Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
È innegabile che Sandrone Dazieri, oltre ad aver scritto libri in serie (la saga del “Gorilla”, per intenderci), meriti lettori in serie: io sono indiscutibilmente una di questi. È STATO UN ATTIMO, però, esce (magari temporaneamente) dalla serie, e fa sperare bene, molto bene. E, soprattutto, può essere gustato appieno anche senza aver (ancora) letto gli altri quattro romanzi già pubblicati. Ho molto apprezzato che ci siano alcuni dei personaggi di contorno dei libri precedenti (l’avvocato Mirko Bastoni, la fidanzata del Gorilla Valentina, l’Elefante…), quasi che il lettore affezionato non se ne abbia a male, e non si senta abbandonato alla solitudine, abituato come è agli strampalati personaggi che di solito gravitano intorno al Gorilla. La vicenda è costruita ricorrendo a un escamotage letterario caro a Dazieri, e molto ben orchestrato, intorno a una scissione schizoide, non più soltanto tra due personalità, ma tra due archi temporali tenuti separati dall’amnesia del personaggio principale: Santo Denti (“ un uomo con un nome da cartellino di reliquia”), e, contemporaneamente, tra due tipologie umane agli antipodi (il pusher di piccolo taglio, Santo “Trafficante”, e il pubblicitario di successo con casa in centro, fidanzata bella e ricca, SUV, beneficenza, e amante nascosta e da tener nascosta, soprattutto). Il tutto all’interno di una storia che, nell’arco di una sola settimana, deve svelare il mistero legato tanto all’amnesia, quanto all’uccisione del presidente della grande agenzia pubblicitaria, della quale uccisione, ovviamente, Santo è più che sospettato. E se non fosse sufficiente, la fuga da un misterioso attentatore che vuol fargli saltare la testa… Da milanese, mi ha sorpreso e divertito assistere allo stupore e all’amarezza del protagonista, che si vede intorno cose nuove, dopo quattordici anni di buco da amnesia, vissuti con uno stile all’opposto rispetto alla sua memoria: i quartieri ghetto di Milano, le eterne impalcature tappezzate di enormi pubblicità, i nuovi nomi di vecchie banche a sostituire negozi storici della città, ma anche il dominio incontrastato di cellulari (“ impara: sms”), internet a tappeto (“ impara: google”), l’euro, la guerra per la democrazia e la libertà in Iraq, e così via. Da non perdere. DAZIERI SANDRONE E' STATO UN ATTIMO MONDADORI
Giovedi 18 gennaio 2007ore 17.30Presso la Sala conferenze Libreria Internazionale Ulrico Hoepliincontro conLARRY FINKIn occasione del suo passaggio in Italia, Larry Fink, fotografo di fama internazionale ed esponente di spicco nella fotografia contemporanea per le sue indagini sociali e nel mondo del Jazz, la Libreria Internazionale Ulrico Hoepli e l’editore Damiani, che ha realizzato il volume Somewhere There’s Music, hanno il piacere di ospitarlo per un incontro pubblico. Il suo stile secco e teatrale produce una immagine in bianco e nero densa di significato, dei “manufatti”, termine che gli studiosi di estetica contamporanei attribuiscono alla trasformazione delle immagini fissate su pellicola in espressione socialmente ed esteticamente significativa. Il raggiungimento di questo obiettivo affianca il lavoro del fotografo ai nomi più importanti della fotografia quali Paul Strand, Henri Cartier-Bresson, Sebastiao Salgado, Andrè Kertész per citarne solo alcuni. Interverranno il giornalista Roberto Mutti e il critico musicale Guido Michelone. Larry Fink, professore di fotografia al Bard College, è stato per due volte titolare di una National Endowment for the Arts Fellowship e di una Guggenheim Fellowship, con mostre personali presso il Museum of Modern Art e il Whitney Museum di New City, il San Francisco Museum of Modern Art, il Musée de l’Elysée in Svizzera, e in altri musei di tutto il mondo. Nel 2002, Larry ha ricevuto una laurea honoris causa di Doctor of Fine Arts dal College for Creative Studies di Detroit, Michigan. I suoi lavori sono apparsi sulle più importanti pubblicazioni, come Vanity Fair, W, The New York Times Magazine e The New Yorker. Tra i precedenti libri di Larry vanno ricordati: Social Graces, pubblicato per la prima volta nel 1984 e quindi riedito nel 2001, Boxing (1997), Fish and Wine (1997), Runway (2000), The Forbidden Pictures (2004), Larry Fink (Phaidon, 2005) e Primal Elegance (2006).
Sabato 13 gennaio ore 17,45LIBRERIA INTERNAZIONALE ULRICO HOEPLIpresentazione del volume di Marta Appiani
“Il tabù linguistico è il fenomeno che riesce a spiegare meglio di ogni altro quanto sia illusoria la considerazione che tutto quanto appartiene alla langue, all’istruzione, ad ogni sistema di rappresentazioni condivise, ad ogni formazione simbolica, abbia la caratteristica della fissità e della neutralità” Intervengono: Roberto Giacomelli, Professore ordinario di Linguistica generale, Università degli Studi di Milano Ugo Fabietti, Professore ordinario di Antropologia Culturale, Università Bicocca di Milano Marcello Cesa-Bianchi, Fondatore dell’Istituto di Psicologia della facoltà di Medicina, Università degli Studi di Milano LIBRERIA INTERNAZIONALE ULRICO HOEPLIVia Hoepli, 5 20121 MilanoTel.02/864871 Ingresso libero fino ad esaurimento postiSeguirà cocktail
Quest'oggi il giornalista Andrea Bosco, curatore della rubrica culturale Libri del TG3 Lombardia, ha registrato il suo servizio dalla Libreria Internazionale Ulrico Hoepli. I nostri clienti hanno accolto divertiti il piacevole "diversivo".
Una tempesta di neve si scatena vicino a Tokyo, e un aereo è costretto a rimanere fermo per una notte intera in aeroporto. Viene trovata una sistemazione in albergo per quasi tutti i passeggeri, ma tredici rimangono senza un letto, e devono attendere l’alba e il volo seguente accampati nella sala partenze. Poche ore, impreviste e indesiderate, separano i tredici passeggeri dalla partenza, e dal ritorno alla normalità: la sosta forzata in compagnia di estranei, diversissimi tra loro, non è gradita a nessuno e il nervosismo cresce. Qualcuno lancia un’idea, di antico sapore ed eterna magia: raccontarsi a turno delle storie per ingannare il tempo e il buio della notte. E’ questa la cornice del libro Tokyo Cancelled del giovane Rana Dasgupta, un Decameron moderno, multirazziale e multiculturale. Dal “non-luogo” rappresentato dall’aeroporto, le 13 storie attraversano tempi, paesi e tradizioni diverse, dove oriente e occidente si susseguono, si alternano e talvolta si intrecciano, in un flusso di fantasia e immaginazione. Così la spiritualità visionaria dell’oriente prende forma in alcune favole che hanno il sapore della parabola, come nella prima incantevole storia del mercante di vesti, o nella vicenda, misteriosa e fantastica, del miliardario indiano che non conosce il sollievo del sonno. L’occidente si anima degli incubi dell’indifferenza e del malessere individuale moderno: il business dell’età contemporanea è rappresentato dal raccogliere e rivendere i ricordi alla gente, che per cause ignote li sta inesorabilmente perdendo: è questo il lavoro del giovane Thomas, in una Londra post-moderna che annulla le identità. Misticismo, magia, incontro tra reale e surreale sono la chiave di lettura di molti dei tredici racconti: dove si incontrano cartografi tedeschi e mappe capaci di imprigionare, donne mute che parlano con la mente, biscotti che hanno il potere di trasformare le persone, dando vita a sogni di capitalismo autodistruttivi, bambole oggetto di desiderio erotico, che conducono alla perdizione e all’isolamento, Parigi colpita dal vaiolo in una storia fantastica di amicizia, immortalità e umanità. All’alba i tredici viaggiatori-narratori si ricompongono, valigie e carte d’imbarco alla mano: c’è calore, ma anche un po’ di disagio, al risveglio da un torpore che li ha portati a stringersi un po’ troppo, ad avvicinarsi gli uni agli altri grazie alla parola e alla fantasia. La normalità si frappone nuovamente tra di loro, ognuno riacquista la propria maschera di estraneo, e si confonde tra le decine di passeggeri all’imbarco, arricchito di sogni e parole. Al lettore Tokyo Cancelled lascia il gusto di qualcosa di antico ma al tempo stesso modernissimo, una sperimentazione narrativa che fonde culture diverse, e fa incontrare tradizioni e mondi lontani nel piacere comune della novella. Originale e globale.
Cosa c’è di più bello di un cielo azzurro? Gavin Pretor-Pinney non ha dubbi: un cielo pieno di nuvole. E lui, maestro dei contemplatori di nuvole, ce le descrive con leggerezza e competenza, in tutto il loro fascino: spiegandone la genesi e la formazione, descrivendone le caratteristiche e le tipologie, ma anche raccontando storie e aneddoti di uomini che le hanno amate o studiate o temute. Come il tenente colonnello William Rankin, che ha attraversato, precipitando dal suo aereo in avaria, il ventre oscuro di un cumulonembo in piena attività temporalesca; o come i grandi pittori del Rinascimento italiano, da Piero della Francesca al Mantegna, che nei loro dipinti hanno sempre ritratto sullo sfondo nuvole enigmatiche e suggestive; e poi ancora raccontandoci dell’Arpa delle Nuvole, uno strumento capace di suonare la musica dei cieli nuvolosi seguendo le variazioni della copertura di nubi. Alternando fotografie e disegni a una scrittura ricca e divertente, dal passo squisitamente narrativo, Pretor-Pinney ci conduce nel mondo dei contemplatori di nuvole, un mondo che ha già un sito web tra i più popolari di tutta la rete e che è fatto da chi, come lui, non si è accontentato della "tirannia del cielo azzurro.". Perché avere "la testa fra le nuvole" può essere una delle esperienze più esaltanti e più vicine alla bellezza del creato che un essere umano possa fare. Un brano: "Ho sempre amato contemplare le nuvole. Niente in natura può competere con la loro mutevolezza e la loro scenografica teatralità. Niente possiede la stessa bellezza effimera e sublime. Se certi meravigliosi tramonti dietro una cortina di altocumuli dovessero dispiegarsi in cielo solo una volta ogni venticinque anni, entrerebbero senza dubbio a far parte delle leggende di tutti i tempi. Eppure, la maggior parte della gente sembra accorgersi appena delle nubi, quando non le considera addirittura un difetto che compromette la perfezione di un giorno d’estate, o una scusa per sentirsi giù di morale e «rannuvolarsi». Non c’è nulla di più deprimente, a quanto pare, del «vedere solo nubi all’orizzonte». Alcuni anni fa decisi che bisognava porre fine a questa deplorevole situazione. Le nuvole meritavano una sorte migliore e non andavano più considerate mere metafore di sventura. Qualcuno doveva intervenire in loro difesa." PRETOR-PINNEY G. CLOUDSPOTTING Una guida per i contemplatori di nuvole GUANDA
«Mi sono più volte chiesto se la teoria della rana bollita (e della rana scottata), che mio padre ama spesso citare, sia effettivamente - come lui assicura - il risultato di un autentico esperimento scientifico. Però è certo che si tratta di una metafora davvero utile per capire l'effetto positivo che la globalizzazione, e in particolare la concorrenza cinese, può avere sulle imprese italiane.» Nel fantasioso e un po' crudele esperimento della «rana cinese», si prendono due rane e due pentole piene d'acqua. Si lascia cadere la prima rana in una delle pentole quando l'acqua è ancora fredda, poi si mette la pentola sul fuoco e la si porta pian piano a ebollizione. In questo caso la rana muore bollita, perché si abitua gradualmente al cambiamento di temperatura, si intorpidisce, e non si accorge quando arriva il punto di non ritorno, quando conviene saltar fuori e salvarsi. Nel secondo caso, invece, si porta l'acqua a ebollizione e solo allora si butta dentro la rana. Appena sfiora l'acqua bollente, la rana si scotta e istintivamente schizza via il più lontano possibile. Si ritroverà con qualche ustione e qualche ammaccatura, ma si salverà. Nel momento in cui gran parte del mercato mondiale guarda all'Oriente e al suo straordinario sviluppo economico con ansia e preoccupazione, Riccardo Illy ci invita a considerare la congiuntura presente alla stregua di uno choc salutare, capace di attivare le risorse più autentiche del nostro Paese e di salvarlo dal fatale intorpidimento in cui, adattandosi al peggio, rischiava di cadere. Se infatti è vero che non pochi sono gli svantaggi competitivi dell'Italia - l'eccessiva tassazione sul reddito d'impresa, il cuneo fiscale-previdenziale, la carenza di infrastrutture, la lentezza e inefficienza della burocrazia, i limiti del nostro sistema di istruzione, gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, la crisi della giustizia, e non ultimo il mammismo, ovvero la mancanza di volontà dei nostri giovani di uscire dal guscio protettivo della famiglia per affermare la loro libertà e autonomia -, non bisogna però dimenticare che gli italiani da sempre mostrano un peculiare ingegno e una propensione all'estetica e alla qualità della vita pressoché unici. Tutte caratteristiche che dobbiamo imparare a valorizzare al meglio. Rilanciare un processo virtuoso di crescita economica e coesione sociale nel nostro Paese è possibile. È giunto il tempo di ristabilire un clima di reciproca fiducia, un tempo in cui gli italiani possano davvero mettere a frutto i loro straordinari talenti. Quello del caffè llIy è uno dei marchi italiani più noti nel mondo, un esempio di "made in ltaly" di successo e di prestigio. Il presidente del gruppo industriale, Riccardo Illy, è anche presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Con questo libro l'imprenditore triestino, come lui si definisce "prestato alla politica", offre il suo punto di vista, sempre controcorrente, sull'attuale situazione italiana, sul ruolo che il Paese può svolgere nell'economia globale, contrassegnata, secondo lui, dalla conoscenza quale fattore competitivo fondamentale. E propone la sua esperienza economica sui mercati di tutto il mondo come motivo di ispirazione per un Paese alla ricerca di modelli positivi da cui ripartire. Come una rana che cade in una pentola di acqua bollente si salva perché ne salta fuori con grande velocità, così l'Italia, secondo llly, si salverà dalla "scottatura" dell'ingresso della Cina nell'economia internazionale per la semplice ragione che le sue conseguenze sono così immediate e violente che costringeranno tutti a reagire con rapidità. ILLY RICCARDO LA RANA CINESE Come l'Italia può tornare a crescere MONDADORI
L'ultima fatica letteraria di Alain de Botton , Architettura e felicità, indaga un aspetto centrale dell'esistenza di tutti gli esseri umani: le case, le città, la geografia dei luoghi che abitiamo e in cui ci muoviamo, la necessità che abbiamo di sentirli belli e accoglienti. E lo fa partendo da alcune semplici domande: Che cosa rende una casa bella? E perché ciò che per alcuni è bello, per altri è invece inguardabile? Ed è ragionevole passare parte del proprio tempo a cercare di rendere più belli i luoghi in cui viviamo? E, soprattutto, i luoghi, gli edifici, le stanze e gli uffici possono renderci più o meno felici? Se riteniamo che la qualità dell’ambiente in cui viviamo sia fondamentale per il nostro benessere, non possiamo non interrogarci sul rapporto tra architettura e felicità. Ma da dove cominciare? Oggi, a differenza dei secoli passati, siamo consapevoli dell’impossibilità di individuare una misura del bello assoluta e riproponibile all’infinito, senza tener conto delle tradizioni locali e della sensibilità dei committenti. Se le ville palladiane rappresentano un ineguagliato modello di equilibrio architettonico, una recente villa costruita a Londra secondo gli stessi canoni suscita più sconcerto che ammirazione. E non erano affatto contenti i signori Savoye, per cui Le Corbusier progettò la famosa villa di Poissy: il capolavoro dell’architetto modernista si rivelò ben presto inabitabile. Attraverso una ricca casistica e insieme facendo ricorso alla verve del narratore, De Botton indaga, nella molteplicità delle sue sfaccettature, l’influenza del design sull’essere umano, design che suscita sensazioni e riflessioni, modifica l’umore, fornisce stimoli al miglioramento. Imparando a ritrovare in edifici e oggetti doti e qualità presenti anche nell’uomo avremo dunque l’occasione di conoscere meglio noi stessi. È questa, dopotutto, la fonte della vera felicità. Alain de Botton presenta il suo ultimo libro dicendo che rappresenta "un mio piccolo contributo per rendere il mondo più bello" e arriva a dire che "lo stile rappresenta tutto ciò che ci manca, ciò cui aspiriamo per essere completi e felici». "L’architettura ci circonda sempre, se la capiamo — dice il 37enne autore — potremo trovare la vita più interessante. Il mio libro cerca di dire quale architettura è buona e quale cattiva. In molte città del mondo si vedono infatti troppe cose sbagliate, basta passare 10 minuti a Milano o Londra per capire quanti disastri architettonici ci circondano, io mi chiedo semplicemente il perché e cerco delle risposte». Infatti Alain de Botton ritiene che Milano manchi di pianificazione: "Ci sono begli edifici, ma sono sparsi, non c’è omogeneità". The Indipendent del libro scrive: "C’è un che di straordinario in Alain de Botton. Combatte la guerra contro il conformismo con armi e tattiche tutte sue: è erudito ma non minaccioso, ha curiosità e sensibilità. Guida il lettore verso la piena comprensione delle cose, miscelando la giusta dose di forza espressiva e moderazione. Architettura e felicità possiede tutti gli elementi di questa formula vincente."
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