Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
E' finalmente uscito l'ultimo romanzo Jezabel, pubblicato postumo da Adelphi, di Irene Némirosvky. E' la triste storia di una donna che vive nel "terrore patologico di invecchiare" e ucciderà per questo. Sullo sfondo, il rapporto della donna con la figlia. Dopo la splendida recensione del libro apparsa su TuttoLibri l'inserto de La Stampa, ho seguito il consiglio di Gabriella Bosco e sono andata a rileggermi una volta finito il primo capitolo... fatelo anche voi. Note di CopertinaDalla penna finissima della grande scrittrice riscoperta in tutto il mondo grazie a Suite francese, la storia di una donna che la paura di non essere più amata spinge al delitto. Quando fa il suo ingresso nell'aula di tribunale in cui verrà giudicata per l'omicidio del suo giovanissimo amante, Gladys Eysenach viene accolta dai mormorii di un pubblico sovreccitato, impaziente di conoscere ogni più sordido dettaglio di quello che promette di essere l'affaire più succulento di quanti il bel mondo parigino abbia visto da anni. Nel suo pallore, Gladys evoca davvero l'ombra di Jezabel, quell'ombra che nell'Athalie di Racine compare in sogno alla figlia, che così la descrive: «Non ne aveva, il dolore, smorzato la fierezza; / aveva anzi, ancora, quella finta bellezza / mantenuta con cure, con espedienti labili, / per riparar degli anni le sfide irreparabili». Sì, è ancora molto, molto bella, Gladys Eysenach: il tempo sembra averla «sfiorata come a malincuore, con mano cauta e gentile», quasi si fosse limitato ad accarezzarla teneramente, e le donne presenti nell'aula si sussurrano con invidia i nomi dei suoi innumerevoli amanti. Ma pochi giorni dopo, allorché vengono pronunciate le arringhe, tutta la sua bellezza pare averla abbandonata, e Gladys è ormai soltanto una donna vecchia e sfinita, che a mani giunte supplica i giudici di infliggerle la pena che merita. La condanna sarà lieve, invece, solo cinque anni: il movente passionale ha fatto sì che le venissero concesse le attenuanti previste dalla legge. Ma qual è la verità - quella verità che Gladys Eysenach ha cercato ad ogni costo di occultare? Qual è il vero movente dell'omicidio da lei commesso? Capace come pochi altri scrittori di scavare nel cuore femminile con implacabile, chirurgica precisione, Irène Némirovsky ci svela a poco a poco il segreto di questa donna che ha desiderato più di ogni altra cosa di sconfiggere il tempo, di rimanere immutabilmente bella, di essere amata per sempre - e che per questo è arrivata a uccidere. «Gladys era circondata da uomini innamorati. A giuramenti, suppliche, lacrime era assuefatta come l'alcolizzato lo è al vino; non le bastavano mai, ma il loro dolce veleno le era necessario come l'unico alimento che potesse tenerla in vita. Non se lo nascondeva. Pensava che una donna non è mai sazia, che è un piccolo animale infaticabile, che un ambizioso può stancarsi degli onori e un avaro dell'oro, ma una donna non rinuncerà mai al suo mestiere di donna. Quando i suoi pensieri correvano alla vecchiaia, questa le sembrava ancora così lontana che la guardava in faccia senza tremare, e si figurava che per lei la morte sarebbe arrivata prima della fine del piacere». Autore: NEMIROVSKY IRENE Titolo: JEZABEL Editore: ADELPHI Prezzo: € 16,50
James Othmer è l’autore de L’uomo che vendeva il futuro e manager di una delle più note ed importanti agenzie di pubblicità nel mondo, la Young & Rubicam. Esperto di comunicazione, di tendenze, di cosiddetti stili di vita emergenti, ha dedicato il suo primo romanzo alla figura quantomeno insolita ma assolutamente reale di un uomo che, di mestiere, annuncia il futuro. Il protagonista Yates vive tra interviste, meeting e congressi, confeziona discorsi, crea slogan, e gira i cinque continenti anticipando cosa il mondo vivrà nel suo futuro: quali mode, quali trend, quali prodotti, quali pensieri. Il suo lavoro è leggere il mondo, catalogarlo, capirlo e annunciarne le novità, possibilmente prima degli altri: vende ottimismo e aforismi a governi, uomini politici, aziende, associazioni, gruppi religiosi, a chiunque, insomma. Yates anticipa e vende. Finché un giorno non ci crede più. Nel pieno di un mega convegno di Futureworld a Johannesburg, di fronte a una platea internazionale di esperti giunti da ogni paese per ascoltare lui e le sue ottimistiche visioni, dichiara la sua ignoranza, la sua completa incapacità di capire il mondo presente, figuriamoci quello futuro. Si scatena il finimondo, ne parlano i telegiornali dell’intero globo, Yates finisce anche pestato e sanguinante. La sua carriera è finita, e Yates spera con questo gesto conclusivo di essersi liberato dalla schiavitù di una missione che ormai gli pesa. Tra l’altro la fidanzata l’ha lasciato (beffa delle beffe) per un professore di storia. Per Yates è tempo di cambiare, fermandosi e riflettendo – stavolta - sul suo presente. Ma il mondo del capitalismo e del pensiero moderno è capace di superare se stesso, e Yate è automaticamente riabilitato. Sul suo esempio nasce addirittura un nuovo trend, (perché ormai qualsiasi cosa si trasforma in moda): il suo outing crea la Coalizione degli Ignari, con tanto di sito, blog, associazione e associati esaltati dalla novità. Chiusa la parentesi “futurista”, Yates viene assunto da oscuri personaggi governativi, e diventa osservatore per l’America: in ogni parte del mondo, dalla Groenlandia all’Italia, dai paradisi del surf agli stati Arabi, il suo nuovo e misterioso lavoro è capire cosa la gente pensa degli americani e della loro cultura, e interpretare quali sono le Minacce e le Opportunità emergenti per l’America. L’uomo che vendeva il futuro è un romanzo sociale, ironico, sarcastico e attualissimo, sulla nullità e sulla presunzione del mondo, e sull’assurdità e inconsistenza di molti aspetti della nostra vita, soggetta ai mass media e schiava della politica – e delle politiche - del business. Lo stile di James Othmer è pungente e immediato, sa colpire a fondo ma col sorriso della provocazione: il suo debutto letterario merita davvero una lettura, e qualche buona riflessione.
Margaret Lea è una giovane libraria di Cambridge, che conduce una vita quieta e colta, divisa tra l’attività della sua libreria antiquaria e la passione per le biografie letterarie. Un giorno Margaret riceve una strana lettera che, senza troppe spiegazioni, la convoca nella residenza della più grande scrittrice d’Inghilterra, Vida Winter. Personaggio affascinante circondata da tanti misteri, la Winter, ormai al termine dei suoi giorni, vuole svelare tutti i segreti del suo passato, e ha scelto la giovane e inesperta Margaret come sua biografa; solo a lei racconterà la verità sulla sua vita. Margaret è perplessa dell’incarico per il quale non si sente all’altezza, ma, affascinata dal carisma della scrittrice, e dal gusto del mistero, si trasferisce nella bella casa dell’anziana signora, nel mezzo della brughiera dello Yorkshire, e qui, ogni mattina alle 9, nella calda biblioteca, ne ascolta i lunghi e sofferti racconti. Affiorano così, nel corso di questi incontri, tutti gli episodi, fino allora sepolti nel profondo della memoria, dell’esistenza della Winter e della sua complessa famiglia, segnata da tragedie e scomparse, dolori e storie d’amore, con sullo sfondo una splendida magione di campagna con giardino segreto annesso. I racconti stregano la fantasia di Margaret, ansiosa di scoprire la verità sulla reale identità della donna, e sull’esistenza del tredicesimo racconto da lei mai pubblicato, e tenuto nascosto. Man mano che la storia si infittisce, e il mistero si complica, Margaret si lega in un sentimento di profonda amicizia e compassione all’anziana, e spigolosa, narratrice. Margaret e Vida sono due donne diversissime che si fronteggiano, unite – si scoprirà leggendo - da più di un segreto, e da tanti fantasmi del passato. Tanto pathos, e una misurata introspezione, sono alla base di questo romanzo al femminile: su tutto spicca la fascinosa e struggente figura di Vida Winter, un tempo bellissima creatura dagli occhi color smeraldo, ormai debole e sofferente spettro, cui rimangono intatti solo lo sguardo magnetico e penetrante, e l’elegantissimo e regale trucco viola. La tredicesima storia è nel complesso un bel romanzone che si gusta con piacere, con tanti misteri e qualche ben congeniato colpo di scena, che arriva a scomodare i tratti di Jane Austen e delle sorelle Brontë, ammiccando qua e là agli spettri di Henry James. Nel verde – e nella nebbia - dello Yorkshire, tra il profumo dell’erba bagnata e quello della cioccolata calda fumante, Diane Setterfield racconta una storia di grande suggestione e mistero, che alterna le atmosfere dei grandi capolavori ottocenteschi coi guizzi dei più attuali thriller letterari. Assolutamente da leggere in un bel pomeriggio di vacanza con the e torta allo zenzero.
Furti d’arte e di cuori, contraffazioni, autenticazioni di capolavori e presunti tali, galleristi senza scrupoli….c’è tutto questo nel Furto. Una storia d’amore di Peter Carey. Un ritratto cinico e grottesco del mondo dell’arte contemporanea e un viaggio divertentissimo tra Australia, Tokyo, New York, al seguito di un gruppo improbabile di artisti e truffatori. Butcher Boone è un ex artista, ex famoso, ex quotato pittore australiano, in disgrazia dopo un matrimonio fallito, qualche drink di troppo e la galera. Con lui vive il fratello Hugh, omone malato di mente, soggetto a improvvisi scatti di violenza, ma capace anche di disarmanti delicatezze di pensiero laterale e di poesia. Il romanzo è costruito dalle loro due voci che narrano e commentano: i due fratelli raccontano, ognuno a suo modo, la storia della riabilitazione e rinascita dell’uomo e dell’artista Butcher, attraverso la storia d’amore artistica per il genio del grande pittore Leibovitz, e la storia d’amore fisica per la giovane Marlene, nuora di Leibovitz e grande truffatrice. Quando Marlene capita, nel mezzo di un temporale, a casa dei fratelli Boone, nella fattoria presso Sidney, scombina totalmente il loro già pericolante e labile equilibrio di vita. E’ bella e sexy, è vestita alla moda, e spudorata. Una femme fatale, e una detonazione nella vita dei due fratelli, furioso e affascinante uno, dolcissimo e obeso l’altro. Con lei partono, inseguendo opere d’arte, frequentando gallerie trendy e localacci malfamati, scassinando appartamenti e stringendo accordi con collezionisti giapponesi. Ci scappa anche il morto, tra una perizia e una scazzottata, un interrogatorio della polizia e una disquisizione sui toni del verde, quelli che fanno “il vero artista”. Mentre Marlene e Butcher si affannano a ricostruire la fama da lui perduta, recuperando quadri e qualche soldo, Hugh si trascina dovunque una sedia, dalla quale guarda il mondo, e lo commenta con spirito caustico e lucidissimo nella sua anomalia. La scrittura di Peter Carey è originale e potente, e il romanzo ha dei buoni sussulti bukowskiani, che divertono e affascinano. Nel complesso la lettura del Furto. Una storia d’amore ha il pregio raro dell’originalità e il fascino dell’insolito, non si legge facilmente, e talvolta può lasciare poco convinti nella successione degli eventi e nella pedanteria delle descrizioni. Ma l’alternanza delle voci narranti è irresistibile, e non manca di tratti di vera comicità: i monologhi dei due fratelli Boone danno prova di vero umorismo e di una vena creativa capace di risultati paradossali estremamente efficaci.
Mi è capitato di seguire, all'ultima Fiera del libro di Torino, la presentazione della nuova opera di Fabio Stassi, giovane e interessante autore romano: di lui mi ha colpito senza dubbio un atteggiamento che definirei quasi "ascetico", un'umiltà d'altri tempi da intellettuale antico, una devozione forse monastica al proprio lavoro, che ne definisce a mio avviso il carattere e l'opera. Bibliotecario all' Università la Sapienza di Roma, Fabio Stassi parla del suo processo creativo come di una sorta di "pendolarismo letterario": scrive infatti quasi soltanto sul treno che ogni giorno lo porta dalla città in cui abita, Viterbo, a quella in cui lavora, Roma. Una "scrittura errante" che sembra riflettersi nell'oggetto della sua creazione, in particolare nel protagonista del suo bel romanzo, E' finito il nostro Carnevale: Rigoberto Aguyar Montiel è un apolide, anarchico e senza terra, "nemico dell'ordine costituito ma amante del calcio e delle donne". In una Parigi da cartolina, negli anni '20 del '900, Rigoberto s'innamora della bella Consuelo, modella che presterà le sue fattezze per la creazione della Coppa Rimet, la prima e più bella Coppa del Mondo. Scomparsa misteriosamente la ragazza, Montiel prometterà a sè stesso di rubare il trofeo, trasformandolo nel simbolo delle speranze deluse di tutti gli uomini: "rubare la coppa Rimet" rappresenterà per Rigoberto uno "sberleffo planetario alla dittatura", a ogni dittatura. Sarà un lungo inseguimento in giro per i continenti, un percorso ricco d'incontri con la Storia e i suoi personaggi, con la letteratura e soprattutto con un Calcio mitico, romantico per definizione, e ormai scomparso. Il Calcio di Garrincha, la cui storia costringe alle lacrime l'intero popolo brasiliano; il Calcio "dell'uomo che vestiva una casacca verde oro: l'erba sotto i chiodi del piede impallidiva al passo zoppo"; o il Calcio misterioso di "un arbitro che non fischiava mai la fine delle partite che gli piacevano". Una sarabanda di figure e magie dal sapore antico: come una vecchia fotografia ingiallita, il mondo di Stassi, sospeso tra un passato che affascina e un presente che appare come privazione, perdita, sconfitta della passione e della fantasia. Non più sogni di bambini, nè più il sole a illuminare un campo da calcio in terra battuta, nella periferia della nostra città interiore: e allora ci chiediamo, è davvero finito il nostro carnevale?
Note di Copertina"Trovare un amico, si dice, è trovare un tesoro. Noi l'abbiamo trovato questo amico: Kostas Charitos. E ve lo presentiamo e ve lo raccomandiamo. Caldamente." (Antonio D'Orrico, Sette) "Ritornato, ruvido, abbagliante e angosciante. Un ritratto acutissimo dell'Atene di oggi. Ne vorremmo altri." (Le Monde) Ultime della notte è il libro di Markeris in cui "nasce" il commissario Kostas Charitos. Il commissario Kostas vive ad Atene, legge solo dizionari, fa fatica ad arrivare a fine mese, vive il suo matrimomio come una continua "battaglia", la moglie ha sviluppato una dipendenze verso telefilm polizieschi e l'adorata figlia studia e vive a Salonicco con l'odiato fidanzato Panos. Il libro è un giallo, ben architettato, avvincente, in cui Atene e il suo infernale traffico fanno da sfondo alle vicende di immigrati clandestini ed ex spie dell'Europa dell'Est, trafficanti d'organi e cronisti troppo curiosi. Una lettura piacevole, grazie a Gianni per la segnalazione ... mi sa che leggerò anche gli altri della serie! Ecco i libri di Markaris con Kostas Charitos in rigoroso ordine di lettura:ULTIME DELLA NOTTE Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANIDIFESA A ZONA Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANI SI E' SUICIDATO IL CHE Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANILUNGA ESTATE CALDA DEL COMMISSARIO CHARITOS (LA) Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANI
Cosa può sconvolgere la vita di un grigio e prevedibilissimo insegnante di lingue classiche di Berna? Raimund Gregorius è un filologo, un vero erudito, stimato professore dai pesanti occhiali e dall’aspetto trasandato, che i colleghi considerano pedante ma affidabile, e gli studenti si divertono a provocare, anche con telefonate nel cuore della notte, per metterne bonariamente alla prova la cultura e la memoria classica. Un uomo solido, che conduce, solo, una vita con tanti libri e senza troppi scossoni. Poi, in una mattina di pioggia, vede una donna su un ponte, che guarda nel nulla, forse si vuole buttare; Gregorius teme il peggio e la ferma. La donna è “portoguês”: la dolcezza della parola, pronunciata in una lingua straniera, apre una crepa, di mistero e di fascino, nel cuore di Gregorius. La donna dopo poco scompare, ma la crepa rimane, e quando, in una libreria antiquaria, Gregorius si trova tra le mani un piccolo libro scritto in portoghese e intitolato “Un orafo delle parole”, capisce che qualcosa di nuovo ha invaso la sua vita. Il libro risulta essere scritto da Amadeu Inácio de Almeida Prado, di Lisbona. Gregorius se ne fa leggere una frase dal proprietario della libreria: “se possiamo vivere solo una piccola parte di quanto è in noi, che ne è del resto?”. A Gregorius crollano le barriere e le difese della sua vita protetta: abbandona la scuola, abbandona la sua casa e Berna. Sale su un treno diretto a Lisbona: lui, attento e razionale, sa che lo sta guidando la follia, forse, senz’altro l’insensatezza della ricerca di qualcosa che non ha un nome né un volto. Ma solo un suono dolce: “portoguês”. A Lisbona Gregorius si muove lentamente e faticosamente, imparando la lingua e la città, prima maldestramente poi con progressiva sicurezza di sé, sulle tracce di Amadeu e della sua storia. La sua ricostruzione lo porterà a conoscere i segreti del passato di Amadeu, stimatissimo medico al tempo della dittatura di Salazar, a metà degli anni 60, caduto in disgrazia dopo aver curato il boia Mendes, e riabilitato per aver militato nelle fila della resistenza. Nelle pagine del libro di Amadeu, Gregorius legge pensieri e riflessioni sulla vita, scritte nei momenti più difficili del suo percorso, che diventano per lui una guida attraverso il dolore, l’orgoglio, e la coscienza di se stesso. Sono pagine dense, fitte, ognuna delle quali induce a riflettere. Sono la parte più convincente del romanzo. Guidato dalla sua capacità di filologo, Gregorius rivive la vita di Amadeu attraverso gli incontri, i luoghi, le persone che l’hanno conosciuto, spingendosi da Lisbona a Coimbra fino a Cabo Finisterre, dal consultório azul al Liceu, dai luoghi delle torture del periodo nero della dittatura, ai saloni dell’aristocrazia. Quello di Gregorius è un viaggio che nasce come costruzione del passato, per diventare una scoperta di sé e del senso di libertà e coraggio che fanno parte della vita, qualunque essa sia. E il ritorno a Berna è un traguardo di consapevolezza e sfida, perché “la vita non è ciò che viviamo; è ciò che ci immaginiamo di vivere”. Un libro che in alcune parti sembra rallentare e perdere l’efficacia della narrazione, ma nel complesso lascia soddisfatti, soprattutto per i ritratti, dolorosi, struggenti e delicatissimi delle persone incontrate da Gregorius, ognuna con i segni e le cicatrici di una vita vissuta con pienezza e intensità. TRENO DI NOTTE PER LISBONA Autore: MERCIER PASCAL Editore: MONDADORI
Un anno da dimenticare, un amore andato male, lo stress del lavoro, un po’ di stanchezza,… e allora si parte. Agosto 2006: quattro ragazzi trentenni, quattro vespe “d’annata”, la voglia di divertirsi insieme, e tanta semplicità. Un progetto “zingarata”: da Corso San Gottardo a Milano fino a Palermo, con le amiche Vespe, ritoccate qua e là per l’occasione. Ma non aspettatevi Easy Rider: ne Il rettilineo è una tortura non c’è trasgressione e ribellione. C’è l’estate e l’amicizia, l’amore per la mitica Vespa, e il senso di libertà che solo la vacanza in compagnia può dare. Se ribellione c’è, è ribellione dalla routine, dall’orologio, dal conformismo: meglio un sacco a pelo, e una notte in spiaggia, liberi di sognare. Una storia normale di quattro ragazzi, un po’ spacconi e un po’ poeti, malati di moto e di amicizia. La loro è un’avventura di risate, corse in Vespa sulle provinciali d’Italia, incontri, gran bevute e tramonti che entrano nel cuore. Il libro è il diario delle loro giornate sulle strade d’Italia, scritto in eguale misura da tutti ma come un’unica voce. E con un patrocinio d’eccezione: basta un’email a radio Deejay, con la quale i quattro vespisti annunciano il loro piano, a incuriosire la redazione. E così le tappe del viaggio sono seguite con collegamenti quotidiani, e i quattro diventano pure famosi, con la gente che li ferma “siete voi quelli della radio?”. Perché questi ragazzi ci sanno fare, sono brillanti, pieni di vita, davvero simpatici, e ad ogni tappa lasciano un nuovo amico, e anche qualche fan. Un libro semplice, un diario di trentenni veri, che conoscono (ancora) il gusto di una bella risata, il piacere della bella musica, l’emozione davanti agli occhi di una ragazza, e la poesia di un tramonto siciliano. Da leggere per prepararsi alle vacanze, anche se non si capisce nulla di motori: si impara qualcosa in più dell’Italia a bordo delle Vespe di Raffaele “Capobanco”, Mirko detto il Cele, Carlo e Nicola. Un paese che è fatto anche – per fortuna – di grandi ospitalità, di luoghi genuini, di bella natura e posti ancora da scoprire, una bella sfida all’italietta da pensione completa e rotocalchi sotto l’ombrellone. Una ventata di vacanza, e di aria buona. Autore: CORONA RAFFAELE; SONETTI MIRKO; NAHUM CARLO; INGEGNERI NICOLA Titolo: RETTILINEO, UNA TORTURA. (IL) VIAGGIO INVESPA DA MILANO ALLA SICILIA IN DIRETTA SU RADIO DEE JAY Editore: FBE Pubblicazione: 03/2007 Numero di pagine: 191 Prezzo: € 13,00
E' da poco uscito, Nido vuoto, l'ultimo libro di Alicia Giménez-Bartlett con la favolosa ispettrice Petra Delicado. Come sempre il libro è ben scritto e le prime pagine sono molto divertenti [il furto della borsa dell'ispettrice nel centro commerciale mentre Pedra fa pipì è un bel colpo..] ma nonostrante abbia letto tutti i suoi libri, non sono sicura che leggerò i prossimi ... un'amica mi dice che in spagna è partito il serial TV con Petra protagonista ... devo dire che me ne ero accorta! Dalla quarta di copertina: "Difficile immaginare Petra Delicado in un centro commerciale, «il solo luogo al mondo in cui tutto coesiste in insensata contiguità». Lei, che sembra trovare ordine e serenità, che sembra ricavare energia dai brulicanti paesaggi delle vecchie strade, che sembra orientare il suo intuito solo nella commedia umana dei quartieri cittadini. Come un Maigret cresciuto nell’orgoglio femminista, che ha bisogno di fiutare le case, le botteghe, le atmosfere. E infatti in un centro commerciale, mentre insolitamente fa provviste e depreca i tempi, le capita l’inaudito: «La mia Glock era sparita. Farsi rubare la pistola da una bambina, il colmo del ridicolo per un poliziotto». Così, questo nuovo caso per lei e per il fido vice Garzón, inizia nella maniera più banale, sulle tracce di una minuscola ladra di pistole di non più di otto anni. Che rapidamente però la conduce in uno dei soliti inferni, covanti sottotraccia, in cui, procedendo tra qualche cadavere e passi falsi, si immerge la sua inchiesta di strada. Percorsi che seguono, si direbbe, un contenuto latente e uno manifesto: essendo manifesto il fine di sconfiggere il crimine e i criminali (qui un disgustoso e pietoso caso di sfruttamento infantile); ma strisciando al di sotto, una, molto ironica e molto feroce, critica al conformismo sociale che rende più inquietante ogni delitto. Ed è questo incantevole incastro di elementi e registri diversi che ha fatto dei romanzi gialli di Alicia Giménez-Bartlett, e della sua dura detective, insieme all’immancabile vice, Fermín Garzón, un caso letterario seguito dalla critica e amato dai lettori. Il movimento realistico e scabro dell’indagine poliziesca; un dialogo da commedia di puro divertimento, soprattutto incardinato nei duetti con Garzón, un Sancho Panza di carattere e ideologia opposti al suo Don Chisciotte femmina; un gusto per la scena che si esprime nella innumerevole galleria di personaggi, maschere che affollano le quinte dell’intrigo criminale." Tutti i libri di Alicia Giménez-Bartlett: Giorno da caniMessaggeri dell'oscuritàMorti di cartaRiti di morteSerpenti nel ParadisoUn bastimento carico di risoIl caso del lituanoUna stanza tutta per gli altriVita sentimentale di un camionistaSegreta Penelope
Un Capote adolescente, sensibile e solitario, parla dalle pagine de L’arpa d’erba, raccontando un episodio della sua vita: quando, orfano di madre, viene affidato a due sorelle zitelle, Verena e Dolly Talbo, in una grande casa sconquassata nella provincia americana. Siamo negli anni 40. Dolly, che ama i dolci e si circonda di oggetti rosa, raccoglie erbe nel bosco e produce un farmaco contro la idropisia, con una ricetta segreta, memoria di un incontro con tre zingare: la sorella, alta, magra, arcigna e androgina, un po’ gelosa, vuole prendere in gestione l’attività, industrializzandola e sottraendola a Dolly. Ne nasce una lite tra sorelle, il genere di lite che solo tra sorelle può degenerare fino alla spaccatura. In gioco c’è l’affermazione della propria personalità e della libertà. E allora la fuga di Dolly, cappello di velluto e veletta “come quando si parte”, seguita dal giovane Capote. Con loro l’amica Catherine, che parla un linguaggio confuso, perché senza denti, unita a Dolly (Dollycara) da un amore totale. Hanno dolci, pollo, uvaspina e un mazzo di carte. Ma dove andare? Li accoglie una casa sul sicomoro, un nido di innocenza e di sogno, dove combattere i prepotenti, immaginare un amore per Dolly – con il vecchio giudice Cool, personaggio struggente, saggio e poetico – e annusare gli odori del bosco. Li raggiunge il giovane Riley Henderson, coetaneo di Capote, violento, un po’ smargiasso, cacciatore e donnaiolo, in verità capace di far emergere dolcezza, senso della giustizia e anche qualche sprazzo di sentimentalismo. In molti li osteggiano, con brutalità e volgarità, incapaci di leggere l’umanità del piccolo gesto di protesta e libertà: altri li aiutano e sono personaggi caldi, veri e intensi, come la fornaia County, un donnone che regala abbracci bianchi e profumati di farina. Nel bosco risuona anche la dolcezza del suono di un violino, suonato per gli amici del sicomoro da Maude Riordan, la ragazzina segretamente amata da Capote, grandi occhi neri e capelli biondo platino, pallidi “come il mattino”. Un racconto agreste, di nostalgia provinciale, delicato e umanissimo, che, attraverso la penna ironica di Capote, si illumina di tratti indimenticabili, efficaci perché vividi e sorprendentemente reali pur nell’atmosfera quasi fiabesca del bosco e dei suoi improbabili abitanti. Dalla casa di legno sul sicomoro, L’arpa d’erba si nutre di dissapori familiari, amicizie e gelosie, amori e meschinità, giovani tradimenti e vecchie prepotenze. Sullo sfondo la collina e i campi di saggina, battuti dai venti dell’autunno che evocano il sapore di una musica umana, un’arpa di voci….”Senti? E’ l’arpa d’erba che racconta qualche storia. Conosce la storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, e quando saremo morti racconterà anche la nostra”. Basta saper ascoltare. CAPOTE TRUMAN ARPA D'ERBA (L') GARZANTI LIBRI Prezzo: € 5,90
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