A metà Quattrocento l’Italia vide il fiorire di quella temperie culturale caratterizzata da un rinnovato interesse nella scienza, nella matematica e da una riscoperta dell’uomo come essere razionalmente pensante, che portò successivamente alla grande stagione rinascimentale e che fece sentire il suo influsso su ogni aspetto della produzione culturale, compresa l’arte. È l’epoca in cui teorici come
Leon Battista Alberti e
Luca Pacioli intrecciarono i loro studi con l’opera di artisti quali
Pisanello, Beato Angelico, Donatello e Veneziano, ma soprattutto
Piero della Francesca.
Proprio a questo grande artista
Arezzo dedica un’importante
mostra, che si terrà dal
31 marzo al 22 luglio, e che per la prima volta offre ai visitatori la possibilità di ammirare l’opera di Piero nella sua interezza, dai capolavori esposti nelle sale del museo statale di Arezzo, al meraviglioso ciclo di affreschi con le storie della
Leggenda della Vera Croce, per poi snodarsi nelle varie località in cui l’artista operò nel corso degli anni, dalla natia Borgo San Sepolcro, a Urbino, a Monterchi, dove è visibile la
Madonna del parto..
Mentre nell’Italia settentrionale ci si indirizzava verso la grande stagione coloristica, stimolata da un contatto più diretto con la pittura fiamminga, con un’attenzione particolare alla resa dei colori, nell’Italia centrale maggior interesse suscitavano gli studi sulla prospettiva, sulla linearità e sulla luce. Questi aspetti caratterizzarono la grande scuola toscana, e furono teorizzati dallo stesso Piero della Francesca nel suo trattato
De Prospectiva Pingendi, in cui indica come i tre aspetti principali della realizzazione pittorica “disegno, commensuratio et colorare”, tre capisaldi della sua arte. Soprattutto la “commensuratio”, ovvero la misurazione geometrica e prospettica, fu al centro dei suoi studi, e lo portò a creare composizioni inquadrate in ordinati schemi, giocate su iperboliche creazioni prospettiche, come nella
Flagellazione di Urbino. Quest’opera, dal significato enigmatico, legata alla situazione culturale e storica dell’epoca, è un rebus, che col suo portato di significati criptici non poteva che stimolare la mentre di un signore umanista come Federico da Montefeltro, nella cui corte l’opera fu creata. Nei secoli le interpretazioni di questa tavola si sono susseguite, più o meno convincenti, portando alla pubblicazione di opere come il recente
L’enigma di Piero di Silvia Ronchey.
Piero della Francesca si dedicò per tutta la vita al calcolo della prospettiva e alle teorie matematiche, forse stimolato anche dall’ambiente familiare; non bisogna dimenticare che, venendo da una famiglia di mercanti, per i quali la capacità di calcolare a prima vista misure e pesi era un aspetto basilare dell’ attività commerciale l’occhio di Piero fu abituato sin dalla prima infanzia al calcolo e alla misurazione.
Proprio le sue prospettive,unite ad una resa zenitale della luce, portarono alla creazioni di opere al limite del metafisico, composizioni in cui l’allungarsi delle linee prospettiche, la luminosità dei colori e la resa fisioniomica, priva di un eccessivo espressionismo, creano quasi un senso di distacco dalla realtà, che solo la meticolosa resa del dettaglio, eredità della cultura pittorica fiamminga, restituiscono alla quotidianità dell’epoca.
Il viaggio attraverso l’opera di
Piero della Francesca, pregevolmente narrato da
Edgarda Ferri nella sua opera
Piero della Francesca, il maestro della luce, si lega inestricabilmente con il contesto storico in cui l’artista operò, in quegli anni centrali del XV secolo in cui si susseguirono ondate di peste, guerre, ma in cui soprattutto vide la sua fine l’impero bizantino ad opera dei turchi; questi eventi segnarono profondamente gli uomini del tempo, un tempo di forza e brutalità, ma anche di raziocinio e indagine scientifica. Tutti questi aspetti sono racchiusi nell’opera di Piero, e in modo particolare nel ciclo della
Leggenda della Vera Croce, meravigliosamente restituitoci dopo un restauro protrattosi svariati anni, che ha permesso di riscoprire i colori e la luce caratteristici di questo grande artista, sia nelle assolate scene di battaglia, che nel primo notturno della storia dell’arte, la scena rappresentante il
Sogno di Costantino.
Autori: BERTELLI CARLO; PAOLUCCI ANTONIO
Titolo: PIERO DELLA FRANCESCA E LE CORTI ITALIANE
Sottotitolo: AREZZO, 31 MARZO-22 LUGLIO 2007
Editore: SKIRA
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