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Si conclude oggi, 2 luglio, con la premiazione del vincitore, il Premio Strega 2009, il prestigioso riconoscimento letterario che viene assegnato annualmente a un libro edito in Italia tra l' 1 maggio dell'anno precedente e il 30 aprile dell'anno in corso. Il Premio 2008 è stato assegnato alla grande rivelazione Paolo Giordano
( La solitudine dei numeri primi), passato nell'arco di pochi mesi da sconosciuto rookie del panorama letterario nazionale, a stimatissimo e pluripremiato autore di un sorprendente Best Seller. In attesa di conoscere il nome del vincitore dell' edizione 2009, passiamo brevemente in rassegna i cinque finalisti, nominati lo scorso 11 giugno.
Partiamo con Stabat Mater di Tiziano Scarpa, che ci racconta la storia di Cecilia, una ragazzina orfana ospitata all' Ospedale della Pietà di Venezia, la cui vita, immobile per anni, sembra cambiare quando nell'orfanotrofio compare un nuovo insegnante di violino, un giovane sacerdote il cui nome è Antonio Vivaldi. Proseguiamo con Almeno il cappello di Andrea Vitali, un gustoso spaccato strapaesano dall'Italia profonda, raccontato attraverso la "gloriosa storia" del Corpo Musicale di Bellano... Uno dei favoriti per la vittoria finale è sicuramente Il bambino che sognava la fine del mondo, grande successo di pubblico e di critica: in una città del Nord Italia, i bambini di una scuola materna cominciano ad accusare gli adulti di crimini orrendi. Ben presto, attraverso i Media, il contagio della Paura si estende a tutta Italia, e l'intero Paese comincia a sentirsi minacciato dal Male. L'istinto del lupo di Massimo Lugli si muove a cavallo tra due mondi, vicini eppure distantissimi: il mondo delle ville dei ricchi e quello dei fuochi dei bivacchi dei senza tetto. In mezzo la storia di un ragazzo che divenne Lupo, con sullo sfondo le passioni degli anni settanta. Concludiamo con L'ultima estate di Cesarina Vighy: dal baratro della malattia, dal nucleo più irriducibile e infuocato della vita, arriva la voce di Zeta, la storia della sua vita. Dalla nascita di una bambina fuori dal matrimonio, passando per l'infanzia sotto le bombe, fino all'esperienza della psicanalisi, l'avventura del femminismo, il cammino della malattia.
Si è conclusa ieri, 2 luglio, l'edizione numero sessantatre del prestigioso Premio Strega, l'ambito riconoscimento letterario nato nel 1947 all'interno del salotto letterario di Maria e Goffredo Bellonci. Il trionfatore del 2009, il successore di Paolo Giordano e del suo La solitudine dei numeri primi, è dunque il romanzo Stabat Mater di Tiziano Scarpa, impostosi, non senza il consueto corredo di polemiche tra i grandi gruppi editoriali, sull'altro favorito Antonio Scurati con Il bambino che sognava la fine del mondo, per un solo voto di differenza. Al terzo posto si è classificato il cronista di nera del giornale Repubblica, Massimo Lugli, piazzatosi sorprendentemente sul gradino più basso del podio grazie a L'istinto del lupo. Il successo del libro edito da Einaudi ripropone l'eterno duello tra i grandi gruppi editoriali italiani, con la galassia Mondadori che ha avuto la meglio, come del resto l'anno scorso, su RCS Libri, che pubblicava con Bompiani il libro di Scurati.
Ma vediamo più da vicino il vincitore, Stabat Mater di Tiziano Scarpa. Il meccanismo del racconto è quello di una lunga lettera che una ragazzina sedicenne scrive alla madre che l'ha abbandonata da bambina. Cecilia, questo è il suo nome, vive in un orfanotrofio, nell' Ospedale della Pietà di Venezia, dove ha imparato a suonare il violino: si tratta di un esercizio un po'vuoto, senza passione né amore, svolto un po' per caso e per dovere. Simile, in fondo, alla sua esistenza. Le cose sembrano cambiare quando all'orfanotrofio fa capolino un nuovo compositore e insegnante di violino, un giovane sacerdote dai capelli rossi e dal naso ingombrante, il cui nome è Antonio Vivaldi. Grazie al confronto con il nuovo arrivato, Cecilia inaugurerà un nuovo rapporto con l' Arte e con la Musica, scoprendo aspetti inaspettati della propria personalità, troppo a lungo repressa. In questo modo potrà trovare il suo percorso nella vita, arrivando a compiere un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.
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