Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In questi giorni ho letto "Quattro gocce di acqua piovana" di Colaprico e Valpreda. Era da tanto tempo che il mio amico Mino mi diceva devi leggere Colaprico, aveva ragione. E' un giallo ambientato nei gioni di Sant'Ambrogio nella Milano degli anni '80. Il protagonista è "il Binda" un maresciallo dei carabinieri molto particolare, una brava persona che non dimentica gli aspetti umani di sospettati, vittime o semplicemente delle persone che incontra. Parallelamente allo svolgersi della storia "il Binda" racconta della sua famiglia, della dolce moglie Rachele e del figlio con i capeli fatti a dred che frenquenta il Leoncavallo. La storia è ben scritta e i personaggi ben rappresentati, ma sicuramente quello che più mi ha colpito è il racconto della città, le vie, i locali, la malavita di pianura, gli odori e i sapori di cui è intrisa; gli anni ottanta mi sono tornati alla memoria, le prime inchieste di mani pulite e alcuni fatti di cui nel libro si accenna solamente. E' un po' un tuffo in un passato non molto lontano nel tempo che però avevo un po' dimenticato.
Magica Cleme - Terapia della felicità, è un libro da comprare per tanti, tanti motivi. E' stato realizzato per dare supporto alla Fondazione Magica Cleme che si occupa di far divertire i bambini malati. Io l'ho sfogliato, letto, annusato e da madre mi sono commossa guardando le tante fotografie che ritraggono bambini malati che giocano, si divertono e riescono a trovare serenità ed felicità "essendo bambimi" che fanno cose da bambini. Comprare e regalare questo libro è un "momento educativo" per noi "genitori di bambini sani" che troppo spesso ci lamentiamo per sciocchezze ed è un atto di civiltà che dobbiamo ai nostri figli.
La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo non è una novità in libreria, ma un successo nato per caso e dilagato in breve, diventando grazie al passaparola il libro che non si può non leggere. E in effetti questa opera prima di Audrey Niffenegger, artista e docente all'Interdisciplinary Book Arts MFA di Chicago, è un romanzo sconvolgente, che regala emozioni continue. Un libro da non perdere, ma da leggere in un solo fiato. Henry soffre di cronoalterazione, un disturbo genetico che lo fa viaggiare nel tempo. Quindi gli capita di sparire dal luogo in cui si trova, per risvegliarsi, nudo e disorientato, in un altro luogo e in un altro anno. Nel passato o nel futuro. Conosce Claire, e la loro è la storia d’amore più stupefacente e romantica che si possa immaginare. Perché è una storia che attraversa il tempo, la logica e la conoscenza. Così Henry incontra Claire da bambina, quando in realtà è già da tempo sua moglie; vede sua figlia adolescente, prima che lei nasca; incontra, giovane uomo, una Claire luminosa ottantenne. Il libro è un complesso e travolgente susseguirsi di piani temporali diversi, in cui Henry e Claire raccontano l’avventura della loro vita e del loro amore. La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo non è un romanzo di fantascienza: è un romanzo al quale qualsiasi definizione sta stretta. Ma è soprattutto una grandissima storia d’amore, di quelle che travalicano tempi e luoghi, nelle quali due persone si amano comunque, indipendentemente da quanto conoscono o pensano di possedere dell’altro. Dedicato ai nonni, che si amarono per tutta la vita e anche oltre, dopo la morte prematura di lui, il libro di Audrey Niffenegger va oltre i sentimentalismi e le banalità. E racconta, semplicemente, la più semplice delle verità: in amore, in qualsiasi storia d’amore, si è due entità distinte, vicine ma indipendenti. Ci sono momenti in cui uno capisce più dell’altro, ci sono momenti in cui si è su piani diversi, in cui uno insegue, o aspetta: prima o poi tutto accadrà, così come è destinato ad accadere. Da leggere se si è (o si è stati) perdutamente innamorati, per poter assaporare e riconoscere la dolcissima fantasia e l’assoluto paradosso che sono alla base di tutti gli amori.
Gomorra, nella tradizione biblica, è una delle cinque "città della pianura", distrutta dalla collera divina a causa della corruzione dei suoi abitanti. Eretta a simbolo, insieme alla sua gemella Sodoma, della perdizione umana, Gomorra percorre trasfigurata tutta la storia del pensiero occidentale, fino a giungere intatta, nel suo potere immaginifico, fino ai nostri giorni.
Roberto Saviano, giovane scrittore napoletano formatosi alla scuola dello storico meridionalista Francesco Barbagallo, nello scegliere il titolo per il suo libro-reportage, sembra avere indugiato a lungo sul significato antico di questa parola, cogliendone i depositi secolari che ne hanno formato l' imago, singolarmente rappresentativa della realtà che si accingeva a raccontare. A fronte di un argomento scottante, spesso considerato "pericoloso" da autori meno coraggiosi, Saviano affronta l'argomento del potere delle cosche in Campania con il piglio del giornalismo d'inchiesta, traendone un racconto che tradisce una profonda e a tratti commossa partecipazione. La parola Camorra, scrive, è ad uso esclusivo di "sbirri" e giornalisti, non rappresentando a dovere la realtà del vissuto di Napoli e delle sue periferia: affiliati dei Clan e gente comune, chiamano l'organizzazione mafiosa "il Sistema", rappresentando in un unico efficace mot la realtà di un meccanismo che stritola le velleità economiche, culturali, sociali della popolazione campana. Tra le sue pieghe si intravvede un serpente che mutando forma resta sè stesso, insinuandosi tra le pieghe dello Stato, scendendo a patti con il nuovo potere cinese, lusingando le griffe internazionali dell'Alta Moda. Al centro di tutto il porto di Napoli, con il suo eterno, silenzioso traffico di merci, che giungono da ogni dove per accrescere il potere criminale dei Clan. Ma anche la periferia diventa centro, come sede di uno sviluppo industriale silenzioso, invisibile, in mano all'organizzazione mafiosa che tiene bassi i prezzi grazie al potere coercitivo, reale e culturale, su cui fa leva. Secondigliano come Gomorra, non più città del peccato, ma dello sfruttamento, del vuoto culturale e di valori su cui si basa il Regno del "Sistema".
Ho incontrato Maksim Cristan. E’ stato qualche settimana fa, una bella domenica di inaspettato sole autunnale, al mercato dei Navigli. Un mare di gente, belle facce sorridenti in una luce tersa, che di novembre non ha ancora nulla: tante bancarelle con sopra tutto il mondo. Antiquariato, modernariato, tante cose non proprio antiche ma nemmeno proprio moderne, bijoux americani, lampade anni 50, abiti vintage. E libri. A tonnellate. Tavoli pieni, da passarci ore. Usati, introvabili, antichi, da collezione. O di strada. Maksim Cristan è uno scrittore. Vive dove capita e presenta su un banchetto il suo libro, Fanculopensiero, edito da Lupo Editore, nella nuova collana Spùt. Spùt è stata creata per gli scrittori di strada e le loro storie. Senza mezzi termini, perché << “Spùt è onomatopeico, è vero, violento, improvviso come uno sputo, diretto, senza troppi giri di parole>>. Mi fermo alla bancarella. “Questo è il mio libro”. Marketing relazionale semplice e diretto quello di Cristan. Senza troppi giri di parole, appunto. Ho comprato Fanculopensiero. Maksim Cristan è croato, ma immagina e scrive in italiano. E racconta di sé. Di quando un giorno del 2001, manager di successo, decide, in mezzo al traffico di Zagabria, di mollare tutto. Scende dalla macchina, la abbandona aperta, e se ne va. Prende il primo treno, arriva a Milano, e inizia a vivere seguendo quello che sente e che gli piace. Sceglie la libertà e l’indipendenza dai vincoli di un vita predefinita. Imparando a ricominciare, per capire e trovare se stesso, la propria umanità. Per quattro anni vive senza un tetto sulla testa, diventa scrittore di strada . E il mondo della strada investe le pagine del libro con le sue storie e i suoi personaggi: storie di disagi e insieme di ironia, di calore e umanità, di generosità che si rivela nelle persone incontrare per caso e scoperte vicine da sempre. E i luoghi: Maksim Cristan conosce Milano e la fa conoscere anche a noi, milanesi e non. E’ una città diversa, parallela alla metropoli degli affari e della moda, quella che corre e si affanna. Questa è una Milano magica, diresti quasi silenziosa. Le Colonne di San Lorenzo, dove Maksim passa le notti a scrivere appollaiato sotto la statua di Costantino, il mercatino del lunedì di Brera, con cartomanti, pittori, rigattieri e poeti, il parco Sempione con il suo “popolo”, le sue leggi e la biblioteca, ospitale luogo di lavoro e incontri, il Naviglio, con la sua esplosione domenicale di umanità e creatività: sono alcune delle tappe delle lunghe camminate di Maksim per la città, o dei viaggi in tram per dormire al caldo, in una dimensione diversa, incantata, raccontata da chi l’ha vissuta con il tempo del pensiero e del sentimento, invisibile per noi che ci affanniamo inseguendo il tempo senza mai riuscire ad averlo. E tanti personaggi che Maksim racconta, senza alcun autocompiacimento picaresco, ma con la voglia di dare ad ognuno in regalo una pagina di ricordo, semplice e onesto, e con tanta ironia. Fanculopensiero è un libro inconsueto, poetico e multiforme, un’esperienza di umanità e di lettura. Senza pregiudizi.
Dopo il grande successo de Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, in questo lungo weekend di festa ho letto Una cosa da nulla. Mark Haddon, ancora una volta è riuscito a coinvolgermi in una lettura totale. E' la storia di una famiglia moderna "normale": George, il padre è appena andato in pensione ed è alle prese con un eczema e con una moglie che lo tradisce con un suo ex collega; la figlia katie, è una giovane donna separata con un figlio alle prese con il suo secondo matrimonio e Jaime, il figlio omosessuale è alle prese con la sua paura di impegnarsi con il suo compagno Tony. E' una storia normale di una famiglia ordinaria che potrebbe essere la mia, con le incomprensioni, l'amore, le cose non dette e quelle dette troppo o troppo male. E' la storia di persone comuni che cercano in ogni modo di rendersi uniche. L'ho appena finito e già tutti loro mi mancano un po'!
Nel mio quotidiano girovagare in libreria ho trovato Soffro d'Ikea di Eirk Gunnar Trjo. Il libro parla dell' Ikeite, una strana malattia che affligge ricchi e poveri del pianeta. L'autore dichiara subito di NON voler fare un libro contro l'Ikea ma contro chi ABUSA dell'Ikea. E' divertentissimo, parla di quelli che all'Ikea ci vanno come se andassero in vacanza, di chi colleziona le matite e il metro che vengono distribuiti gratuitamente, di tutti quelli che hanno la casa uniformata allo standard Ikea [io rientro in questa categoria ], delle famigerate istruzioni di montaggio dei mobili e dell'omino Ikea lì rappresentato. Leggerlo mi ha ricordato quando nel film " Fight Club" il protagonista entrava in casa e la voce fuori campo recitava i nomi dei mobili Ikea ... quando si dice la globalizzazione! A parte la parte più "leggera" e dissacrante, il libro è abbastanza documentato e propone spunti di riflessione su un fenomeno di massa che sta dilagando in Italia e nel mondo. La quarta di copertina recita: "Ingvar Kamprad fonda Ikea negli anni '30. Prima si era fatto le ossa nel commercio di cerini. Da allora il suo progetto di un mobilificio globale si è diffuso in tutto il mondo. In più di mezzo secolo, Ikea ha colonizzato continenti interi, da Pechino a Sidney fino alla casa del Grande Fratello. Costi contenuti, prezzi irresistibili. Oggi c'è gente che vive d'Ikea. Famiglie intere addirittura malate d'Ikea. In questo libro tutte le luci e tutte le ombre di un impero che significa l'omologazione domestica di un pianeta intero. La domanda è: siamo sicuri che sia cosa buona e giusta?"
Ho acquistato I Giardini di Kensington di Rodrigo Fresán credendo di immergermi in una di quelle belle storie inglesi di ambientazione vittoriana e ho scoperto un libro completamente diverso, di grande potenza creativa, geniale, moderno e inatteso. La copertina recita: Fresán è un Borges “pop” e questa è la migliore definizione di un libro che inizialmente sconcerta, ma poi emoziona, commuove e stupisce. Le storie di J.M.Barrie, creatore di Peter Pan, piccolo insignificante uomo capace di grandi fantasie, e di Peter Hook, voce narrante, autore di libri per l’infanzia, cresciuto tra Beatles, albori hippies, allucinogeni e Peter-mania, si incontrano, si fondono in un tutt’uno, fino a confondersi, nello stesso destino di creatività, inventiva e solitudine. La narrazione si sviluppa come un viaggio psichedelico e a tratti allucinato attraverso il ricordo di Peter Pan, la vita di Barrie e dei veri Peter, i fratellini Llewelyn Davies, suoi pupilli e ispiratori: la Londra di fine ottocento, e insieme una Londra meravigliosamente Sixties, tra musica, droghe, comunità di artisti e rockstar. Un magico affresco multicolore in cui convivono bambini volanti, fate, spade di legno, Bob Dylan e Stanley Kubrick, teatri in delirio, LSD, mamme affettuose, impresari intrepidi, pirati, coccodrilli e optical party. Il punto di incontro è l’amore-ossessione per il bambino che non è mai cresciuto, perché nell’infanzia ha scoperto la perfezione della libertà e della fantasia: ed è così che lo scrittore di fine ottocento, l’artista pop, e chi legge sono personaggi essi stessi dell’avventura di Peter Pan, guidati come per gioco a una riflessione, a tratti cupa, sul senso della vita e della morte ("la morte può essere una grandiosa avventura…" ) .
I Giardini di Kensington sono uno straordinario omaggio, immaginifico e decadente, al mito dell’Isola che non c’è: seconda stella a destra, e poi dritti fino al cuore di Londra, nei giardini di Kensington dove J.M. Barrie volle innalzare una statua al bambino che sapeva volare. Un libro originalissimo, che riempiresti di post-it, tante sono le frasi che vorresti trattenere nella memoria.
Domenica 17 dicembre, dalle 15.00 alle 18.00 in libreria verrà presentato il libro I segreti del tè di Francesca Natali e in collaborazione con ArtedelRicevere™ sarà possibile degustare il tè F Ê TE de N ö EL , Tè Nero Mélange con spezie, agrumi e vaniglia; questa potrebbe essere una bella occasione per riposarsi dalle fatiche dello shopping natalizio. I segreti del tè - Francesca Natali
Rinfrescante, appagante e calmante – in tutto il mondo il semplice gesto di preparare il tè dona molte piacevoli virtù, non ultima, il tè è una bevanda davvero deliziosa ricca di mille sfumature e aromi. Se in Cina il tè è da sempre un elemento fondamentale della vita quotidiana, in Giappone è il protagonista di un'arte spirituale ed ancestrale dove i confini tra morale, filosofia, religione ed arte sono molto sottili. In altri paesi come il Magreb, l'India, il Tibet, ma anche in Inghilterra o in Russia, il tè gioca invece un ruolo prettamente sociale e di puro piacere. In qualsiasi modo preparerai e gusterai il tuo tè – freddo con ghiaccio, in infusione con la tazza chong o nella tua teiera preferita – questo libro diventerà per te una breve ed efficace guida per imparare a conoscere i segreti dell’arte di preparare al meglio questa speciale, invitante bevanda. Ti insegnerà a distinguere tè neri da tè verdi, tè bianchi da tè Oolong o mélange, e ad apprezzare l’erbacea freschezza di un Sencha rispetto al dolceamaro affumicato di un Gunpowder, o un corposo Assam piuttosto che un leggero Yunnan. E ti racconterà come servirlo e offrirlo ai tuoi ospiti, perché il tè si beve in tantissimi paesi e, come per molte altre abitudini largamente diffuse, esistono diversi modi di prepararlo: ci si può infatti accontentare di mettere in infusione una bustina di carta in una mug americana o fare dell'ora del tè un momento speciale e privilegiato. Farne propri alcuni segreti, cenni della storia o le regole per servirlo, accogliere suggerimenti e spunti pratici, diventa un piacevole valore aggiunto al modus vivendi di ciascuno di noi. ArtedelRicevere™ srl nasce a Milano nel Febbraio 2001 dinamica realtà dedicata alla cultura del ricevere e al mondo dell’accoglienza, specializzata nell’offrire all’utenza professionale e privata, una molteplicità di servizi, informazioni e tendenze, mirate a trasmettere e formare una nuova concezione dell’ospitalità che coniuga professionalità e tecnica gestionale tramite il coinvolgimento estetico ed emozionale. Clicca qui per sapere come raggiungere la Libreria Internazionale Ulrico Hoepli
Come vivo ora è un libro nato per i teenager, e diventato in poco tempo anche per gli adulti un caso letterario, che ha scalato le classifiche internazionali e raccolto i più prestigiosi premi letterari e i riconoscimenti della critica. L’autrice si chiama Meg Rosoff e si è scoperta scrittrice a 46 anni, dopo aver lavorato nella pubblicità e nell’editoria. Il libro inizia come una classica fiaba adolescenziale: Daisy, quindici anni, anoressica e problematica, viene mandata dal padre a vivere in Inghilterra dalla zia Penn e dai cugini. Dalla caotica Brooklyn Daisy si trova immersa in un’atmosfera campestre quasi fiabesca: la vita nella bella magione inglese è idilliaca e spensierata, gestita dalla tribù dei cugini bambini e Daisy, introversa e silenziosa, ne è affascinata. La storia d’amore con il cugino Edmund sembra aprire, con la precoce passione, un’inaspettata “fame” di affetto in Daisy. Ma la favola è presto stravolta, così come la narrazione: l’Inghilterra è invasa da un imprecisato nemico, in una imprecisata guerra terroristico - mondiale. L’atmosfera da bucolica si fa irreale, senza tempo, un incubo senza volti alla Orwell. E il percorso di formazione della giovane Daisy passa attraverso l’orrore, la devastazione, la separazione dai cugini, la fuga. Daisy trova il modo di reagire, di sopravvivere, di scoprire un’altra fame, dopo quella d’amore: la fame di cibo, che l’aiuta a crescere, seguendo, affamata e determinata, la strada che gli indica il suo cuore, in un dialogo telepatico d’amore con il cugino lontano. E con Edmund termina la storia di Daisy, in uno sguardo di improvvisa e dolorosa maturità, nel quale la responsabilità dell’amore e dell’amicizia è il bagaglio di bene da portare in salvo. Nella sicurezza della casa. Come vivo ora è un libro semplice e intenso, che parla di amore, di amicizia, dei disagi dell’adolescenza e dell’orrore della guerra, senza retorica o luoghi comuni, ma con poesia e sprazzi di eccentricità. La narrazione in prima persona, intelligente e arguta, che riesce anche a giocare con il lessico dell’adolescenza, guida il lettore a un finale non scontato, in cui gli affetti recuperati sono intrisi della tristezza disincantata di chi ha sperimentato il dolore e la perdita. "Se non siete mai stati in guerra e vi state chiedendo quanto ci vuole per abituarsi a perdere tutto ciò che pensate di amare o di cui siete convinti di avere bisogno, posso dirvi che la risposta è Non ci vuole niente."
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