotrofio e l’altro, insieme ad altri bambini che, come lui, hanno la colpa di non incarnare il mito dell’”uomo nuovo”: forte e dall’inevitabile futuro radioso e di successo. Rubén, sottratto alla madre (alla quale si dice che anche il secondo gemello sia morto), ci racconta le vicende sue e dei suoi compagni di sventura in questi campi di concentramento mascherati da ospedali, con medici, pedagoghi e inservienti al posto degli aguzzini (“ Alla lezione di storia espongo baldanzoso gli orrori dei campi di concentramento nazisti”). Ma il loro ruolo è lo stesso: per andare in bagno la notte Rubén striscia letteralmente fino ai gabinetti attraversando corridoi gelati; è considerato, in quanto figlio di una spagnola e di un venezuelano, “un figlio di una troia di una negra”, e si sente in colpa perché a undici anni pesa già ben quasi diciassette chili, e le inservienti fanno fatica a sollevarlo… Al compimento del diciottesimo anno di vita, e per i quattro anni successivi, Rubén passa dagli orfanotrofi agli ospizi, dove chi non merita di vivere viene spedito al piano dei moribondi, che stia bene o male non importa, la vita dipende solo ed esclusivamente dal budget a disposizione dell’ospizio. Riesce a fuggire nei primi anni novanta grazie al momento di confusione e spaesamento dovuti alla perestrojka e, dopo un avventuroso viaggio in un furgoncino, ritrova la madre, a Praga. Si sposa due volte, ha due figlie. La notte ricorda la sua passata esistenza da eroe (“Se non hai le braccia o le gambe, o sei un eroe o sei morto. … Io sono un eroe. Non ho altra scelta”) e di giorno la trascrive, con due dita e un portatile. Questo è un libro che tutti dovremmo leggere. È un libro fondamentale: è come SE QUESTO È UN UOMO, come GREAT EXPECTATIONS, come THÉRÈSE RAQUIN, come GUERRA E PACE, e così via. È un colpo duro e necessario: è la scoperta di come tra mille sofferenze i bambini trovino comunque giustificazione verso gli aguzzini e colpa a se stessi, e, nonostante tutto, non perdano un certo fondo di candore e ottimismo. Lo renderei obbligatorio nelle scuole, per tutti i nostri ragazzini coccolati, viziati e vezzeggiati, e nelle case, per tutti noi protetti dalle nostre mura, dai nostri agi e il nostro nascondere alla vista tutto ciò che è spiacevole. Perché la vita, l’infanzia, sono anche quello che ha vissuto Rubén Gallego. E per fortuna c’è chi, come lui, è sopravvissuto a tutto questo. Gallego Rubén BIANCO SU NERO ADELPHI 04-2004
Ventotto Barbary Lane è il quarto episodio della miniserie Tales of the city, che in America ha ottenuto un grande successo, coronando Armistead Maupin icona della scena letteraria gay. E’ una variopinta commedia, ambientata nei primi anni 80 in una strada di San Francisco. Il numero 28 è abitato da una serie di personaggi eccentrici: Mary Ann, giornalista in carriera, e il marito Brian, insoddisfatto cameriere di ristorante, Michael “Mouse”, l’amico del piano di sotto, distrutto dalla morte del suo compagno, e la padrona di casa, la signora Madrigal, che coltiva marijuana in casa e cucina per tutti. Le storie dei personaggi prendono vita quando in Barbary Lane capita Simon, giovane ufficiale inglese, bello e affascinante, che crea il prevedibile pandemonio nella vita di tutti, anche in virtù di uno scambio di appartamenti con Michael, che andrà a vivere per qualche settimana nella sua scalcinata casa di Londra. Neo inquilino in Barbary Lane, Simon scatenerà con la sua presenza (a San Francisco), e la sua non-presenza (a Londra) una serie di situazioni dettate da equivoci e incomprensioni, seduzioni e infedeltà. Voglia di gravidanza, senso di isolamento, incapacità di intrecciare relazioni, amicizia, amore coniugale, amore fraterno, amore e basta. In Ventotto Barbary Lane le persone si cercano, talvolta con leggerezza e frivolezza, ma sempre con il senso un po’ sgomento e malinconico di chi sta lottando con la propria solitudine, e cercando un suo posto nel mondo. E’ il ritratto di un’America nella quale l’insidia dell’AIDS sta apparendo lentamente, facendo le prime vittime, e togliendo disinvoltura e serenità alla casualità dell’incontro. Ironico, con tratti di stravaganza, e una carrellata di personaggi efficaci e simpatici, Ventotto Barbary Lane alterna registri leggeri e pop ad altri più cupi. Fenomeno di costume in America, e anche in Italia con tanto di forum di appassionati, la saga di San Francisco Tales of the city, di Amistead Maupin, è anche (ovviamente) una fortunatissima serie televisiva con ospitate illustri. Per chi ama il genere. Libro:
Autore: MAUPIN ARMISTEAD Titolo: 28 BARNABY LANE Editore: RIZZOLI Prezzo: € 17,00
 Il protagonista de Il silenzio di Cleaver è il più famoso giornalista televisivo di Inghilterra: ricco, famoso e sicuro di sé, Harold Cleaver ha intervistato il presidente degli Stati Uniti in piena campagna presidenziale. Un’intervista forte, aggressiva e coraggiosa, il capolavoro della sua carriera. Lusingato dai media, premiato dai dati di ascolto del suo talk show, gratificato da una vivace vita sessuale extraconiugale, Cleaver si nutre del suo successo. Sarà la biografia del figlio maggiore, che lo dipinge come un egocentrico avido e manipolatore, a scardinare la sua sicurezza. Furibondo per il ritratto pubblico infamante, costretto ad affrontare il confronto con il suo ingombrante ego, Cleaver lascia Londra e fugge in Italia, in un paesino del Sud Tirolo: lì si accampa in una baita isolata, spegne i cellulari, e cerca la solitudine e il silenzio. Diventare muti dentro la testa, ecco la vera sfida. Una sfida che per Cleaver è persa in partenza: il silenzio della sua nuova vita è assordante, un continuo vociare della mente che lo tortura in una lunga riflessione sulla sua vita. Affiorano le debolezze, gli errori, i disincanti di un uomo che sotto il peso dei suoi chili e del suo orgoglio cerca di capire e capirsi, decodificando le accuse del figlio in un continuo dialogo con se stesso. La morte della figlia tanto amata, il rapporto complesso con la compagna, le scelte di una vita spesa proiettato solo su se stesso e sul potere carismatico delle sue parole: Cleaver ripercorre tutto con rimpianto, con disagio ma anche con tanta rabbia. La ricerca della solidità e concretezza nella vita semplice della montagna sembra impossibile per Cleaver, che riesamina, nel silenzio della sua mente, tutta una vita: nel chiarore della montagna innevata, nelle passeggiate nel bosco, o nelle buie serate solitarie, le parole di Cleaver affollano le pagine rimbombando, in un flusso di coscienza che fa emergere senza pietà le debolezze di un uomo disorientato. Così il silenzio per Cleaver, abile, acuto e sarcastico giornalista, si trasforma nel confronto più difficile e aspro della sua carriera, che lo mette a nudo di fronte alle sue scelte. Il silenzio di Cleaver è un bel romanzo, elegante e acuto nel percorrere gli stadi dell’emozione umana, ma anche nell’analizzare con ironia il feroce e assordante potere pubblico dei media, che invadono di parole, spesso inutili, la nostra vita. Tim Parks, scrittore inglese trapiantato in Italia, e amante del nostro paese, ci regala con questa bella storia anche uno spettacolo prezioso: l’emozione e la solennità dei paesaggi sudtirolesi, e la silenziosa seduzione delle montagne innevate. Libro:
Autore: PARKS TIM Titolo: IL SILENZIO DI CLEAVER Editore: IL SAGGIATORE Pubblicazione: 09-2006 Prezzo: € 16,00
"Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell'agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan".  Cal/Calliope, voce narrante di Middlesex, è un ermafrodito identificato ed allevato come bambina fino ai quattordici anni. Cal/Calliope viene riconosciuto come maschio dopo un incidente e successiva visita medica che dà un nome preciso ai dubbi che inevitabili iniziavano a sorgere in famiglia su Calliope. Responsabile della sua "eccentricità biologica" è la carenza di un enzima [5-alfa-reduttasi] dovuto a ragioni genetiche che attraversa come una colpa tre generazioni e che ora si manifesta dando inizio all'odissea di Callie. Il libro è un viaggio che ci proietta nei sogni e nei segreti della sagra familiare dei Stephanides, tra furbi imprenditori e ciarlatani, sagge donne di casa e improbabili leader religiosi, in un alternarsi di nascite, matrimoni, scandali e segreti, che dalla Turchia ottomana si trasferisce nell'America del Proibizionismo e della guerra, dei conflitti razziali e della controcultura, del Vietnam e del Watergate. L'ineluttabilità dell'amore percorre il libro e ti accompagna dall'europa all'america moderna per ritornare in europa. Colpisce nel libro l'americanizzazione della famiglia greca a cominciare dai nomi dei personaggi e la contrapposizione dei doppi sia generazionale tra i personaggi, sia storica tra culture diverse che ovviamente "umana" nella doppiezza per definizione di Cal/Calliope. Ricordo con il sorriso sulle labbra il passo del libro in cui si cerca di dare una spiegazione antropologica/sociale alle diversità e alla contrapposizione uomo/donna ... consiglio il brano a tutte quelle donne che come me spesso si chiedono perhè il marito/compagno non è in grado di trovare il cartone di latte nel frigorifero vuoto!! Con Middlesex Jeffrey Eugenides ha vinto il premio pulitzer nel 2003 che non è mai male!Libro
Autore: EUGENIDES J. Titolo: MIDDLESEX Editore: MONDADORI Prezzo: € 8,80
Il titolo originale de La bambina che salvava i libri è The Book Thief. Perché la protagonista Liesel Meminger di fronte ai libri non può resistere: li deve possedere, e li ruba. E il primo libro rubato, sul quale imparerà a leggere, è un manuale per necrofori, che sottrae durante il funerale di suo fratellino.  Siamo nella Germania nazista, e Liesel e suo fratello sono in viaggio verso Molching, presso Monaco, dalla loro nuova famiglia adottiva. Arriverà solo Liesel, una bambina triste, sola, che scopre il potere delle parole attraverso i pochi libri che la fortuna, e una buona dose di coraggio, le consentono di fare suoi. E’ accompagnata nelle sue giornate per le strade di Molching dall’amico del cuore, il bambino dai capelli color limone Rudy, che sogna, nella sua fresca ingenuità, di essere il campione nero Jesse Owen. Liesel conoscerà il fascino della libreria del sindaco, piena di libri e suo rifugio di lettura, le ceneri dei falò propagandistici, da cui salverà un volume bruciacchiato, la magia delle parole che il padre imbianchino le dipinge sui muri della cantina, per aiutarla a conoscere sempre più parole, e con esse, sogni sempre più liberi. Saranno i libri ad accompagnare le notti sue e dei suoi vicini di casa nella paura dei bombardamenti, tutti ammassati negli scantinati più profondi, con la sua voce di bambina spaventata a fare forza. Un giovane ebreo, Max, accolto e nascosto in casa dai genitori di Liesel, le farà il dono più prezioso: un libro speciale, scritto sulle pagine dipinte di bianco di Mein Kampf, il regalo del sogno e della speranza di vita, un racconto di amicizia e poesia. La bambina che salvava i libri è un libro magnifico, che l’australiano Markus Zusak ha scritto ispirandosi in buona parte ai racconti dei genitori, vissuti in Germania in tempo di guerra. E’ un racconto di grande poesia, nel quale la piccola Liesel non è la sola protagonista: i ritratti che il libro ci lascia sono tanti, e per ognuno di essi Zusak ci regala un tratto unico, che rivela grande umanità e ispirazione. Restano nel cuore il giovane Rudy, scalmanato, sempre affamato, disposto a qualsiasi cosa per un bacio, il padre di Liesel, Hans, dagli “occhi di argento”, che le insegna a rollare le sigarette, si stringe a lei nelle lunghe notti piene di incubi e le suona la fisarmonica, Rosa, la mamma, dura, tozza, incapace di cucinare una minestra decente, ma piena di compassione per il ragazzo ebreo Max, che accoglie in casa e cura con attenzione materna. Ma sarà Liesel a vegliare più di tutti sul giovane, quando anche le notti di lui sono segnate dagli incubi. Per lui, malato e febbricitante, Liesel raccoglie ogni tipo di regalo, foglie, bottoni, soldatini, con la purezza dell’infanzia e la poesia del cuore. A Max cerca di donare anche una nuvola in cielo, descrivendola su un foglio di carta: poche parole per regalare tutto il mondo. E infine, la narratrice di questo meraviglioso racconto: la Morte stessa, una voce narrante umana, leale, compassionevole, affannata nel lavoro cui la guerra la costringe, ma sensibile ai racconti di chi resta, sfiorandola, e salvandosi. Sono le parole e i libri a nutrire e salvare Liesel, a guidarla fuori dall’orrore della guerra, dalla vista degli ebrei in marcia verso Dachau, dal massacro delle bombe, verso la speranza di un futuro. Una storia immensa, e un libro originalissimo, davvero da leggere. Libro:
Autore. ZUSAK MARKUS Titolo: LA BAMBINA CHE SALVAVA I LIBRI Editore: FRASSINELLI Prezzo: € 18,00
Quando qualche giorno fa, mentre uscivo dall'ufficio, ho visto nell'area della libreria dove vengono catalogati i libri prima che vengano messi in vendita l'ultimo libro della Vargas ... quasi lo rubavo dalle mani di un collega per la gioia e la fretta che avevo di leggerlo! Come già scritto sono una sua vera fan! Il suo ultimo romanzo è forse il più bello di quelli che ho letto [ahimè posso solo leggere quelli tradotti in italiano se potessi leggere in francese, avrei di che soddisfare la mia "voglia" di Vargas...] anche se è veramente difficile sciegliere il preferito o il migliore tra libri che ti sono piaciuti così tanto! Unica nota di rammarico è la quasi totale assenza dei mitici Evangelisti che mi sono un po' mancati! Nel risvolto di copertina si dice:  Una scrittura asciutta e tersa come un cristallo; un intreccio diabolicamente perfetto; una Francia esoterica, di oscure, vivissime credenze. Un romanzo dolente e insieme ironico, il piú inquietante e noir di Fred Vargas, in cui ogni elemento ne richiama un altro in una catena di suggestioni e di echi in cui nulla smarrisce mai la propria ragione d'essere. Il fantasma di una monaca del Settecento che sgozzava le sue vittime non fa paura al commissario Adamsberg, ma tutto il resto sí. Da un momento all'altro sprofonda in un mondo che sembra tornato al Medioevo, dove si straziano i cervi dei boschi normanni, si profanano cadaveri di vergini per estrarne misteriose sostanze, e le pozioni magiche assicurano la vita eterna, a costo di orrendi delitti. Mentre un rivale che arriva dal piú lontano passato, e che parla in versi, gli vuole rubare tutto. Un puzzle inestricabile, fatto apposta per far smarrire la ragione a chiunque. Ma non a uno «spalatore di nuvole», come Adamsberg. Anche se, ancora piú delle altre volte, arrivare alla verità vorrà dire riuscire a strapparsi un pezzo di cuore... All'origine del «caso Vargas» in Francia, dove i suoi romanzi raggiungono regolarmente il vertice delle classifiche (e Nei boschi eterni ha superato tutti gli altri per numero di copie vendute), ci sono lo stile ironico e incisivo, la capacità di prendere per mano il lettore fino alla rivelazione finale, e l'accuratezza nei dettagli piú sorprendenti, che le viene dalla passione medievalista e dalla professione di zooarcheologa. Da qui il gusto per la détection, per le impronte, le tracce, le piccole cose senza importanza che permettono di dedurre, per una qualche «associazione di idee», la soluzione di un caso. E c'è naturalmente la simpatia con cui è ritratto il mondo dell'Anticrimine parigina del commissario Jean-Baptiste Adamsberg - uno «spalatore di nuvole», uno che preferisce procedere a zigzag e aspettare le soluzioni, invece di cercarle - e dei comprimari. Cioè il suo vice, il coltissimo, iperrazionalista e pieno di complessi comandante Danglard; la titanica amazzone Violette Retancourt, tenente, capace di «indirizzare l'energia come vuole»; Camille, la molto autonoma compagna della vita, che in questo romanzo vediamo separata di fatto da Adamsberg, ma madre di suo figlio Thomas, di nove mesi, cui il commissario propina indimenticabili suggerimenti educativi... Libro:
Autore: VARGAS FRED Titolo: NEI BOSCHI ETERNI Editore: EINAUDI Prezzo: € 15,80
Ultima India è il reportage di un viaggio, ed è insieme anche il diario interiore dell’autrice, la testimonianza della sua riflessione sul senso più intimo della spiritualità e della saggezza. Sandra Petrignani è andata in India nel 1994, per conoscere l’ultima India. « Ultima», perché anch’essa sta scomparendo, destinata ad essere fagocitata dall’occidente, omologata dal turismo, e privata per sempre della sua identità. « Triste, solitario y final»: il paese dell’anima, l’India, dove il divino convive con l’uomo, appare in questo breve libro consacrato alla sua realtà multiforme. Sandra Petrignani non ci passa un’immagine unica e stereotipata dell’India suggestiva e turistica, ma ci fa parte delle contraddizioni di un paese, nel quale la bellezza è intrisa di miseria e tragedia, e la vita respira l’odore e la cenere dei morti bruciati nelle strade di Benares. Immagini atroci e delicatissime si susseguono in questo diario. Accompagnata dalla guida Ayyappam, che ripete due volte ogni parola, con il sorriso disarmante della semplicità, l’autrice visita templi, città, scuole, luoghi sacri sperduti nel nulla. Ogni visita è un incontro, uno scambio, e un tentativo di dare risposte a domande troppo grandi, nella ricerca di un nuovo senso della propria umanità. Sono tanti gli incontri, sia con indiani sia con occidentali: ognuno di essi è un momento di confronto, nel quale l’autrice mette a nudo il suo bisogno di capire. L’accompagnano anche le sue riflessioni letterarie, attraverso ricordi e citazioni nei quali si susseguono Moravia, Calvino, Tabucchi, Chatwin e Simone Weil. Sono tante le domande, ma la risposta che l’India concede è una sola: « Non cercate di capire, affidatevi. E’ il consiglio di tutti i santi». E’ questa capacità, unica e indecifrabile per l’occidente, di abbandonarsi al divino, alla spiritualità, che insegna a vivere nel sacro. Liberarsi dell’occidente, e perdersi nelle contraddizioni di un paese intriso di spiritualità, dove gli dei danzano, e dove si piantano alberi invece che chiese, perché il sacro convive con la natura e la vita: così anche un villaggio povero, apparentemente privo di attrattive, può essere un tempio alla divinità, un luogo di devozione e incontro con dio. « Affidatevi»: Ultima India ci regala questo messaggio che non è proprietà di nessuna religione e di nessun popolo, ma può appartenere ad ogni uomo. Libro:
Autore: PETRIGNANI SANDRA Titolo: ULTIMA INDIA Editore: NERI POZZA Prezzo: € 14,50
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