A chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di entrare in libreria, guardare scaffali e ripiani, sino a scoprire un libro dal titolo evocativo e assolutamente affine alle proprie emozioni più intime. Questo è quanto successo con il romanzo di
Peter Cameron Un giorno questo dolore ti sarà utile. Ovviamente il periodo, per me, è dei peggiori e ho avuto subito la sensazione che le 200 pagine circa lungo cui si dispiega la narrazione potessero fungere da conforto e consolazione. Ho pensato: forse ha ragione
Nietzsche quando sostiene che quel che non ammazza rende più forti; sicuramente sarà questo il messaggio di speranza che vuole infondere
Peter Cameron e invece…
Iniziata la lettura si scopre che il titolo riprende il motto del campo estivo in cui il giovane
James Sveck – protagonista del romanzo – viene letteralmente spedito all’età di
12 anni, quando i genitori decidono di separarsi. Questo, forse, il colpo di scena più sensazionale di un libro che, al di là del titolo, non racchiude in sé nulla di malinconico e nessun momento epico. Il che non è assolutamente una critica, o una nota dolente, ma al contrario il vero punto di forza di un romanzo in grado di rendere interessante ed accattivante come la vita reale.
I fatti narrati sono legati alle esperienze di
James Sveck -
18 anni, newyorkese di buona famiglia, madre al terzo matrimonio fallito durante la luna di miele, padre avvocato in carriera che non ha nemmeno tempo per portare il figlio a colazione in un ristorante del centro, sorella più grande iscritta al college che cerca di convincere
James ad andare alla
Brown University in modo da poter ricevere in regalo dai genitori una
Mini Cooper decappottabile.
Classico ritratto di una famiglia del Terzo Millennio, insomma, che offre in dote al suo componente più sensibile –
James nella fattispecie - un’esistenza fatta di insicurezze e rabbia, insofferenza e voglia di fuga. Ecco, infatti, che arrivato a 18 anni
James decide che probabilmente non vuole più andare al college ma preferirebbe rifugiarsi nel
Midwest; ecco che parlando con la madre scopre un’intrinseca incapacità ad accettare la propria sessualità: “io sapevo di essere gay, anche se non avevo mai fatto niente di gay e non sapevo se lo avrei mai fatto”; ecco che durante le sedute con l’analista si trova ad ammettere la propria incapacità ad interagire coi coetanei, quasi fosse stato modificato geneticamente.
C’è un po’ di Freud nel passaggio che spiega tutto ciò:
“A ripensarci sembra quasi crudele riconoscere e insieme respingere il desiderio d’attenzione di qualcuno, specialmente di un bambino. Vuole solo attenzione, come se fosse una brutta cosa, neanche volesse soldi, potere e celebrità. Forse è per questo che adesso preferisco essere ignorato: mi è stato causato un danno irreversibile.”
A dispetto del titolo, dunque,
Un giorno questo dolore ti sarà utile dipinge la vita quale è nella sua essenza - dolore e sofferenza da un lato, felicità e di distrazione dall’altro – e ci offre un insegnamento fondamentale: ora della fine la vita è l’unica cosa certa che abbiamo.
Un’ultimissima nota, se questo libro fosse una canzone sarebbe
As I Sat Sadly by her side di
Nick Cave and The Bad Seeds.
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