La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo non è una novità in libreria, ma un successo nato per caso e dilagato in breve, diventando grazie al passaparola il
libro che non si può non leggere.
E in effetti questa opera prima di
Audrey Niffenegger, artista e docente all'Interdisciplinary Book Arts MFA di Chicago, è un romanzo sconvolgente, che regala emozioni continue. Un libro da non perdere, ma da leggere in un solo fiato.
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Henry soffre di cronoalterazione, un disturbo genetico che lo fa viaggiare nel tempo. Quindi gli capita di sparire dal luogo in cui si trova, per risvegliarsi, nudo e disorientato, in un altro luogo e in un altro anno.
Nel passato o nel futuro. Conosce Claire, e la loro è la storia d’amore più stupefacente e romantica che si possa immaginare.
Perché è una storia che attraversa il tempo, la logica e la conoscenza. Così Henry incontra Claire da bambina, quando in realtà è già da tempo sua moglie; vede sua figlia adolescente, prima che lei nasca; incontra, giovane uomo, una Claire luminosa ottantenne.
Il libro è un complesso e travolgente susseguirsi di piani temporali diversi, in cui Henry e Claire raccontano l’avventura della loro vita e del loro amore.
La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo non è un romanzo di fantascienza: è un romanzo al quale qualsiasi definizione sta stretta. Ma è soprattutto una grandissima storia d’amore, di quelle che travalicano tempi e luoghi, nelle quali due persone si amano comunque, indipendentemente da quanto conoscono o pensano di possedere dell’altro.
Dedicato ai nonni, che si amarono per tutta la vita e anche oltre, dopo la morte prematura di lui, il libro di
Audrey Niffenegger va oltre i sentimentalismi e le banalità. E racconta, semplicemente, la più semplice delle verità: in amore, in qualsiasi storia d’amore, si è due entità distinte, vicine ma indipendenti. Ci sono momenti in cui uno capisce più dell’altro, ci sono momenti in cui si è su piani diversi, in cui uno insegue, o aspetta: prima o poi tutto accadrà, così come è destinato ad accadere.
Da leggere se si è (o si è stati) perdutamente innamorati, per poter assaporare e riconoscere la dolcissima fantasia e l’assoluto paradosso che sono alla base di tutti gli amori.
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