Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Novecento di Alessandro Baricco è un "piccolo" libro che mi ha folgorato. L'ho letto 10 anni fa e come altri libri della mia storia di lettrice, ogni tanto lo rileggo, per capire come il libro è cambiato, cresciuto, invecchiato con me. E' la storia di un pianista che si esibisce tutte le sere sul Virginian, piroscafo che tra le due guerre fa la spola tra l'Europa e L'America. Il Virginian come ogni piroscafo ha un carico di ricchi signori, emigranti e marinai, ma con una particolarità: un pianista straordinario, che suona una musica mai sentita prima, meravigliosa. Dicono che il misterioso pianista non sia mai sceso dal piroscafo e nessuno sa il perchè. In forma di monologo, il libro è il primo testo teatrale di Baricco, ed a mio avviso è bellissimo, molto coinvolgente mentre lo leggi ti sembra di essere lì sul Virginian ad ascolatare quella musica mai sentita.
Mani che indicano, mani che esprimono un concetto, mani disegnate, mani fotografate, mani, mani, mani! Mani che esprimono esteticamente, simbolicamente e senza parole infiniti concetti in tutto il mondo. Se dovete progettare segnali visivi questo è il vostro libro!
Il romanzo di una città, o il romanzo di un autore che si racconta attraverso la propria città, quasi trasfigurato in essa, si apre con l’eterno tema del doppio, rimarcato e sottolineato: il grande Ohran Pamuk, recente premio Nobel per la letteratura, scrittore osteggiato dal potere per la sua vena critica nei confronti delle istituzioni del suo paese, racconta con magica leggerezza il suo sogno infantile, la convinzione che dall’altra parte della città “vivesse un altro Ohran, del tutto simile a me, un mio gemello, uno completamente uguale a me, in una strada di Istanbul, in un’altra casa simile alla nostra”. Il doppio che si affaccia in questo incipit, riflette la duplicità, o la frattura, che caratterizza l’identità turca, simboleggiata dalla sua capitale: la metropoli divisa dal Bosforo d’Argento, eternamente sospesa tra una propensione all’Occidente, individuata fisicamente nella parte europea della città, e le sue radici asiatiche e islamiche, simboleggiate dai decadenti minareti che ne costuiscono la skyline. E’ quasi un gioco di specchi deformanti, che non rimandano mai indietro tutto ciò che ricevono, ma ciononostante ne mantengono intatti i lineamenti, soltanto un po’ stiracchiati o compressi. Insieme al tema del doppio, dell’identità non risolta, si affaccia fin da subito, e coprirà l’intero dipanarsi del racconto, il sottotraccia dello Spleen di Istanbul: un disagio molto diverso da quello sofferto in altri luoghi; non è la noia un po’ snob degli esteti francesi, né la molla scatenante di una vita libera da Bohemien, né tanto meno l’origine ultima di tanti movimenti ribellisti e giovanilisti. Non siamo in Occidente, o almeno non del tutto, il malessere non esplode, ma tende piuttosto a concretizzarsi in una diffusa malinconia, una tristezza indefinita e romantica chiamata huzun, quasi cifra essenziale di una città e dei suoi abitanti. Nei café e nei ristoranti, nelle strade e nelle case, mentre lontano si ode lo stridere straziante della sirena di una nave, o quando si osserva dalla finestra il lento incedere delle vecchie signore in nero, accompagnate dal lugubre canto del muezzin, tutto è huzun. Le fotografie in bianco e nero, disseminate nelle pagine del romanzo, aiutano a raccontare questa realtà, quasi come se la parola scritta, pur con il suo straordinario potere evocativo, non fosse sufficiente a comprenderla tutta. Sembra di sentire cadere la pioggia sul Corno d’Oro, mentre lentamente ci sentiamo soggiogati dallo stesso fascino che da sempre coglie il viaggiatore occidentale al cospetto di Istanbul, quel misto di esotismo e familiarità che appare indecifrabile: negli sguardi delle persone, filtrati attraverso la lente deformata dell’arte di Pamuk, si coglie come il lutto per la fine di un mondo, mai realmente sostituito da un’identità nuova e risolta nei suoi conflitti, la morte lenta e dolorosa dell’Impero Ottomano, che per secoli era stato una delle massime potenze militari del mondo. E’ una civiltà che non finisce di morire, un fantasma che aleggia sospeso nelle vite degli uomini, che tormenta le anime e le rende ipersensibili, quasi portate al sentimento del dolore.
Si chiamano "quadri fogli", sono libretti quadrati da sfogliare come un'arancia, spicchio dopo spicchio, per leggere e per "s-piegare" ai bambini alcuni capolavori della storia dell'arte. "Se lo apri come un libro, troverai l’inizio della storia. Se alzi la pagina, potrai leggere il resto della storia raccontata dal quadro. Se infine apri gli spicchi, troverai il quadro e tante altre notizie interessanti." La collana comprende: La Medusa di Caravaggio All'interno il volto di Medusa dipinto da Caravaggio ed il racconto di come Perseo riuscì a tagliarle la testa. inoltre tante notizie interessanti sul quadro, che si trova alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Guerinica di Picasso Il quadro piu famoso di Pablo Picasso: Guernica, la città basca colpita dalle bombe dei nazifascisti nel 1937. Il primo bombardamento sulla popolazione civile è raccontato da Gaspare Barbiellini Amidei. Polifemo Innamorato di Redon All'interno non si trova il solito Polifemo crudele mangiatore di uomini, ma un ciclope timido e gentile, ed il racconto del suo amore per Galatea. Il quadro si trova al museo Kröller-Müller di Otterlo in Olanda. Adatti a bambini da 8 anni in su.
Underworld può essere forse definito, con qualche probabilità di successo, un romanzo epico, un racconto che racchiude l' epos di un popolo filtrandone artificialmente l'essenza, lasciandola trasudare copiosa dalla mistica della parola scritta; Underworld è un classico nonostante sia uscito soltanto nel 1997 ed il suo autore, l'americano di origini molisane Don de Lillo, fosse all'epoca semi sconosciuto nel nostro paese; Underworld è il racconto di cinquant'anni di storia americana, ma ne è come un filtro distorto, lontano dall'agiografia ufficiale, pronto a rovesciare il sogno nel suo contrario. Dal “ Trionfo della Morte” del Polo Grounds di New York, teatro nel 1951 di un mitico scontro tra Giants e Dodgers, le due squadre di baseball di New York, una vicenda corale, multisfaccettata e raccontata attraverso un continuo carnevale linguistico, si snoda seguendo la scia della pallina colpita dalla mazza del grande Bobby Thompson, in occasione del leggendario home run che decide la partita. Un viaggio interminabile attraverso l'America profonda, dalla postatomica desolazione del Bronx, infestato dalle bande giovanili e divenuto ormai polo d'attrazione di un turismo dell'orrido e dei rifiuti, alle autostrade che percorrono e tagliano il continente, dove un misterioso Killer solitario uccide chi gli passa accanto in automobile. Personaggi partoriti dalla fantasia di Don de Lillo, si muovono accanto a uomini che hanno fatto la storia degli States, da J. Edgar Hoover a Lenny Bruce, passando per Frank Sinatra; seguendo il tragitto schizofrenico compiuto dalla pallina feticcio, ci si scontra con passioni e depravazioni, sogni e tristi prese di coscienza, con sullo sfondo un destino collettivo che si staglia su tonnellate di rifiuti, fine ultimo delle fatiche del genere umano. Capolavoro della letteratura postmoderna americana, Underworld è un romanzo fiume incapace di deludere, interminabile e commovente nel suo delirante procedere per illuminazioni, flashback, invenzioni. Una scarica elettrica per l'America di fine millennio, costretta a specchiarsi in un libro che ne mette a nudo lo scheletro.
L'ultima fatica letteraria di Alain de Botton , Architettura e felicità, indaga un aspetto centrale dell'esistenza di tutti gli esseri umani: le case, le città, la geografia dei luoghi che abitiamo e in cui ci muoviamo, la necessità che abbiamo di sentirli belli e accoglienti. E lo fa partendo da alcune semplici domande: Che cosa rende una casa bella? E perché ciò che per alcuni è bello, per altri è invece inguardabile? Ed è ragionevole passare parte del proprio tempo a cercare di rendere più belli i luoghi in cui viviamo? E, soprattutto, i luoghi, gli edifici, le stanze e gli uffici possono renderci più o meno felici? Se riteniamo che la qualità dell’ambiente in cui viviamo sia fondamentale per il nostro benessere, non possiamo non interrogarci sul rapporto tra architettura e felicità. Ma da dove cominciare? Oggi, a differenza dei secoli passati, siamo consapevoli dell’impossibilità di individuare una misura del bello assoluta e riproponibile all’infinito, senza tener conto delle tradizioni locali e della sensibilità dei committenti. Se le ville palladiane rappresentano un ineguagliato modello di equilibrio architettonico, una recente villa costruita a Londra secondo gli stessi canoni suscita più sconcerto che ammirazione. E non erano affatto contenti i signori Savoye, per cui Le Corbusier progettò la famosa villa di Poissy: il capolavoro dell’architetto modernista si rivelò ben presto inabitabile. Attraverso una ricca casistica e insieme facendo ricorso alla verve del narratore, De Botton indaga, nella molteplicità delle sue sfaccettature, l’influenza del design sull’essere umano, design che suscita sensazioni e riflessioni, modifica l’umore, fornisce stimoli al miglioramento. Imparando a ritrovare in edifici e oggetti doti e qualità presenti anche nell’uomo avremo dunque l’occasione di conoscere meglio noi stessi. È questa, dopotutto, la fonte della vera felicità. Alain de Botton presenta il suo ultimo libro dicendo che rappresenta "un mio piccolo contributo per rendere il mondo più bello" e arriva a dire che "lo stile rappresenta tutto ciò che ci manca, ciò cui aspiriamo per essere completi e felici». "L’architettura ci circonda sempre, se la capiamo — dice il 37enne autore — potremo trovare la vita più interessante. Il mio libro cerca di dire quale architettura è buona e quale cattiva. In molte città del mondo si vedono infatti troppe cose sbagliate, basta passare 10 minuti a Milano o Londra per capire quanti disastri architettonici ci circondano, io mi chiedo semplicemente il perché e cerco delle risposte». Infatti Alain de Botton ritiene che Milano manchi di pianificazione: "Ci sono begli edifici, ma sono sparsi, non c’è omogeneità". The Indipendent del libro scrive: "C’è un che di straordinario in Alain de Botton. Combatte la guerra contro il conformismo con armi e tattiche tutte sue: è erudito ma non minaccioso, ha curiosità e sensibilità. Guida il lettore verso la piena comprensione delle cose, miscelando la giusta dose di forza espressiva e moderazione. Architettura e felicità possiede tutti gli elementi di questa formula vincente."
«Mi sono più volte chiesto se la teoria della rana bollita (e della rana scottata), che mio padre ama spesso citare, sia effettivamente - come lui assicura - il risultato di un autentico esperimento scientifico. Però è certo che si tratta di una metafora davvero utile per capire l'effetto positivo che la globalizzazione, e in particolare la concorrenza cinese, può avere sulle imprese italiane.» Nel fantasioso e un po' crudele esperimento della «rana cinese», si prendono due rane e due pentole piene d'acqua. Si lascia cadere la prima rana in una delle pentole quando l'acqua è ancora fredda, poi si mette la pentola sul fuoco e la si porta pian piano a ebollizione. In questo caso la rana muore bollita, perché si abitua gradualmente al cambiamento di temperatura, si intorpidisce, e non si accorge quando arriva il punto di non ritorno, quando conviene saltar fuori e salvarsi. Nel secondo caso, invece, si porta l'acqua a ebollizione e solo allora si butta dentro la rana. Appena sfiora l'acqua bollente, la rana si scotta e istintivamente schizza via il più lontano possibile. Si ritroverà con qualche ustione e qualche ammaccatura, ma si salverà. Nel momento in cui gran parte del mercato mondiale guarda all'Oriente e al suo straordinario sviluppo economico con ansia e preoccupazione, Riccardo Illy ci invita a considerare la congiuntura presente alla stregua di uno choc salutare, capace di attivare le risorse più autentiche del nostro Paese e di salvarlo dal fatale intorpidimento in cui, adattandosi al peggio, rischiava di cadere. Se infatti è vero che non pochi sono gli svantaggi competitivi dell'Italia - l'eccessiva tassazione sul reddito d'impresa, il cuneo fiscale-previdenziale, la carenza di infrastrutture, la lentezza e inefficienza della burocrazia, i limiti del nostro sistema di istruzione, gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, la crisi della giustizia, e non ultimo il mammismo, ovvero la mancanza di volontà dei nostri giovani di uscire dal guscio protettivo della famiglia per affermare la loro libertà e autonomia -, non bisogna però dimenticare che gli italiani da sempre mostrano un peculiare ingegno e una propensione all'estetica e alla qualità della vita pressoché unici. Tutte caratteristiche che dobbiamo imparare a valorizzare al meglio. Rilanciare un processo virtuoso di crescita economica e coesione sociale nel nostro Paese è possibile. È giunto il tempo di ristabilire un clima di reciproca fiducia, un tempo in cui gli italiani possano davvero mettere a frutto i loro straordinari talenti. Quello del caffè llIy è uno dei marchi italiani più noti nel mondo, un esempio di "made in ltaly" di successo e di prestigio. Il presidente del gruppo industriale, Riccardo Illy, è anche presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Con questo libro l'imprenditore triestino, come lui si definisce "prestato alla politica", offre il suo punto di vista, sempre controcorrente, sull'attuale situazione italiana, sul ruolo che il Paese può svolgere nell'economia globale, contrassegnata, secondo lui, dalla conoscenza quale fattore competitivo fondamentale. E propone la sua esperienza economica sui mercati di tutto il mondo come motivo di ispirazione per un Paese alla ricerca di modelli positivi da cui ripartire. Come una rana che cade in una pentola di acqua bollente si salva perché ne salta fuori con grande velocità, così l'Italia, secondo llly, si salverà dalla "scottatura" dell'ingresso della Cina nell'economia internazionale per la semplice ragione che le sue conseguenze sono così immediate e violente che costringeranno tutti a reagire con rapidità. ILLY RICCARDO LA RANA CINESE Come l'Italia può tornare a crescere MONDADORI
Cosa c’è di più bello di un cielo azzurro? Gavin Pretor-Pinney non ha dubbi: un cielo pieno di nuvole. E lui, maestro dei contemplatori di nuvole, ce le descrive con leggerezza e competenza, in tutto il loro fascino: spiegandone la genesi e la formazione, descrivendone le caratteristiche e le tipologie, ma anche raccontando storie e aneddoti di uomini che le hanno amate o studiate o temute. Come il tenente colonnello William Rankin, che ha attraversato, precipitando dal suo aereo in avaria, il ventre oscuro di un cumulonembo in piena attività temporalesca; o come i grandi pittori del Rinascimento italiano, da Piero della Francesca al Mantegna, che nei loro dipinti hanno sempre ritratto sullo sfondo nuvole enigmatiche e suggestive; e poi ancora raccontandoci dell’Arpa delle Nuvole, uno strumento capace di suonare la musica dei cieli nuvolosi seguendo le variazioni della copertura di nubi. Alternando fotografie e disegni a una scrittura ricca e divertente, dal passo squisitamente narrativo, Pretor-Pinney ci conduce nel mondo dei contemplatori di nuvole, un mondo che ha già un sito web tra i più popolari di tutta la rete e che è fatto da chi, come lui, non si è accontentato della "tirannia del cielo azzurro.". Perché avere "la testa fra le nuvole" può essere una delle esperienze più esaltanti e più vicine alla bellezza del creato che un essere umano possa fare. Un brano: "Ho sempre amato contemplare le nuvole. Niente in natura può competere con la loro mutevolezza e la loro scenografica teatralità. Niente possiede la stessa bellezza effimera e sublime. Se certi meravigliosi tramonti dietro una cortina di altocumuli dovessero dispiegarsi in cielo solo una volta ogni venticinque anni, entrerebbero senza dubbio a far parte delle leggende di tutti i tempi. Eppure, la maggior parte della gente sembra accorgersi appena delle nubi, quando non le considera addirittura un difetto che compromette la perfezione di un giorno d’estate, o una scusa per sentirsi giù di morale e «rannuvolarsi». Non c’è nulla di più deprimente, a quanto pare, del «vedere solo nubi all’orizzonte». Alcuni anni fa decisi che bisognava porre fine a questa deplorevole situazione. Le nuvole meritavano una sorte migliore e non andavano più considerate mere metafore di sventura. Qualcuno doveva intervenire in loro difesa." PRETOR-PINNEY G. CLOUDSPOTTING Una guida per i contemplatori di nuvole GUANDA
Una tempesta di neve si scatena vicino a Tokyo, e un aereo è costretto a rimanere fermo per una notte intera in aeroporto. Viene trovata una sistemazione in albergo per quasi tutti i passeggeri, ma tredici rimangono senza un letto, e devono attendere l’alba e il volo seguente accampati nella sala partenze. Poche ore, impreviste e indesiderate, separano i tredici passeggeri dalla partenza, e dal ritorno alla normalità: la sosta forzata in compagnia di estranei, diversissimi tra loro, non è gradita a nessuno e il nervosismo cresce. Qualcuno lancia un’idea, di antico sapore ed eterna magia: raccontarsi a turno delle storie per ingannare il tempo e il buio della notte. E’ questa la cornice del libro Tokyo Cancelled del giovane Rana Dasgupta, un Decameron moderno, multirazziale e multiculturale. Dal “non-luogo” rappresentato dall’aeroporto, le 13 storie attraversano tempi, paesi e tradizioni diverse, dove oriente e occidente si susseguono, si alternano e talvolta si intrecciano, in un flusso di fantasia e immaginazione. Così la spiritualità visionaria dell’oriente prende forma in alcune favole che hanno il sapore della parabola, come nella prima incantevole storia del mercante di vesti, o nella vicenda, misteriosa e fantastica, del miliardario indiano che non conosce il sollievo del sonno. L’occidente si anima degli incubi dell’indifferenza e del malessere individuale moderno: il business dell’età contemporanea è rappresentato dal raccogliere e rivendere i ricordi alla gente, che per cause ignote li sta inesorabilmente perdendo: è questo il lavoro del giovane Thomas, in una Londra post-moderna che annulla le identità. Misticismo, magia, incontro tra reale e surreale sono la chiave di lettura di molti dei tredici racconti: dove si incontrano cartografi tedeschi e mappe capaci di imprigionare, donne mute che parlano con la mente, biscotti che hanno il potere di trasformare le persone, dando vita a sogni di capitalismo autodistruttivi, bambole oggetto di desiderio erotico, che conducono alla perdizione e all’isolamento, Parigi colpita dal vaiolo in una storia fantastica di amicizia, immortalità e umanità. All’alba i tredici viaggiatori-narratori si ricompongono, valigie e carte d’imbarco alla mano: c’è calore, ma anche un po’ di disagio, al risveglio da un torpore che li ha portati a stringersi un po’ troppo, ad avvicinarsi gli uni agli altri grazie alla parola e alla fantasia. La normalità si frappone nuovamente tra di loro, ognuno riacquista la propria maschera di estraneo, e si confonde tra le decine di passeggeri all’imbarco, arricchito di sogni e parole. Al lettore Tokyo Cancelled lascia il gusto di qualcosa di antico ma al tempo stesso modernissimo, una sperimentazione narrativa che fonde culture diverse, e fa incontrare tradizioni e mondi lontani nel piacere comune della novella. Originale e globale.
Quest'oggi il giornalista Andrea Bosco, curatore della rubrica culturale Libri del TG3 Lombardia, ha registrato il suo servizio dalla Libreria Internazionale Ulrico Hoepli. I nostri clienti hanno accolto divertiti il piacevole "diversivo".
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