Uno sguardo che sa cogliere l’essenza delle cose e che avidamente indaga per leggere nel libro della natura le leggi e le manifestazioni che rivelano, come immagini speculari, i destini umani. E’ un procedere nell’individuazione di tracce rivelatrici di significati profondi attinenti all’uomo: la struttura poetica ne diventa epifania. E’ un esercizio continuo dello sguardo che si fa sempre più penetrante “Non c’è notte così buia che, una volta che ci si abitui all’oscurità, non abbia chiarore.” e “Nel fondo del nostro occhio il mondo rimpicciolisce fino a diventare un punto, che è Dio.” e ancora “..balzano in avanti come se venissero incontro all’occhio, asciugandosi di luce. Guardare è come stendere una mano a toccarli.” e infine “Sul pozzo del chiostro, la Croce. La guardo così intensamente che la vedo vibrare. (…)”. Lo sguardo è alla luna, alle stelle, al cielo notturno, al firmamento che acquistano via, via significati simbolici diversi sempre in dilatazione cosmica. Il tempo è infinito in uno spazio infinito. La scrittura aiuta ad accedere a una dimensione contemplativa e meditativa che coglie attraverso l’osservazione amorosa dello sguardo “ la quantità di eternità che una cosa possiede.”
Attraverso i grandi temi della natura e dell’amore rivive il mondo classico con i suoi miti.
L’autrice canta il profondo dell’esistenza nella sua eternità panica. Il mare, le onde, il vento, la luce vibrano in un’atmosfera gloriosa e leggendaria. Vibrazione che si espande dalle cose, dalle forme naturali e diventa parola evocante metafore in forma favolistica, fluendo in simbiosi con l’eterno flusso cosmico.
E l’atto poetico si rivela una misteriosa incarnazione proprio come l’eterna sopravvivenza, riconosciuta nel ciclo naturale cosmico innestata dalla rinascita del seme e nella correlazione segreta tra visibile e invisibile. La tensione classica investe anche la forma che rivela un destino da affrontare interamente, con fierezza e determinazione. Il tragico e l’universale sono sempre sottesi alla dimensione del dire: così il dolore emerge costante dal piacere in un eterno confronto di perdita. “Quando due anime l’una all’altra vanno / così vividamente che d’un tratto / si parla all’altro come a sé e luce ha il mondo- (…)” con un incipit di grande eleganza e forza letteraria, quasi dantesca, essi diventano versi emblematici per il respiro spirituale e unitivo tra personale esperienza e universale sentire. I miti di Orfeo, Euridice, Persefone, Eros vivono ancora: il presente e il mito sono in dialogo continuo per accendere di verità eterne la parola che l’amore ha nutrito con immagini di potente visionarietà.
La poetessa, nelle note alla raccolta, definisce l’esperienza poetica un “cammino verso una dimensione che coniuga l’immediatezza di un’esperienza individuale con l’atemporalità di una conoscenza sovrapersonale, dimensione in cui credo la poesia trovi il suo senso più appagante e profondo”. La sezione Canti Atlantici è un elegiaco inno all’origine oscura, primitiva della nostra vita. Con un carattere quasi litanico, è evocata la fantastica continuità e condivisione tra le forme di specie vegetali e animali e i mostri del nostro sé inconscio che appaiono con la sensualità dei colori, degli odori, delle luci e di mortifere ombre, sempre in bilico tra vita e morte, realtà e surrealtà. “Ma nasce dentro di me un diverso canto / il canto dell’anima rimasta senza guscio / della materia spirituale messa a nudo / (…) il canto dello spazio vuoto.” E in questo vuoto prende spazio a sorpresa un inno alla gioia dopo abissi di solitudini e smarrimenti nell’infinitudine cosmica. “Che soprassalto / che trasalimento / che sommovimento di gioia / l’efflusso di luminosi granelli / che la trasmutazione sparge / nella gloria dei mattini . (…)”. E’ l’inno alla gioia per l’essere vivi nell’ode alla luce del Canto d’immortalità. La visione di specchianti granelli di sabbia si estende allo spazio, al tempo, diventa immagine di luce diffusa sulla rena del giorno, rendendo consapevoli dell’eternità del quotidiano. E questa consapevolezza diventa il dono spirituale della vita.
Di primo acchito, quando si prende in mano questo libro, per via del suo formato e dell'immagine di copertina (due kitchissimi barboncini francesi in ceramica), sembra proprio trattarsi di ciò che il titolo declama: il catalogo di una casa d'asta. Ed anche sfogliandolo velocemente, facendo scorrere lo sguardo sulle immagini in bianco e nero raffiguranti capi d'abbigliamento, vasellame, cappelli, cds, cartoline, il tutto corredato da una didascalia e da un prezzo in dollari, quella prima impressione trova un'ennesima conferma. Solo una volta tolto il velo di Maya, dopo aver letto quindi, le prime spiegazioni in calce alle foto raffiguranti quegli oggetti, scopriamo che ciò che ci accingiamo a leggere non è un catalogo, bensì una vera e propria storia con tanto di protagonisti e trama articolata.
Il biglietto di invito ad una festa in maschera, la foto di una ragazza, il contenuto di un beauty case, i messaggi ardenti scambiati su un biglietto del teatro, ci fanno conoscere a poco a poco i due protagonisti di una vicenda d'amore. Horold Morris è un fotografo freelance giramondo e Lenore Doolan, che ha dieci anni meno di lui, scrive articoli di cucina per note riviste americane. La loro storia d'amore e le motivazioni del suo amaro epilogo emergono dai manufatti prima accumulati nel tempo e poi messi all'asta. Nello svelare carattere e manie dei due personaggi attraverso gli oggetti che hanno arredato anni importanti della loro vita insieme, è possibile provare una certa empatia con l'atmosfera di quotidiana intimità che si sviluppa pagina dopo pagina, "lotto dopo lotto". Non è un romanzo vero e proprio. Non è una graphic novel né un catalogo fotografico: si tratta di un esperimento narrativo senza precedenti che apre a nuove posssibilità espressive senza per questo essere un ibrido inefficace anzi, è un linguaggio in cui è facile riconoscere la nostra stessa voce. E se negli anni 90 la cineasta Rose Troche donava al mondo “la sicurezza degli oggetti”, film incompreso che fa riflettere sulle dinamiche sociali negativamente influenzate dall'attaccamento alla possessione degli oggetti, con la Shapton siamo ad una rivalutazione del nostro affezionarci alle “cose” che si impregnano delle nostre vite e tratteggiano le nostre storie.