Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
A chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di entrare in libreria, guardare scaffali e ripiani, sino a scoprire un libro dal titolo evocativo e assolutamente affine alle proprie emozioni più intime. Questo è quanto successo con il romanzo di Peter Cameron Un giorno questo dolore ti sarà utile. Ovviamente il periodo, per me, è dei peggiori e ho avuto subito la sensazione che le 200 pagine circa lungo cui si dispiega la narrazione potessero fungere da conforto e consolazione. Ho pensato: forse ha ragione Nietzsche quando sostiene che quel che non ammazza rende più forti; sicuramente sarà questo il messaggio di speranza che vuole infondere Peter Cameron e invece…
Iniziata la lettura si scopre che il titolo riprende il motto del campo estivo in cui il giovane James Sveck – protagonista del romanzo – viene letteralmente spedito all’età di 12 anni, quando i genitori decidono di separarsi. Questo, forse, il colpo di scena più sensazionale di un libro che, al di là del titolo, non racchiude in sé nulla di malinconico e nessun momento epico. Il che non è assolutamente una critica, o una nota dolente, ma al contrario il vero punto di forza di un romanzo in grado di rendere interessante ed accattivante come la vita reale.
I fatti narrati sono legati alle esperienze di James Sveck - 18 anni, newyorkese di buona famiglia, madre al terzo matrimonio fallito durante la luna di miele, padre avvocato in carriera che non ha nemmeno tempo per portare il figlio a colazione in un ristorante del centro, sorella più grande iscritta al college che cerca di convincere James ad andare alla Brown University in modo da poter ricevere in regalo dai genitori una Mini Cooper decappottabile.
Classico ritratto di una famiglia del Terzo Millennio, insomma, che offre in dote al suo componente più sensibile – James nella fattispecie - un’esistenza fatta di insicurezze e rabbia, insofferenza e voglia di fuga. Ecco, infatti, che arrivato a 18 anni James decide che probabilmente non vuole più andare al college ma preferirebbe rifugiarsi nel Midwest; ecco che parlando con la madre scopre un’intrinseca incapacità ad accettare la propria sessualità: “io sapevo di essere gay, anche se non avevo mai fatto niente di gay e non sapevo se lo avrei mai fatto”; ecco che durante le sedute con l’analista si trova ad ammettere la propria incapacità ad interagire coi coetanei, quasi fosse stato modificato geneticamente.
C’è un po’ di Freud nel passaggio che spiega tutto ciò:
“A ripensarci sembra quasi crudele riconoscere e insieme respingere il desiderio d’attenzione di qualcuno, specialmente di un bambino. Vuole solo attenzione, come se fosse una brutta cosa, neanche volesse soldi, potere e celebrità. Forse è per questo che adesso preferisco essere ignorato: mi è stato causato un danno irreversibile.”
A dispetto del titolo, dunque, Un giorno questo dolore ti sarà utile dipinge la vita quale è nella sua essenza - dolore e sofferenza da un lato, felicità e di distrazione dall’altro – e ci offre un insegnamento fondamentale: ora della fine la vita è l’unica cosa certa che abbiamo.
Un’ultimissima nota, se questo libro fosse una canzone sarebbe As I Sat Sadly by her side di Nick Cave and The Bad Seeds.
Un paesino ligure al confine con la Francia: in mezzo al profumo degli eucalipti, dei limoni e dei biscotti appena sfornati, voci di giovani donne si incontrano, si affollano, fino a confondersi a creare un unico coro.
Le donne parlano, parlano e si raccontano: i loro dialoghi disegnano storie di infelicità e trasgressioni, problemi quotidiani di vita domestica e familiare, di relazioni difficili, di ambizioni e incomprensioni.
Sono donne single e sposate, tradite e traditrici, annoiate, deluse dalle loro scelte. Alla ricerca di qualcosa d’altro, e di un altro sé.
Una donna matura le ascolta con pazienza, e le consiglia con saggezza: l’anziana signora Waal, olandese, trasferitasi negli anni sessanta con il marito, dopo un lungo soggiorno in India.
E’ lei il fulcro della narrazione, e della vita delle giovani donne protagoniste, che ne hanno fatto la loro consigliera, quasi una madre adottiva. A lei si rivolgono, sfogandosi, raccontando le loro storie di infelicità, davanti a un caffè, nella bottega della spesa, salendo la stradina che conduce fino a casa, o all’ombra degli ulivi.
La signora Waal è vedova, e vive sola in una bella casa immersa nel verde e affacciata sul mare assolato: le fanno compagnia le sue piccole abitudini quotidiane, di meticolosità, pulizia e attenzione, il gatto Fragola e troppi ricordi.
Ma dopo tanti anni, la solitudine inizia a farle male, e la signora Waal desidera tornare a casa sua in Olanda, dove è sepolto il marito: sente di voler rivedere il suo paese prima di morire, nonostante i brutti momenti passati in tempo di guerra, e negli anni immediatamente successivi, quando il marito fu accusato di collaborare coi nazisti. Tante calunnie, che hanno indotto la signora Waal e il marito a lasciare l’Olanda, e cercare la serenità in un’altra vita, lontana dalla patria.
Sono ricordi che ancora oggi fanno male, e che continuano a riprendere forma, con misteriose visite e telefonate di sconosciuti, dall’aspetto straniero, che si presentano alla porta della signora Waal con strane domande sul suo passato.
Ed è così che i racconti delle piccole guerre familiari delle giovani donne del paese si affiancano e si scontrano con i penosi ricordi di una guerra passata, reale e di coscienza, che la signora Waal continua a combattere con sé e con il suo cuore.
L’autunno della signora Waal è un magnifico breve romanzo, fatto di amore e nostalgia, nel quale gli uomini rimangono sullo sfondo, un po’ sfuocati. Perché il romanzo è fatto tutto dalle donne e dai loro sogni, dalle loro contraddizioni e ambizioni e dalla loro umanità.
Un romanzo di grande poesia, ma anche di estremo realismo e spregiudicatezza, che si gode per il delicato racconto dell’animo femminile, fatto con ironia e calore.
ORENGO NICO
AUTUNNO DELLA SIGNORA WAAL (L')
Editore: EINAUDI
Pubblicazione: 06/2007
Numero di pagine: 128
Prezzo: € 8,50
EAN: 9788806188221
Lessico famigliare è un libro bellissimo, a metà tra l'autobiografia e il libro di memorie: ripercorre la storia d'italia attraverso la famiglia ebrea Levi. Natalia, l’ultima dei cinque figli Levi, è la voce narrante. Con assoluto rispetto della verità, e, per certi versi, mantenendo l’incanto della fanciullezza, l’autrice non solo ripercorre con la memoria le vicende dei suoi cari, ma ne fissa per sempre anche il linguaggio (che, è unico per ogni nucleo famigliare), i motti, le abitudini radicate.
E' così che facciamo conoscenza del padre Giuseppe, dispotico ma dolce che non sopporta gli "sbrodeghezzi", i "potacci" e le "sempiezze" di mamma Lidia e dei fratelli, tra cui mitico è quello che quando si sveglia di buon umore al mattino inzia con la filastrocca: "il baco del calo del malo; il bece del chelòe del melo".
Da casa Levi passa tutto il fior fiore del mondo intellettuale torinese: Vittorio Foa, Adriano e Camillo Olivetti, Filippo Turati, Cesare Pavese, Felice Balbo, Anna Kuliscioff, Franco Rasetti, Felice Casorati e persino Eugenio Montale.
Tentare anche solo un breve riassunto del Lessico non è semplice: è una storia che ruota su se stessa, proponendo, a brevi intervalli, lo stesso frasario, che a mano a mano conquista il lettore, col risultato di diventargli, alla fine, per l’appunto, famigliare.
Da leggere e rileggere come ho fatto io!
GINZBURG NATALIA
LESSICO FAMIGLIARE
Editore: EINAUDI
Pubblicazione: 09/2005
Numero di pagine: 261
Prezzo: € 10,00
EAN: 9788806174293
I tragici giorni del G8 di Genova nel 2001 restano impressi indelebilmente nella mente di chi li ha vissuti, ma anche nelle coscienze di milioni di italiani la cui tranquilla sicurezza fu turbata dalle immagini televisive degli scontri che sconvolsero per due giorni la città ligure. A sei anni di distanza dalle due giornate di luglio che videro lo svolgimento del summit dei potenti della Terra, tornano alla ribalta, sul filo delle nuove rivelazioni seguite alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, gli episodi chiave che segnarono lo svolgersi delle manifestazioni di protesta, terminate nel sangue con l'irruzione della polizia nella Scuola Diaz occupata da un gruppo di ragazzi, il giorno seguente a quello della tragica morte di Carlo Giuliani. Alle giornate di Genova, all'atmosfera, al dolore e alle speranze che caratterizzarono quei giorni, è dedicato un nuovo romanzo pubblicato da Marsilio, firmato da Roberto Ferrucci, intitolato Cosa Cambia. Un romanzo che vuole essere insieme reportage, opera di denuncia, diario intimistico d'iniziazione e riflessione globale sui temi dell'esistenza. Il protagonista è un quarantenne che ripercorre idealmente, anni dopo, le stesse strade assolate percorse in corteo nei tragici pomeriggi del luglio 2001: a fare da contorno alcune figure femminili, Angela, Magdalena e Elisa, che appaiono come fantasmi nei giorni di "febbrile passività" trascorsi dal protagonista nella stanza di un anonimo albergo. Il rumore, quello degli scontri feroci tra polizia e manifestanti, rimane sullo sfondo, racchiuso in un ego chiuso in difesa: fuori resta solo il silenzio, l'immobilità del mistero di un estate che ritorna, solo senza risposte.
FERRUCCI ROBERTO
COSA CAMBIA
Editore: MARSILIO
Pubblicazione: 07/2007
Numero di pagine: 188
Prezzo: € 16,00
EAN: 9788831792479
Il titolo ricorda una vecchia canzone dei CCCP, gruppo punk filo-sovietico degli anni '80, creatura di Giovanni Lindo Ferretti e decennale band di culto per svariate generazioni di giovani "alternativi": "islam punk und punk islam", dicevano le parole, "a Istanbul sono a casa, corro di fianco al muro"... Il nuovo romanzo di Michael Muhammad Knight non ha quasi niente da condividere con il ritmo sincopato della Band emiliano-berlinese, a parte il fascino misterioso e singolare di questa commistione apparentemente inconciliabile tra Punk ed Islam. L'autore stesso è certo un personaggio dalla storia originale: nato nel 1977 negli Stati Uniti d'America, si converte all'Islam all'età di quindici anni. Essenziale nella sua formazione la lettura dell'autobiografia di Malcolm X e la musica rap dei Public Enemy. Studia l'Islam nelle madrasse del Pakistan, ma abbandona il paese per unirsi alla Jihad, la guerra santa in Cecenia, combattendo nelle file degli indipendentisti contro l'esercito russo. Si definisce scrittore americano islamico progressista e contro l'Islam più integralista ha già pubblicato e diffuso in fotocopie due libri, Where Mullhas Fear to tread e Furious cock. Dal suo primo romanzo, Islampunk, è nato un nuovo genere musicale specificamnete punk-islamico denominato Taqwacore; la parola Taqwacore è una contrazione dei termini hardcore e Taqwa, parola islamica che definisce la pietà divina (tra le band che s'ispirano a questo genere The Kominas, 8-bit e Vote Hezbollah).
Islampunk è un romanzo che combina un'istintiva irriverenza a una comicità essenziale e irresistibile: la vicenda è ambientata in una comune punk-islamica di Buffalo, negli Usa, popolata da personaggi stilizzati e emblematici del singolare universo dell'autore. Umar, "musulmano punk votato all'astinenza da alcol, sesso promiscuo, tabacco e droghe"; Rabeya, "femminista radicale col burka"; Jehangir, "mistico sufi che fuma erba e suona la chitarra elettrica"; Muzammil, "che si batte contro l'omofobia dell'islam ortodosso": dalla curiosa chimica tra i personaggi ha origine un racconto vertiginoso e spiazzante, visto attraverso gli occhi dell'io narrante, uno studente d'Ingegneria di origini pakistane che alla vita nel campus preferisce quella nella comune. Il risultato è certamente una promettente opera prima che corrode numerosi luoghi comuni sulla cultura islamica, smentendo la presunta incomapibilità tra specificità culturali islamiche e controculture radicali e giovanilistiche di origine occidentale. Il cocktail ha un potenziale esplosivo e non mancherà di generare polemiche anche in Italia, dove Muhammad Knight è pubblicato da Newton & Compton.
Un libro snello ma dal contenuto ricchissimo, che si legge in una sera, ma poi viene la tentazione di lasciarlo lì, sul comodino, per poterlo aprire e consultare... Al bisogno.
Dosi forti e ben misurate di quotidiana saggezza e immortale poesia, scritte con la scusa dell’arte e valide per tutta la vita. Le Lettere a un giovane poeta ti sorprendono per la loro universalità: ti coglie un leggero e strisciante senso di impotenza leggendo cose che hai sempre pensato, o creduto di sentire, ma senza le giuste parole per dare forma a un’emozione, o all’intuizione di un pensiero.
A me questo libro è stato regalato da una cara amica, che voleva, attraverso le pagine di Rilke, farsi conoscere meglio, e si è fatta voler bene tanto tanto di più.
Si tratta di scritti veri, non di esercizi letterari o filosofici: le Lettere a un giovane poeta sono state scritte e realmente spedite al giovane scrittore Kappus fra il 1903 e il 1908.
Attenzione però: è un libro che non si sottrae alla rovina dell’appunto, della sottolineatura selvaggia, nel segnetto di sbieco come promemoria. Sono tanti i passi che, leggendo, ti viene da fermare nel ricordo, per tornare a rileggerli…al bisogno, appunto.
Ogni lettore trova quelli che meglio interpretano la sua intimità e il suo pensiero.
Io mi tengo sul comodino questi appunti, un invito alla serenità, alla fiducia nella vita, e al rispetto di sé, una riflessione sul valore dell’assenza di giudizio, e sulla ricchezza che tutti noi, nel profondo, inconsapevolmente, possediamo.
Se la vostra vita quotidiana vi sembra povera, non l’accusate; accusate voi stesso, che non siete assai poeta da evocarne la ricchezza; ché per un creatore non esiste povertà né luoghi poveri e indifferenti.
E se anche foste in un carcere, le cui pareti non lasciassero filtrare alcuno dei rumori del mondo fino ai vostri sensi – non avreste ancora sempre la vostra infanzia, questa ricchezza preziosa, regale, questo tesoro dei ricordi?
Rivolgete in quella parte la vostra attenzione. Tentate di risollevare le sensazioni sommerse in quel vasto passato; la vostra personalità si confermerà, la vostra solitudine s’amplierà e diverrà una dimora avvolta in un lume di crepuscolo, oltre cui passa lontano il rumore degli altri.
Sempre l’augurio che possiate trovare assai pazienza in voi da sopportare e assai semplicità da credere; che possiate acquistare sempre più fiducia in quello ch’è difficile e nella vostra solitudine tra gli altri. E per il resto lasciatevi accadere la vita.Credetemi: la vita ha ragione, in tutti i casi.
Non vi osservate troppo. Non ricavate conclusioni troppo rapide da quello che vi accade; lasciate che semplicemente vi accada.
RILKE RAINER M.
LETTERE A UN GIOVANE POETA
Editore: ADELPHI
Pubblicazione: 11/1980
Numero di pagine: 148
Prezzo: € 7,50
EAN: 9788845904417
L’idealista è un curioso e affascinante romanzo che nasconde un regalo inatteso, omaggio alla nostalgia e alla giovinezza di tante sognatrici amanti delle letture e delle belle storie che sono cresciute con le sorelle March.
Meg, Jo, Beth, Amy: sono nomi che rievocano ricordi emozionanti per tante lettrici adolescenti e non, che con le Piccole Donne hanno pianto e fantasticato.
Ma L’idealista non rende protagoniste le signorine March, che rimangono figure secondarie sullo sfondo di un racconto storico, duro, violento e sofferto, nel quale l’idealista personaggio di primo piano è il cappellano March, padre delle Piccole Donne.
Il romanzo ne percorre l’anno passato al fronte, nel pieno della Guerra Civile americana, tra flashback, che ne tratteggiano la giovinezza, il presente, fatto di combattimenti e prevaricazioni, e le lettere alla moglie e alle figlie, scritte con falsa allegria, e la volontà di nascondere il reale e il brutto, per fare emergere delicate riflessioni e dolci parole d’amore.
E’ in queste lettere che riaffiora l’atmosfera incantata e un po’ stucchevole di casa March, con i sogni, i buoni sentimenti, le piccole grandi avventure della soffitta letteraria, e dei ricami davanti al fuoco: su un altro livello il romanzo racconta della vita nei campi di cotone, degli oltraggi inflitti, delle battaglie, con le parole e con le armi, dei compagni abolizionisti, delle tante storie di umanità e dolore, tra le fila dei soldati e degli schiavi.
Il libro di Geraldine Brooks, appassionato omaggio al capolavoro di Louise May Alcott, lavora su più registri e, attraverso l’invenzione letteraria e la ricerca storica, ci racconta una parte inaspettata della vita della famiglia March, attraverso il ritratto di un uomo fatto di grandi ideali, ma anche piccole fragilità, tante debolezze e qualche comprensibile e umanissima macchia, che lo rende più vero agli occhi del lettore.
Gli incontri di schiavi e schiavisti, gli scontri, sul campo di battaglia e nei salotti dei bianchi violenti e arroganti, la malattia e la fame, e la consapevolezza della propria umanità: il cappellano March esce dall’ombra, e anche nel rapporto con la moglie tentenna, dubita, preso e qualche volta accecato dai suoi ideali e dal desiderio di combattere per essi.
Lo attende un cottage, pieno di ragazzine dolci e delicate: davanti a sé ha campi di battaglia, infuocati combattimenti, atrocità e ingiustizie, e schiavi torturati e sofferenti. Sceglierà il suo destino, tornando a casa, umiliato dalla sua stessa debolezza di uomo, ma accettando la sua responsabilità di padre, accolto dall’abbraccio e dagli schiamazzi delle sue bambine commosse, in una scena che fa parte da tanti anni della nostra memoria.
Il risultato è intenso, un felice romanzo storico, nel quale gli episodi narrati si intrecciano virtuosamente a riflessioni filosofiche non banali sull’eterno dilemma tra ideale e realtà.
Il cielo di Hounslow, sobborgo periferico a ovest di Londra, ha un colore cupo, senza profondità: sembra respingere le preghiere, costringendole grevi a rotolare verso il basso, verso il deserto di cemento della metropoli. E' il cielo d'acciaio di Hardjit, Amit, Ravi e Jas, banda di "rudeboy" figli, o figli dei figli, di immigrati indiani in Gran Bretagna. La loro storia è la storia di Londonstani, romanzo che è diventato un caso letterario in Inghilterra. A raccontare le vicende di questo firmamento senza stelle, di questo vuoto riempito soltanto dal frastuono degli aerei che atterrano sulle piste della vicina Heathrow, è la giovane penna di Gautam Malkani, trentenne giornalista del Financial Times e promettente scrittore alla sua opera prima. Gautam ricorda di essere rimasto impressionato, ai tempi dell'università, da "quanti ragazzi si definissero londonstani. I'm a londonstani, I'm a londonstani, ripetevano. Cioè, non sono né indiano né British, sono fiero di essere un londinese". Quando i giornali, cavalcando la temibile tigre dell'11 settembre, presero a dare un'accezione negativa alla parola, legata al fondamentalismo islamico, Malkani decise che era tempo di fissare il significato del termine mettendolo per iscritto, attraverso un romanzo. Il risultato di questa pulsione è, appunto, Londonstani. Al di di là del tema dell'integrazione etnica, della contrapposizione tra i rudeboys indiani da una parte ed i coconut bianchi dall'altra, delle schermaglie tra gli stessi ragazzi desi e le altre minoranze, come pakistani e neri, è sorprendentemente il discorso più squisitamente linguistico a spiazzare il lettore: da subito vi è una tale esplosione di gergalità, sconcezze semantiche, labirinti lessicali da "ghetto" che non si può evitare di considerare il linguaggio usato da Malkani quasi una neo-lingua. Per costruire questo strumento espressivo, il giovane scrittore ha attinto alle interviste effettuate durante il suo lavoro di tesi per l'università, una ricerca sui modelli di mascolinità e etnicità a Hounslow. Il risultato è certo sconcertante per gli accademici, tanto da richiedere un glossario a fine volume, ma sorprendentemente capace di evocare una realtà che si situa a metà tra una segregazione volontaria e un'emarginazione reale. Le figure dei ragazzi della banda di Hounslow si stagliano attraverso questi lampi linguistici, andando a riempire uno scenario periferico osservato con la coda dell'occhio, sfondo quasi invisibile di vicende costruite per apparire emblematiche. Il risultato finale ha un suo fascino grezzo, incompiuto: non un nuovo "Trainspotting", come qualcuno ha suggerito, ma un epopea desi in salsa gangsta-rap, un racconto sulle contraddizioni del melting-pot, un processo che non può dirsi mai definitivamente concluso, nel suo ondivago mutare da una generazione all'altra.
MALKANI GAUTAM
LONDONSTANI
Editore: GUANDA
Pubblicazione: 06/2007
Numero di pagine: 343
Prezzo: € 16,00
EAN: 9788882469627
Definito “legal thriller all’Italiana”, il libro Testimone Inconsapevole di Gianrico Carofiglio è il primo di una serie di tre romanzi pubblicati da Sellerio – Testimone Inconsapevole, Ad occhi Chiusi e Ragionevoli dubbi – in cui protagonista è l’avvocato Guido Guerrieri. La trama sembra uscita dalla cronaca nera più attuale: violenza su un minore, abuso, assassinio e un imputato rigorosamente extra comunitario.
Abdou Thiam, 31 anni senegalese con permesso di soggiorno, sembra indifendibile. Condannato a priori dal pregiudizio e da prove apparentemente schiaccianti per un delitto che dice di non aver commesso trova nell’avvocato Guido Guerrieri un difensore in cerca di se stesso. 40 anni, una separazione nel recente passato, una crisi professionale ed umana.
Questo è il Guido Guerrieri che, nella prima parte del romanzo, si racconta attraverso vicessitudini personali: il matrimonio fallito con Sara, i tradimenti, le speranze deluse di una generazione di ex Sessantottini che sembrano aver perso i loro ideali a favore di una vita fatta di compromessi.
Il libro di Carofiglio è tutto questo; non è solo trama, ma soprattutto narrativa incalzante. Al di là degli eventi in sé, infatti, è la capacita dell’autore di tenere desta l’attenzione del lettore a decretare il successo di un libro che, oltre ad essersi guadagnato numerosi premi letterari, è stato definito da Corrado Augias “uno dei migliori gialli legali visti in Italia”. I tribunali perdono quel sapore decadente, i dibattiti in aula si fanno avvincenti, i personaggi sono a tutto tondo perché “raccontati” nella loro pienezza.
Ci si chiede, a questo punto, quanto di autobiografico ci sia in questo avvocato di Bari, innamorato della letteratura, della musica e del cinema, che si diverte a snocciolare citazioni più o meno colte. Da Dostojevskij a Simon and Garfunkel sino a Val Kilmer e Michael Douglas. Il lettore si concede, una volta tanto e non è cosa da poco, una lettura che diverte senza essere volgare, che scorre con intelligenza, che mette in luce problematiche e crisi da tutti condivise.
Il lavoro si trasforma in noiosa routine, la vita personale sembra un fallimento totale sino a che non si incrocia la strada di un Abdou Thiam o di una Margherita. Una sfida, il primo, la ragazza della porta accanto, la seconda, e tutta torna ad essere interessante.
Conflitti di classe, amori adolescenziali e amicizie nell’inglesissima Oxford, dove l’ upper class ha i suoi privilegi, e i proletari sono esclusi dai circoli più ambiti. Un microcosmo ancora giovane, ma già saturo di cattiveria e prevaricazione sociale, che conosce le sue regole, le sue torture, non solo psicologiche, i suoi codici di comportamento.
Si ritrovano qui i fratelli Maggie e Julian, buona nascita e bel nome, Adrienne, miliardaria americana in fuga dalla vita di falsità e silicone della madre, e Jake, quello nato dalla parte sbagliata, povero e capitato lì per una botta di fortuna, di quelle che cambiano la vita, forse non sempre in meglio.
Il romanzo racconta la loro storia, destreggiandosi con bravura e pizzichi di virtuosismo narrativo tra presente e passato, tra il “dove siamo ora” e il “come eravamo”, raccontando a più voci tutti i piccoli passi, di sentimento, di provocazione, di amicizia, che hanno portato il gruppo all’inevitabile finale. Non si può dire quale, ovviamente, perché come in Anime alla deriva, primo e fortunatissimo romanzo di Richard Mason, è nelle ultime pagine che la storia si rivela in tutta la sua tragicità e ineluttabilità.
Così, passando dalle residenze lussuose americane, alle villette a schiera dei sobborghi inglesi, il destino dei quattro amici sceglie la sua strada tra i corridoi e le camerate umide e desolanti dei college di Oxford. E’ qui che tutto si compie, e tante sono le incomprensioni e le occasioni non colte che portano i ragazzi alla loro esistenza adulta, fatta di solitudine e nullità.
La ricerca di se stessi, e del senso della loro vita, si consuma a Oxford tra discussioni e amore, volontà di affermazione e lotta all’umiliazione, chiacchiere tra una canna e una bella bevuta.
Quello che lascia sbigottiti è la facilità con cui piccole e talvolta spensierate scelte di giovinezza finiscono per segnare tutta un’esistenza, nella finzione letteraria così come nella vita reale, lasciando un senso di svuotamento e impotenza, che l’incapacità di comunicare rende assoluto e senza scampo.
Perché cambiare le cose necessita coraggio, volontà di rischiare, magari ritrovando, nel mezzo di un’esistenza grigia, l’amore sincero dell’adolescenza, prima che scompaia nella nebbia del ricordo e del rimorso.
Noi è un bellissimo romanzo sulla vita, di grande potenza analitica, che esplora con realismo e acume tutto ciò che non è detto, ma taciuto, negato o mascherato dalla fragilità della mente: ne escono ritratti vivi, di adolescenti e di adulti, in un racconto di forti ironie e delicate sofferenze, che riesce a equilibrare la difficoltà dell’altalena temporale con grande raffinatezza e maturità.
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