Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Attirata dal titolo del libro e dalla copertina ho deciso di scoprire questo libro, mossa dal preconcetto che in cucina gli uomini normali, non i grandi chef, sono bravi solo se hanno il frigorifero pieno di ogni leccornia. Invece ho scoperto un grande chef dallo stile semplice, fatto di ingredienti freschi e preparazioni facili e veloci, che non tralasciano mai una presentazione gradevole e raffinata. L'autore, Bill Granger è titolare del celeberrimo ristorante “Bill” di Sidney (Australia) e di “Bill 2”, ed è uno dei giovani chef più promettenti in campo internazionale. La sua cucina italiana, apprezzata in tutta Sidney, ha fatto di lui uno dei talenti di maggior prestigio nel campo dell’alta gastronomia e lo ha consacrato tra le stelle del firmamento televisivo procurandogli un programma esclusivo sulle reti della BBC. Con “Un uomo in cucina” Bill svela i segreti del suo successo parlando direttamente a chi ama il buon cibo e vuole prepararlo senza stress, in modo semplice, genuino. Il libro è suddiviso in sei capitoli che ispirano la cucina di tutti i giorni. C'è spazio per la creatività, per l'improvvisazione, per il rigore, per l'organizzazione, e naturalmente, ci sono i giorni in cui dover essere pratici e veloci perché si ha poco tempo a disposizione. Per ciascuna di queste occorrenze, lo chef Bill Granger ha una ricetta. "Non si può neanche pensare di andare a Sidney e di non fare colazione da Bills" - Timeo Out, London ... Cercherò di non dimenticarlo nel mio prossimo viaggio a Sidney Autore: GRANGER BILL; TINSLAY PETRINA Titolo: UOMO IN CUCINA (UN) Editore: LUXURY BOOKS Prezzo: € 25,00
A metà Quattrocento l’Italia vide il fiorire di quella temperie culturale caratterizzata da un rinnovato interesse nella scienza, nella matematica e da una riscoperta dell’uomo come essere razionalmente pensante, che portò successivamente alla grande stagione rinascimentale e che fece sentire il suo influsso su ogni aspetto della produzione culturale, compresa l’arte. È l’epoca in cui teorici come Leon Battista Alberti e Luca Pacioli intrecciarono i loro studi con l’opera di artisti quali Pisanello, Beato Angelico, Donatello e Veneziano, ma soprattutto Piero della Francesca. Proprio a questo grande artista Arezzo dedica un’importante mostra, che si terrà dal 31 marzo al 22 luglio, e che per la prima volta offre ai visitatori la possibilità di ammirare l’opera di Piero nella sua interezza, dai capolavori esposti nelle sale del museo statale di Arezzo, al meraviglioso ciclo di affreschi con le storie della Leggenda della Vera Croce, per poi snodarsi nelle varie località in cui l’artista operò nel corso degli anni, dalla natia Borgo San Sepolcro, a Urbino, a Monterchi, dove è visibile la Madonna del parto.. Mentre nell’Italia settentrionale ci si indirizzava verso la grande stagione coloristica, stimolata da un contatto più diretto con la pittura fiamminga, con un’attenzione particolare alla resa dei colori, nell’Italia centrale maggior interesse suscitavano gli studi sulla prospettiva, sulla linearità e sulla luce. Questi aspetti caratterizzarono la grande scuola toscana, e furono teorizzati dallo stesso Piero della Francesca nel suo trattato De Prospectiva Pingendi, in cui indica come i tre aspetti principali della realizzazione pittorica “disegno, commensuratio et colorare”, tre capisaldi della sua arte. Soprattutto la “commensuratio”, ovvero la misurazione geometrica e prospettica, fu al centro dei suoi studi, e lo portò a creare composizioni inquadrate in ordinati schemi, giocate su iperboliche creazioni prospettiche, come nella Flagellazione di Urbino. Quest’opera, dal significato enigmatico, legata alla situazione culturale e storica dell’epoca, è un rebus, che col suo portato di significati criptici non poteva che stimolare la mentre di un signore umanista come Federico da Montefeltro, nella cui corte l’opera fu creata. Nei secoli le interpretazioni di questa tavola si sono susseguite, più o meno convincenti, portando alla pubblicazione di opere come il recente L’enigma di Piero di Silvia Ronchey. Piero della Francesca si dedicò per tutta la vita al calcolo della prospettiva e alle teorie matematiche, forse stimolato anche dall’ambiente familiare; non bisogna dimenticare che, venendo da una famiglia di mercanti, per i quali la capacità di calcolare a prima vista misure e pesi era un aspetto basilare dell’ attività commerciale l’occhio di Piero fu abituato sin dalla prima infanzia al calcolo e alla misurazione. Proprio le sue prospettive,unite ad una resa zenitale della luce, portarono alla creazioni di opere al limite del metafisico, composizioni in cui l’allungarsi delle linee prospettiche, la luminosità dei colori e la resa fisioniomica, priva di un eccessivo espressionismo, creano quasi un senso di distacco dalla realtà, che solo la meticolosa resa del dettaglio, eredità della cultura pittorica fiamminga, restituiscono alla quotidianità dell’epoca. Il viaggio attraverso l’opera di Piero della Francesca, pregevolmente narrato da Edgarda Ferri nella sua opera Piero della Francesca, il maestro della luce, si lega inestricabilmente con il contesto storico in cui l’artista operò, in quegli anni centrali del XV secolo in cui si susseguirono ondate di peste, guerre, ma in cui soprattutto vide la sua fine l’impero bizantino ad opera dei turchi; questi eventi segnarono profondamente gli uomini del tempo, un tempo di forza e brutalità, ma anche di raziocinio e indagine scientifica. Tutti questi aspetti sono racchiusi nell’opera di Piero, e in modo particolare nel ciclo della Leggenda della Vera Croce, meravigliosamente restituitoci dopo un restauro protrattosi svariati anni, che ha permesso di riscoprire i colori e la luce caratteristici di questo grande artista, sia nelle assolate scene di battaglia, che nel primo notturno della storia dell’arte, la scena rappresentante il Sogno di Costantino. Autori: BERTELLI CARLO; PAOLUCCI ANTONIO Titolo: PIERO DELLA FRANCESCA E LE CORTI ITALIANE Sottotitolo: AREZZO, 31 MARZO-22 LUGLIO 2007 Editore: SKIRA
Il 23 aprile si celebra la Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore promossa dall' UNESCO per il tredicesimo anno consecutivo. Quest'anno il tema scelto dalla Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO è la diversità culturale. Molte le iniziative in programma a livello mondiale, ed anche in Italia ci saranno diverse manifestazioni. Sul sito dell'UNESCO trovate tutte le informazioni relative alle iniziative.A Milano, ad esempio, i festeggiamenti inizieranno il giorno prima, domenica 22 aprile, dove allo Spazio Toti del Museo della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci" tutti coloro che si presenteranno con un libro potranno accedere gratuitamente. Una volta dentro il museo, si potrà partecipare allo scambio di copia lasciando il libro portato da casa nella biblioteca di scambio per portarsene via un altro, o registrando un video-testimonianza sul proprio libro preferito. L'iniziativa è in partnership con FNAC e Bookcrossing Italia.
Curioso, divertente e anche un po' dissacrante! La Zuppa di Kafka ripercorre la storia della letteratura mondiale dalle origini ad oggi in sedici ricette. E' a tutti gli effetti un ricettario con le quantità e gli ingedianti, ma il procedimento della ricetta è raccontata alla maniera e con estratti di brani di grandi autori delle letteratura mondiale. Indicato per lettori voraci e cuochi letterati.
"Avete mai pensato alla cucina come letteratura? Se Kafka avesse scritto ricette, che cosa sarebbe venuto fuori? C’è di che essere preoccupati: frigorifero vuoto, e gli ospiti hanno subito una metamorfosi, ora sono un gruppo di inquisitori. Il senso di colpa assale il cuoco mentre loro si siedono per giudicare l’inadeguatezza della cena. E se uno dei personaggi di Welsh dovesse preparare una supertorta al cioccolato? Polveri brune e bianche che sono uno sballo. Se invece Phil Marlowe torchia un limone, non ci vuole molto perché sputi quello che doveva sputare. Esercizi parodistici raffinati e divertenti, sedici ricette scritte nello stile di sedici grandi scrittori: Jane Austen, Jorge Luis Borges, Italo Calvino, Raymond Chandler, Geoffrey Chaucer, Graham Greene, Franz Kafka, Thomas Mann, Gabriel García Márquez, Omero, Harold Pinter, Marcel Proust, Marchese de Sade, John Steinbeck, Irvine Welsh, Virginia Woolf."
Una storia alla Charles Dickens nel cuore di Bombay. Il bambino con i petali in tasca è una favola triste, perché parla di infanzia abbandonata e di sofferenza, ma anche commovente, perché insegna a credere ancora nell’innocenza e nel sogno. Chamdi ha 10 anni, e ha sempre vissuto, protetto e nutrito, nell’orfanotrofio alle porte di Bombay. Una Bombay ferita e martoriata dagli scontri politici e religiosi tra induisti e musulmani nei primi anni 90. Non conosce nulla delle sue origini e del suo passato, ma ne è ossessionato. Chamdi è un ragazzino sensibile e sognatore, incantato dai colori delle bouganville che ricoprono i muri dell’orfanotrofio: sono colori così belli e puri che con loro non si conosce il dolore e la tristezza. Il giorno in cui viene annunciata la definitiva chiusura dell’orfanotrofio, il cui edificio è stato messo in vendita, Chamdi capisce che è arrivato il momento di affrontare il mondo da uomo: costringe la direttrice a rivelargli la verità sulla sua identità, e quando scopre di essere stato abbandonato lì dal padre, scappa di notte – con le tasche piene di petali – per andare a cercarlo. Il mondo che lo accoglie fuori non ha però i colori delle bouganville, ma gli odori e i rumori dei bassifondi di Bombay. Una realtà di mendicanti, violenze e povertà, tanto lontana dai sogni di Chamdi, che nella sua mente di sognatore si è dipinta l’immagine di Kahunsha “ la città senza tristezza”, dove non esiste miseria o infelicità, e i bambini possono giocare sereni in strada. Sumdi e Guddi sono fratello e sorella, come lui soli e disperati, alla mercé del capo della delinquenza locale, Anand Bhai, che assolda anche Chamdi nel suo squallido e storpio esercito di mendicanti. Tra i tre ragazzini si stringe in poche ore un rapporto di solidarietà e fiducia, basato sulla lotta per la sopravvivenza e il sogno della fuga da Bombay. L’attentato a un tempio, nel quale in molti perdono la vita, segnerà la svolta nella vicenda di Chamdi e dei suoi compagni. Il bambino con i petali in tasca è un piccolo Oliver Twist indiano, dolce e intraprendente, che attraversa le strade sporche e malfamate di Bombay protetto dalla sua innocenza e dal suo sogno di purezza. Una storia che non nasconde nessuno degli orrori della delinquenza urbana e dello sfruttamento infantile, vero a Bombay come altrove: dell’India c’è tutta la realtà, pittoresca e terribile, sacra e violenta. I tre ragazzini protagonisti sono incantevoli: Chamdi con le sue costole appuntite, e l’occhio capace di cogliere dovunque i colori di un fiore, Sumdi, sfrontato e superbo, un vero combattente da strada, e la piccola Guddi, con il suo abito marrone, i braccialetti arancio e la faccia sporca, capace di annullare tutto il brutto del mondo con la sua voce, che canta la bellezza e la purezza dell’amicizia, e lascia a chi legge il dolce sapore della speranza.
E' finalmente uscito l'ultimo romanzo Jezabel, pubblicato postumo da Adelphi, di Irene Némirosvky. E' la triste storia di una donna che vive nel "terrore patologico di invecchiare" e ucciderà per questo. Sullo sfondo, il rapporto della donna con la figlia. Dopo la splendida recensione del libro apparsa su TuttoLibri l'inserto de La Stampa, ho seguito il consiglio di Gabriella Bosco e sono andata a rileggermi una volta finito il primo capitolo... fatelo anche voi. Note di CopertinaDalla penna finissima della grande scrittrice riscoperta in tutto il mondo grazie a Suite francese, la storia di una donna che la paura di non essere più amata spinge al delitto. Quando fa il suo ingresso nell'aula di tribunale in cui verrà giudicata per l'omicidio del suo giovanissimo amante, Gladys Eysenach viene accolta dai mormorii di un pubblico sovreccitato, impaziente di conoscere ogni più sordido dettaglio di quello che promette di essere l'affaire più succulento di quanti il bel mondo parigino abbia visto da anni. Nel suo pallore, Gladys evoca davvero l'ombra di Jezabel, quell'ombra che nell'Athalie di Racine compare in sogno alla figlia, che così la descrive: «Non ne aveva, il dolore, smorzato la fierezza; / aveva anzi, ancora, quella finta bellezza / mantenuta con cure, con espedienti labili, / per riparar degli anni le sfide irreparabili». Sì, è ancora molto, molto bella, Gladys Eysenach: il tempo sembra averla «sfiorata come a malincuore, con mano cauta e gentile», quasi si fosse limitato ad accarezzarla teneramente, e le donne presenti nell'aula si sussurrano con invidia i nomi dei suoi innumerevoli amanti. Ma pochi giorni dopo, allorché vengono pronunciate le arringhe, tutta la sua bellezza pare averla abbandonata, e Gladys è ormai soltanto una donna vecchia e sfinita, che a mani giunte supplica i giudici di infliggerle la pena che merita. La condanna sarà lieve, invece, solo cinque anni: il movente passionale ha fatto sì che le venissero concesse le attenuanti previste dalla legge. Ma qual è la verità - quella verità che Gladys Eysenach ha cercato ad ogni costo di occultare? Qual è il vero movente dell'omicidio da lei commesso? Capace come pochi altri scrittori di scavare nel cuore femminile con implacabile, chirurgica precisione, Irène Némirovsky ci svela a poco a poco il segreto di questa donna che ha desiderato più di ogni altra cosa di sconfiggere il tempo, di rimanere immutabilmente bella, di essere amata per sempre - e che per questo è arrivata a uccidere. «Gladys era circondata da uomini innamorati. A giuramenti, suppliche, lacrime era assuefatta come l'alcolizzato lo è al vino; non le bastavano mai, ma il loro dolce veleno le era necessario come l'unico alimento che potesse tenerla in vita. Non se lo nascondeva. Pensava che una donna non è mai sazia, che è un piccolo animale infaticabile, che un ambizioso può stancarsi degli onori e un avaro dell'oro, ma una donna non rinuncerà mai al suo mestiere di donna. Quando i suoi pensieri correvano alla vecchiaia, questa le sembrava ancora così lontana che la guardava in faccia senza tremare, e si figurava che per lei la morte sarebbe arrivata prima della fine del piacere». Autore: NEMIROVSKY IRENE Titolo: JEZABEL Editore: ADELPHI Prezzo: € 16,50
Cristina Omenetto In&OutDal 2 al 12 maggio 2007Incontro con l’autrice: Lunedì 7 maggio ore 17.30 " E' da un po' che sento che niente può essere più detto che non sia stato già detto sull' "America." E ultimamente sento anche che appena dici qualcosa già non è più vero. "L'America" sembra sfuggire al linguaggio. Sempre di più. Le parole non possono più descriverla. Punto. E le immagini? Peggio ancora! Hanno dovuto arrendersi, in toto. .......... L'America si rifiuta di farsi fissare in immagini. Miracolosamente, potete trovarla nelle fotografie di questo libro. Eccola. Io non so cosa ha fatto Cristina Omenetto per agguantarla. Deve avere fatto queste fotografie in momenti senza tempo, in qualche millisecondo sparito dalla conta. ........... Queste sono "stealth photographs". Mostrano un viaggio nell'invisibibile. L'America." Wim Wenders dall’introduzione all’omonimo libro In&Out di Cristina Omenetto Autore: OMENETTO CRISTINA Titolo: IN & OUT Sottotitolo: CON UNO SCRITTO DI WIM WENDERS Editore: BALDINI E CASTOLDI Prezzo: € 46,48
In occasione del ventennale della casa editrice Iperborea il 3 maggio alle ore 18:30 presso la sala conferenze delle Libreria HOEPLI verrà presentato il libro: PERDUTO IL PARADISO di CEES NOOTEBOOM Introduce Fulvio Ferrari
Una sera d'estate a Sào Paulo in Brasile una donna esce fare un giro in macchina e si ritrova in Australia, coricata a canto a un uomo che dorme. È così che Alma sceglie di racontarsi i fatti per esorcizzare il ricordo di quella terribile notte in cui si è allontanata dalla sua casa nel ricco quartiere Jardins lasciandosi attirare nell'infernale favela di Paraìsoolis, dove viene umiliata e violentata. È in Australia che spei di trovare la guarigione, la riconciliazione con se stessa e cc la vita, in quella terra promessa dell'infanzia che va a cercai con l'amica Almut, nell'illusione che esista ancora quel modo intatto di un'esistenza immutabile fuori dal tempo, il paese degli Aborigeni, del tempo del sogno, dei canti, dei deserti dai nomi come incantesimi. Ma se il vento devastante del storia ha ridotto in macerie anche quel paradiso, forse qualcosa è rimasto in quegli spazi e in quei silenzi dove il sovrannaturale è di casa: è lì, a Perth, dov'è invitato a un festival letterario, che Erik Zondag, disincantato intellettuale olandese in perenne erranza esistenziale, incontrerà Alma tramutai in angelo per una caccia al tesoro in omaggio a Milton e suo Paradiso perduto. Un'apparizione fuggevole e sconvolgente come un'annunciazione, l'incontro con una possibili di armonia, di bellezza e di appartenenza all'esistere che resta l'inappagabile nostalgia dell'anima. Racchiuso tra un prologo in cielo, in aereo, e un epilogo in terra, in treno, sotti non-luoghi da cui l'autore guarda la sua creazione, il romanzo è una meditazione leggera e alta come un volo d'angel che spazia tra i continenti e le più profonde aspirazioni umane: se la perdita è la cifra dell'esperienza, non sta proprio l'essenza della vita, e della scrittura? Non in quell'Eden a cui siamo stati ineluttabilmente cacciati, ma, come nei ver finali del poema di Milton posti a conclusione del romanzi in quel cammino solitario a passi lenti e incerti con cui Ad mo ed Eva si avviano mano nella mano verso il mondo. Dall'anticipazione: Alma e Almut, due ragazze brasiliane di origine tedesca, coltivano un sogno segreto: andare un giorno in Australia, addentrarsi nell’immenso deserto costellato di simboli misteriosi e di luoghi sacri, immergersi nell’enigmatica e affascinante cultura aborigena. Il sogno diventa progetto, salvezza, via di guarigione quando Alma, una notte, capita casualmente nella favela di Paraisópolis e subisce una violenza di gruppo. In fuga da quell’inferno che porta il nome del Paradiso, in fuga dall’esistenza ordinata e borghese del suo quartiere, Jardins, Alma e Almut vanno alla ricerca dell’Eden, del mondo primordiale e carico di senso che si nasconde nel cuore dell’Australia. Ma anche quel paradiso è perduto, una barriera di parole, concetti, immagini, separa il “tempo del sogno” dall’esperienza quotidiana dell’uomo e della donna occidentale. Quasi come un simbolo, una manifestazione visibile di questa distanza incolmabile, un giovane pittore aborigeno accoglie Alma nell’intimità del suo corpo, senza però concederle mai di accedere alla sua interiorità, al suo linguaggio segreto. Ad Alma non resta dunque che farsi angelo lei stessa, seppure in modo piuttosto sorprendente e non convenzionale, e portare nel mondo la luminosità di un’esistenza diversa e più intensa. Romanzo leggero, veloce, e tuttavia denso di riflessione, Il perduto Paradiso intreccia intorno alla figura della protagonista le vicende di persone tra loro distantissime nello spazio e nell’anima, stendendo un reticolo di allusive coincidenze e di racconti sull’intero globo terrestre. Ma, forse, tutto questo non è che la tela illusoria intessuta dal sibillino narratore del prologo e dell’epilogo, osservatore e inventore che apre e chiude il romanzo in un gioco di fantasie e di rimandi, variando il tema dettato, secoli fa, dal maestro Milton. LEGGI LE PRIME PAGINE DEL LIBRO
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