Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il 7 novembre alle 18.00 presenteremo presso la Libreria Hoepli il libro: DOPO LA DEMOCRAZIA? - Il potere e la sfera pubblica nell'epoca delle reti. Ve lo segnalo perchè saranno presenti Alberto Abruzzese, Aldo Bonomi, Stefano Rolando, Gianni Vattimo, insieme con Antonio Tursi e Derrick De Kerckhove. Secondo me la presentazione del libro rappresenta una buona occasione per riflettere sul significato, il ruolo delle democrazia e soprattutto su quali scenari si preparano e quale ruolo hanno i nuovi media della rete.
Gomorra, nella tradizione biblica, è una delle cinque "città della pianura", distrutta dalla collera divina a causa della corruzione dei suoi abitanti. Eretta a simbolo, insieme alla sua gemella Sodoma, della perdizione umana, Gomorra percorre trasfigurata tutta la storia del pensiero occidentale, fino a giungere intatta, nel suo potere immaginifico, fino ai nostri giorni.
Roberto Saviano, giovane scrittore napoletano formatosi alla scuola dello storico meridionalista Francesco Barbagallo, nello scegliere il titolo per il suo libro-reportage, sembra avere indugiato a lungo sul significato antico di questa parola, cogliendone i depositi secolari che ne hanno formato l' imago, singolarmente rappresentativa della realtà che si accingeva a raccontare. A fronte di un argomento scottante, spesso considerato "pericoloso" da autori meno coraggiosi, Saviano affronta l'argomento del potere delle cosche in Campania con il piglio del giornalismo d'inchiesta, traendone un racconto che tradisce una profonda e a tratti commossa partecipazione. La parola Camorra, scrive, è ad uso esclusivo di "sbirri" e giornalisti, non rappresentando a dovere la realtà del vissuto di Napoli e delle sue periferia: affiliati dei Clan e gente comune, chiamano l'organizzazione mafiosa "il Sistema", rappresentando in un unico efficace mot la realtà di un meccanismo che stritola le velleità economiche, culturali, sociali della popolazione campana. Tra le sue pieghe si intravvede un serpente che mutando forma resta sè stesso, insinuandosi tra le pieghe dello Stato, scendendo a patti con il nuovo potere cinese, lusingando le griffe internazionali dell'Alta Moda. Al centro di tutto il porto di Napoli, con il suo eterno, silenzioso traffico di merci, che giungono da ogni dove per accrescere il potere criminale dei Clan. Ma anche la periferia diventa centro, come sede di uno sviluppo industriale silenzioso, invisibile, in mano all'organizzazione mafiosa che tiene bassi i prezzi grazie al potere coercitivo, reale e culturale, su cui fa leva. Secondigliano come Gomorra, non più città del peccato, ma dello sfruttamento, del vuoto culturale e di valori su cui si basa il Regno del "Sistema".
Tutto inizia molti mesi fa, una sera a cena con amici stavamo discutendo di un brutto caso di cronaca nera che coinvolgeva una madre e il suo bambino. Qualche giorno dopo trovo sull'inserto femminile di Repubblica un articolo dell'ottima Concita De Gregorio che parla di madri lo leggo, rifletto, lo ritaglio e lo appendo al frigorifero dove è ancora oggi. Credo l'idea del libro di Concita De gregorio, Una madre lo sa, nasca proprio da quell'articolo del 2005. "Se la maternità non ti invade naturalmente e spontaneamente come un raggio di luce, rendendoti nutrice solare dedita e paziente, allora non hai l’istinto giusto, sei contro natura. Se preferisci il lavoro allora cosa pretendi. Se non ci sei mai cosa ne sarà di tuo figlio. Se gli stai addosso come potrà mai rendersi autonomo. Cosa sia una buona madre, lo decidono gli altri.". Concita De Gregorio ha compiuto un viaggio, madre tra madri, per dare voce a una realtà silenziosa e circondata di luoghi comuni: la fatica di essere madri in un mondo in cui per le madri non c’è posto. Una madre lo sa raccoglie venti storie di maternità, che raccontano quanti (tanti) siano i modi di essere mamma: da Brooke Shields alle madri di Plaza de Mayo, da Valentina "cobra" Vezzali a Mercè Anglada, ostetrica per 44 anni, che per aver dedicato l'intera vita a far nascere i figli degli altri non si è mai sposata e non ne ha mai avuti di propri. Storie di madri e di maternità, storie di amore infinito e di paura, storie di gioia e di terribili depressioni. DE GREGORIO CONCITA UNA MADRE LO SA Tutte le ombre dell'amore perfetto
Ricorre quest'anno il ventennale del 1977, il sulfureo anno della contestazione radicale, della violenza, degli scontri di piazza, ma anche dell'anelito giovanile verso una società meno rigida, non più divisa nei compartimenti stagni della classi, ma finalmente aperta al nuovo che avanza: P38 o idealismo, HAZETH 36 o creatività? Si moltiplicano gli incontri, gli eventi culturali e artistici dedicati a questi 365 giorni ormai entrati nella storia del nostro paese: naturalmente anche l'industria libraria si mobilita per ricordare e rappresentare le passioni, gli amori e gli odi che hanno segnato questo '68 disilluso, violento e nichilista nell'anima, tenero nella sua vocazione al martirio. Qualche mese fa è stato Massimo Grispigni, archivista, storico e studioso dei movimenti sociali, a tentare una ricostruzione del 1977 in un libro pubblicato da Manifestolibri. Si tratta di una ricostruzione puntuale e non priva di spunti critici degli avvenimenti che hanno segnato il 1977, dalle occupazioni universitarie alla cacciata di Lama dall'università di Roma, passando per i violenti scontri di piazza, le manifestazioni, le strade di Bologna occupate dai blindati. Manca forse un po' di anima a questa cronistoria che a tratti appare fredda e priva di mordente; utile soprattutto per chi volesse avvicinarsi allo studio del movimento settantasettino e intendesse imparare a conoscerne i tratti salienti. Maggiore pathos ha certamente il racconto di Lucia Annunziata, nota giornalista e attualmente editorialista della "Stampa": il suo 1977 ha il merito certamente di avvicinarsi alla tematica con un piglio da cronista, avvicinandoci agli eventi da un'ottica, per così dire, interna. Non mancano certamente le cadute di tono e le digressioni documentaristiche, ma ci colpiscono i passaggi in cui sembra di udire il tonfo secco dei cannoni spara lacrimogeni della polizia, di vedere la fuga disordinata dei manifestanti e di sentire l'odore acre che lentamente avvolge la città.
"Perché ciò che si salverà non sarà mai quel che abbiamo tenuto al riparo dai tempi, ma ciò che abbiamo lasciato mutare, perchè ridiventasse se stesso in un tempo nuovo."Nel suo nuovo libro, I barbari. Saggio sulla mutazione, pubblicato a puntate sul quotidiano la Repubblica tra maggio e ottobre 2006, Alessandro Baricco riflette su un fenomeno che ha osservato nel mondo intorno a lui, percepito dai più come un'apocalisse imminente e annunciato da una voce che suona come un grido d'allarme: stanno arrivando i barbari. Puntata dopo puntata, Baricco va a visitare i villaggi che già mostrano i segni del saccheggio e li racconta in pagine che hanno sempre la forza viva della narrazione e qualche volta la malinconia della memoria personale (sono le sue fotografie in bianco e nero). Vino, calcio, libri: dai luoghi esplorati emerge che non si tratta di una semplice invasione ma di una vera e propria mutazione e "quelli che chiamiamo barbari sono una specie nuova, che ha le branchie dietro alle orecchie e ha deciso di vivere sottacqua". Un'incursione nel palazzo imperiale di Google rivela un universo con milioni di links le cui traiettorie corrono in superficie e tracciano i sentieri-guida del sapere. Ne segue una nuova idea di esperienza e, con l'esperienza, di senso e percezione. In questo scenario c'è posto per l'anima? Una parentesi su musica classica, Nona di Beethoven e due famosi dipinti di Ingres apre scorci inattesi sul paesaggio dei barbari. Il viaggio si conclude sulla Grande Muraglia cinese: da quelle torri lo sguardo è distaccato ma ancora più netto: "Ogni volta che qualcuno si erge a denunciare la miseria di ogni singola trasformazione, esentandosi dal dovere di comprenderla, la muraglia si alza, e la nostra cecità si moltiplica nell'idolatria di un confine che non esiste, ma che noi ci vantiamo di difendere. Non c'è confine, credetemi, non c'è civiltà da una parte e barbari dall'altra; c'è solo l'orlo della mutazione che avanza e corre dentro di noi. [...] Ognuno di noi sta dove stanno tutti, nell'unico luogo che c'è, dentro la corrente della mutazione, dove ciò che ci è noto lo chiamiamo civiltà, e quel che ancora non ha nome, barbarie. A differenza di altri, penso che sia un luogo magnifico". Ho inziato da pochissimo a leggerlo, come spesso accade Baricco mi incanta e mi fa riflettere. Credo che stasera "costringerò" mio marito a legggere i due capitoli sul calcio! Libro:
Autore: BARICCO ALESSANDRO Titolo: I BARBARI Sottotitolo: Saggio sulla mutazione Editore: FANDANGO Prezzo: € 12,00
Oggi mercoledì 28 febbraio, ore 17,30 presso la Libreria Internazionale Hoepli presentazione del volume: MANUALE DI AUTODIFESA AMBIENTALE DEL CITTADINOdi Luca Ramacci Con la partecipazione di Damiano Di Simine, Presidente Legambiente Lombardia Luca Ramacci, Sostituto Procuratore presso la Procura di Tivoli Yuri Bogogna, Radio Popolare FRANCO ANGELI AMBIENTE Questo non è un testo di diritto e nemmeno una rassegna di leggi o di teorie. È invece uno strumento, un piccolo ausilio per il semplice cittadino che intende difendere il proprio diritto a vivere in un ambiente salubre. Attraverso un'esposizione semplice e diretta, l'autore spiega come si possa agire di fronte a situazioni di pericolo per l'ambiente, come si possa essere utili a chi deve effettuare i controlli e come sollecitarne l'intervento attraverso esposti, denunce, semplici segnalazioni, azioni in sede giudiziaria civile e amministrativa. Diversi gli ambiti affrontati: dall'urbanistica alla difesa del paesaggio e delle aree protette; dalla tutela delle acque alla gestione dei rifiuti e allo smaltimento di sostanze pericolose; dall'inquinamento atmosferico all'elettrosmog; dalla valutazione di impatto ambientale (v.i.a.) ai rischi da incidente rilevante; dall'inquinamento da rumore alla caccia e tutela degli animali. Un'attenzione particolare viene inoltre dedicata a quelle attività "collaterali" che consentono al cittadino di informarsi e di informare, aggiungendo così efficacia alla propria azione di attenta autodifesa ambientale: l'esercizio del diritto di accesso alle informazioni sulla normativa relativa all'ambiente; la redazione di comunicati stampa; l'utilizzazione di Internet; l'organizzazione di manifestazioni intese a sensibilizzare l'opinione pubblica.
Si dice che i libri non capitino mai fra le mani per caso, ma che il libro vi arrivi sempre come frutto di una scelta ponderata. I NUOVI POVERI: STORIE DI ORDINARIA EMARGINAZIONE NELL’ITALIA DI OGGI è un libro che sa farsi leggere. Ma perché leggerlo? I poveri sono sempre stati al centro di tanti lavori, analizzati dalle più svariate prospettive: storiche, antropologiche, psicologiche, sociali, ecc., eppure questo libro qualcosa di nuovo ci regala. Sfogliando le sue pagine ci si rende subito conto che quelli trattati non sono i poveri a cui noi per abitudine associamo l’idea di povertà, ma una nuova tipologia di povertà che si veste di nuovi individui. I nuovi poveri sono allora Luisa, Maria, Gabriella, Sabina, Gioacchino, Lucia, Mario, Anna, Giacomo….., persone vicine a noi, individui che incontriamo tutti i giorni, non perché fermi al bordo di una strada a chiedere l’elemosina, ma perché spesso sono i nostri vicini di casa, o coloro che incontriamo mentre facciamo la spesa. Per la nostra conformazione mentale, i poveri sono rappresentati dalle persone prive di tutto, che vivono per la strada e non possiedono nulla a parte le poche cose che portano con sé. Questi invece sono nuovi poveri. Poveri perché, pur non essendo privi di tutto, ad esempio possiedono una casa, non riescono comunque a soddisfare i bisogni primari, (una volta si diceva non riescono ad arrivare alla fine del mese). Già, perché questa nuova povertà può colpire chiunque in un qualsiasi momento e così abbiamo il dirigente che si ritrova a cinquanta anni senza lavoro, perché improvvisamente l’azienda dichiara fallimento e pur avendo nuove idee per reinventarsi un lavoro, non riesce ad ottenere i 20.000 €, perché per la banca non fornisce sufficienti garanzie. E così pagina dopo pagina si procede lungo una strada costellata di riflessioni e man mano che ci si avvicina alla fine del libro si raggiunge la certezza di aver imparato ed aver acquisito un qualcosa che rende noi “ricchi”, consapevoli di essere “poveri”. Ecco così la storia di Luisa, donna e madre, che si definisce “una che ha lavorato tutta la vita”, una madre che ha cresciuto i suoi due figli da sola, dopo che il marito se ne è andato dopo cinque anni di matrimonio. Una donna che vive nelle case di un istituto previdenziale di Ostia e che ci dice di aver preso cognizione di essere diventata povera quando, dopo una vita di sacrifici e di duro lavoro, si è accorta che non poteva più permettersi i 35 € del canone telefonico. “ Io mi dico è giusto? E’ una domanda che non mi sono mai fatta prima. Non ho mai avuto pretese, solo tenevo alla mia dignità e alla pulizia della mia casa. Due stanzette, una per me e una per i ragazzi. Sono cresciuti così, ma onestamente e non si devono vergognare. Forse troveranno qualcosa di meglio. Ma non devono avere vergogna e non ce l’hanno. A me piace pensare che è perché la loro madre ha saputo mantenerli senza rubare o fare la puttana.” Libro:
Autori: GIOJELLI GIANCARLO, BELTOTTO GIAMPIERO Titolo: NUOVI POVERI Sottotitolo: STORIE DI ORDINARIA EMARGINAZIONE NELL'ITALIA DI OGGI Editore: PIEMME Prezzo: € 12,90
Un corteo ondeggiante di Trabant, le sgangherate utilitarie prodotte nella vecchia Germania Orientale, avanza multicolore e sghembo per le vie di Zwickau, simile a un serpentone sbronzo: alcune vetture hanno le portiere variopinte, altre sono completamente coperte di fango, molte sventolano allegre e svolazzanti bandierine della DDR. Quale miglior simbolo per rappresentare il sopravvivere dell' Ostalgie, il neologismo tedesco che si riferisce alla nostalgia per la vita nella vecchia Germania Est, del quattordicesimo raduno delle Trabant, tenutosi recenetemente nella località che ospitava la fabbrica di queste curiose autovetture? L' Ostalgie appare come una condizione sociale e insieme personale, un romantico rimembrare un'esistenza più semplice e meno libera, ma che nel contempo sembra conservare, a quasi vent'anni dalla caduta del muro di Berlino, un misterioso fascino.
La maggior parte dei testi letterari e delle manifestazioni cinematografiche che abbiano anche lontanamente a che fare con il passato tedesco-orientale continuano a destare sensazione e ad avere successo, dentro e fuori, per la verità, i confini dello stato tedesco. Non fa eccezione il bel libro di Anna Funder, intitolato C'era una volta in DDR, stampato per la prima volta nel 2002, pubblicato in Italia da Feltrinelli e ristampato parecchie volte nei paesi anglosassoni. La Funder, scrittrice di origine australiana, ha una profonda conoscenza della Germania e della sua realtà: il suo interesse per la società tedesca dopo l'unificazione, la porta sulla strada di una ricostruzione particolare del mondo DDR. A partire da un collage di storie, si cerca di dare una lettura "dal di dentro" di ciò che ha significato un regime durato quarant'anni. Al centro della sua ipotesi di ricostruzione di un passato talvolta sottaciuto, c'è il ruolo della Stasi, la polizia politica della Germania Orientale, che fonti ufficiose dicono capace di tenere sotto controllo una persona ogni sei abitanti. Sono le storie di due "donne contro", Miriam e Julia, a fornire l'angolo visuale ricercato per fornire uno spaccato della società tedesco-orientale. Gli episodi si susseguono, disegnando una realtà brutale, straniante: il tentativo di fuga di Miriam all'ovest, a 16 anni; la cattura e la prima prigionia; la storia d'amore con il marito Charlie e la sua morte in una cella della Stasi. E ancora: l'amore di Julia per un italiano, che le mette alle costole la polizia politica; l'impossibilità di studiare o trovare un buon lavoro; la paura e la violenza subita da parte di un criminale seriale. Nostalgia per la vita all' Est o orrore per i crimini della Stasi e del Regime: curiosa dicotomia che è andata insinuandosi nell'intimo del popolo tedesco, a ridisegnare e in un certo senso ad arricchire una complessa stratificazione culturale etnica, in massima parte indecifrabile per l'osservatore straniero.
La buia capitale del Nord, la spettrale Milano, l'ex capitale morale, sta forse morendo? Terminata la spinta vitale, l'inesauribilte attivismo generato anche da decenni di immigrazione meridionale, si sta lentamente spegnendo, configurandosi come una metropoli in decadenza, in un passaggio profetizzato a suo tempo da Indro Montanelli? Sono questi alcuni degli interrogativi cui cerca di rispondere un bel saggio pubblicato da Bur e intitolato Milano da morire. A Milano bisogna viverci per amarla e viverci per detestarla. Gli autori sono due milanesi "per scelta", nel senso che non ci sono nati, ma hanno deciso di abitarvi. Si tratta di Luigi Offeddu, inviato speciale del Corriere della Sera, e Ferruccio Sansa, inviato del Secolo XIX. A partire dalla propria esperienza di meneghini adottivi, i due giornalisti provano a raccontare la storia di una discesa, di una caduta: nella città che ha accolto milioni di immigrati meridionali a partire dall'immediato dopoguerra ora cortei guidati dal primo cittadino inalberano luttuosi striscioni con la scritta Zingari, foeura di bal!. Il caos urbanistico sembra impadronirsi di una metropoli che era stata modello di pianificazione. Non solo: Milano si spopola, in una continua fuga verso l'hinterland. Aumentano i casi di depressione e l'inquinamento raggiunge soglie superiori a quelli di tutte le altri grandi città europee.
Ma i due autori, accanto ai problemi, non mancano di mettere in luce qualche nota positiva, qualche barlume di speranza: Milano, capitale del volontariato; Milano, che cerca di trovare nuove strade per il suo sviluppo. Resta sullo sfondo l'interrogativo di quale delle due città, la buona e la cattiva, avrà la meglio, e quale sarà il destino di una città che "soffre ma non muore".
OFFEDDU LUIGI; SANSA FERRUCCIO
MILANO DA MORIRE
Editore: RIZZOLI
Pubblicazione: 05/2007
Numero di pagine: 556
Prezzo: € 12,50
EAN: 9788817016346
Questo libro andrebbe letto per una ragione molto semplice: è praticamente l’unica biografia di Saloth Sar tradotta in Italiano, è l’unico testo che narra uno dei capitoli più bui della storia del Novecento.
Pol Pot viene oggi considerato uno dei peggiori assassini che il secolo scorso abbia partorito, ci si chiede quindi perché nel nostro Paese sia scritto – o semplicemente tradotto – così poco al riguardo In Italia non esiste nessuna traduzione delle opere di David P. Chandler dedicate alla Cambogia e ai khmer rossi; Urla del Silenzio è disponibile unicamente nella versione cinematografica – ciò significa che il libro The Killing Fields da cui è tratto il film può essere letto solo in lingua originale e trovato su internet.
Queste le motivazioni per cui la biografia Pol Pot scritta da Philip Short e pubblicata da Rizzoli nel 2005 merita di essere comprata, letta e conservata nella propria libreria. Le 663 pagine scritte da Short iniziano con la descrizione dell’infanzia di Saloth Sar: nato il 19 maggio 1925 a Prek Sbauv da famiglia benestante frequenta una scuola cattolica e, grazie ad una borsa di studio, si trasferisce nel 1949 a Parigi dove entra in contatto con gli ideali marxisti. La formazione politico-culturale di Saloth Sar è strettamente connessa alla situazione politica della Cambogia e dell’Indocina in senso più ampio. L’occupazione francese, il ruolo di stato cuscinetto, la rivalità endemica con il Vietnam, i contatti con la Cina, il silenzio-assenso degli Stati uniti d’America, l’ambiguità di Norodom Sihanouk, sovrano fantoccio. E’ così che si arriva alla fatidica data del 17 Aprile 1975, i khmer rossi entrano a Phnom Penh e la popolazione inneggia ed esulta. Peccato che la tragedia inizia nell’immediato: tutti gli abitanti della capitale vengono letteralmente deportati nelle campagne - la città è simbolo di corruzione mentre la campagna rappresenta la patria presso cui educare la “nuova popolazione” – anche i malati e gli infermi ricoverati presso il principale ospedale della città vengono costretti ad un esilio forzato. E’ l’inizio della fine. Dal 17 aprile 1975 al 9 gennaio 1979, anno in cui la Kampuchea Democratica voluta ed instaurata da Pol Pot cade ad opera dei vietnamiti – muoiono circa 1.500.000 cambogiani (secondo altre fonti i morti potrebbero essere addirittura 3.000.000). Una cifra non indifferente se si considera che la popolazione Cambogiana contava all’epoca circa 7.000.000 di abitanti. Tre anni di barbarie, in cui i figli venivano tolti ai genitori per ricevere un’educazione che rimandasse unicamente al partito – l’ Angkar una sorta di Grande Fratello che tutto sapeva e cui tutto era dovuto. Campi di lavoro, fame, mine, legami familiari dissoluti, nella perversa logica di creare un uomo nuovo. Il risultato una caduta negli inferi che, ad oggi, non ha trovato giustizia. Basti dire che Pol Pot è morto il 15 Aprile 1998 per un infarto, viveva nella foresta e non è mai stato perseguito. Nessuna imputazione per genocidio, nessun “tribunale di Norimberga”, ad oggi la Cambogia non è meritevole di alcun risarcimento morale.
SHORT PHILIP
POL POT
ANATOMIA DI UNO STERMINIO
Editore: RIZZOLI
Pubblicazione: 04/2005
Numero di pagine: 663
Prezzo: € 25,00
EAN: 9788817006590
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