Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Su consiglio di Filippo, lettore di questo blog oltre che di gialli, ho letto Roseanna dei coniugi Maj Sjöwall e Per Wahlöö. Roseanna è il primo, dei 10 romanzi tutti scritti a 4 mani tra 1965 al 1675, in cui compare l'ispettore Martin Beck e il suo mal di stomaco. Roseanna è un classico giallo che si concentra sui metodi di indagine della polizia in cui Martin Beck, protagonista assoluto, non è però un eroe solitario, ma è aiutato da validi collaboratori come Lennart Kollberg e Gunvald Larsson, che gli fanno da spalla. In Roseanna il delitto avviene prima che la narrazione abbia inizio: in un lago viene ritrovato il corpo di una ragazza morta per strangolamento. Ci vorrà parecchio tempo per risalire all'identità della vittima, la turista americana Roseanna McGraw; poi comincerà una minuziosa ricerca che scaverà nel passato della giovane, finché la polizia non riuscirà a trovare qualche indizio che la colleghi al presunto assassino. L'elemento chiave sarà il ritrovamento di un filmato amatoriale e di alcune fotografie girato da un turista, che permetterà agli investigatori di dare un volto al sospettato. A quel punto, Martin Beck sarà costretto a tendere una trappola all'uomo, trappola che si rivelerà efficace, ma che rischierà di essere fatale agli stessi agenti. Il romanzo è un po' lento, i colpi di scena e l'azione di concentrano tutti verso la fine del libro. E' interessante notare come l'espediente dell'indagine attraverso i filmini dei turisti e le fotografie sia stato pensato nel "lontano" 1965 in tempi in cui fotocamere digitali, cellulari, internet e videocamere digitali non erano neanche immaginabili! SJOWALL MAJ; WAHLOO PER ROSEANNA Editore: SELLERIO DI GIORGIANNI Pubblicazione: 03/2005 Prezzo: € 11,00
4 personaggi emozionanti e intensissimi, Camille, Franck, Paulette e Philibert si trovano a condividere al loro vita nonostante tutto alla ricerca di un equilibrio e di una felicità possibile ... nonostrante tutto, appunto. Bellissimo romanzo della scrittirice francese, Anna Gavalda che ti fa innamorare di Camille per la sua purezza, la sua umanità e il suo talento artistico, di Franck per la sua dolcezza sotto la corazza da duro, di Philibert per la sua aristocratica generosità e di Paulette perchè è la nonnina che tutto avremmo voluto avere. Da leggere. Note di Copertina Una grande città. Quattro solitudini urbane, quattro destini diversi che s'incrociano e si allacciano sotto il cielo frenetico della metropoli. Sono quattro anime pure, quattro esistenze ammaccate: Camille, angelica artista perduta; Philibert, generoso e goffo aristocratico; Franck, cuoco spavaldo ma dal cuore tenero e sua nonna, la straordinaria Paulette, a cui gli anni e le dolorose esperienze non hanno tolto la capacità di saper leggere dentro agli altri. Per caso, per scelta o per fortuna, i quattro piccoli eroi quotidiani di Anna Gavalda litigano, si consolano, si amano, vivono insieme. E basta. Su questo gruppo colorito l'autrice appunta il suo sguardo sensibile, tratteggiando con penna lieve e partecipe gli slanci e le incertezze, la tenerezza e la sofferenza di un indimenticabile quartetto che sembra uscire dalla pagina per tenderci la mano. "L'autrice tiene saldamente le redini della storia. Ci si emoziona e si ride grazie a uno humour irresistibile." (Elle) "Da dove nasce il fascino di questo romanzo? Dall'idea che la felicità è possibile, a condizione di accettarla." (L'Express) "Scrittrici e scrittori [...] indossando i panni dell'anonima quotidianità [...] si pongono come mediatori tra l'incommensurabile mistero dell'universo e i piccoli misteri dell'esistenza. Appunto come Anna Gavalda." (Corriere della Sera) "E' riuscita a conquistare il pubblico francese imponendosi come la migliore narratrice della sua generazione." (la Repubblica) "La sua scrittura è capace di mettere a nudo la quotidianetà e i sentimenti, di catturare la fragilità umana e l'eroismo dei piccoli gesti." (Flair) GAVALDA ANNA INSIEME, E BASTA Editore: FRASSINELLI Pubblicazione: 10/2005 Numero di pagine: 555 Prezzo: € 9,20 ISBN: 8882749266
Si respira Bologna nelle parole di Emidio Clementi e nel suo raccontarci La notte del Pratello.Ci si apre davanti una ragnatela di strade e di incroci di vite e di persone, che segue le vie principali della città che dalle due torri si dipanano a raggiera verso i viali, ideale linea di confine tra il centro e la periferia, e poi via via si addentra nelle stradine più marginali e sperdute e poi ancora più a fondo, va a rovistare, tra cunicoli e passaggi sotterranei, negli scantinati, nelle coscienze e tra gli scheletri e i fantasmi del passato che tutti noi nascondiamo dentro gli armadi. A condurci nell’esplorazione di questo mondo sommerso, fatto di cose perennemente tenute lontane dai raggi del sole, sono Leo e Mimi: due ragazzi, ormai più neanche tanto giovani, a cavallo tra l’adolescenza e l’età adulta, che combattono una loro personalissima e incruenta battaglia contro l’ordine prestabilito e le regole del buon vivere civile. Il teatro del loro incontro sarà il bar di Lele, “un posto dove per trovarsi non è necessario darsi appuntamento”, in Via del Pratello, che più che una via è una sorta di microcosmo che dà ospitalità a tutti gli sfollati, reduci e diseredati che non hanno saputo integrarsi con i meccanismi del mondo socialmente legittimato. Qui, stando seduti fuori dal bar a lasciarsi la vita passare davanti, Leo e Mimi, si imbatteranno in Zaccardi, un essere luciferino, più simile al topo di fogna che all’uomo, che ha accumulato una piccola fortuna lavorando da anni in nero sgomberando le cantine dei bolognesi e facendo il rigattiere, e cominceranno a collaborare con lui. Il lavoro, oltre ad essere uno strumento per continuare a prolungare la loro condizione di esistenza precaria ai margini della legalità, sarà anche un’occasione per esplorare da vicino le zone basse della coscienza e toccare con mano quella dimensione della vita che sa forte l’odore di decadenza, di muffa e di marcio, provando a strappare almeno un’unghia di terreno alla disperazione e alla morte. La lingua con cui ci vengono raccontate le vicende è però capace di attraversare i terreni bui e con il soffitto basso dove ha luogo la battaglia senza lasciarsi incupire, e anzi restituendoci con leggerezza e ironia tutta la bellezza di questi personaggi, per necessità perdenti, ma al contempo così pieni di poesia e di dignità. Le pressioni dal mondo esterno si faranno sempre più pesanti, cominciando ad aprire brecce anche al Pratello che Leo, Mimi, Zaccardi e la fitta schiera degli altri personaggi che Clementi ci descrive in maniera a tratti esilarante, avevano eretto come loro estremo baluardo. Cederanno per prima i numeri civici più periferici, vedendo la comparsa delle prime insegne e targhe di professionisti, avvocati, dentisti e ingegneri, e poi via via l’invasione si avvicinerà sempre più al cuore di quel fragile universo parallelo, tutto raccolto in una strada tra osterie e case occupate. Da qui l’idea di una colossale festa che in un caldo sabato di giugno darà vita, appunto, alla “notte del Pratello”. E saranno balli, schiamazzi, musica e bevute, per poi lasciarci all’alba, insieme alle ultime avventure di questo pittoresco gruppo di eroi-antieroi, anche l’eco di una voce forte che in maniera innocente e piena di fascino ha saputo raccontarci una storia di trasognata iniziazione alla vita. CLEMENTI EMIDIO NOTTE DEL PRATELLO (LA) Editore: FAZI Prezzo: € 9,00 ISBN: 8881125749
Un Capote adolescente, sensibile e solitario, parla dalle pagine de L’arpa d’erba, raccontando un episodio della sua vita: quando, orfano di madre, viene affidato a due sorelle zitelle, Verena e Dolly Talbo, in una grande casa sconquassata nella provincia americana. Siamo negli anni 40. Dolly, che ama i dolci e si circonda di oggetti rosa, raccoglie erbe nel bosco e produce un farmaco contro la idropisia, con una ricetta segreta, memoria di un incontro con tre zingare: la sorella, alta, magra, arcigna e androgina, un po’ gelosa, vuole prendere in gestione l’attività, industrializzandola e sottraendola a Dolly. Ne nasce una lite tra sorelle, il genere di lite che solo tra sorelle può degenerare fino alla spaccatura. In gioco c’è l’affermazione della propria personalità e della libertà. E allora la fuga di Dolly, cappello di velluto e veletta “come quando si parte”, seguita dal giovane Capote. Con loro l’amica Catherine, che parla un linguaggio confuso, perché senza denti, unita a Dolly (Dollycara) da un amore totale. Hanno dolci, pollo, uvaspina e un mazzo di carte. Ma dove andare? Li accoglie una casa sul sicomoro, un nido di innocenza e di sogno, dove combattere i prepotenti, immaginare un amore per Dolly – con il vecchio giudice Cool, personaggio struggente, saggio e poetico – e annusare gli odori del bosco. Li raggiunge il giovane Riley Henderson, coetaneo di Capote, violento, un po’ smargiasso, cacciatore e donnaiolo, in verità capace di far emergere dolcezza, senso della giustizia e anche qualche sprazzo di sentimentalismo. In molti li osteggiano, con brutalità e volgarità, incapaci di leggere l’umanità del piccolo gesto di protesta e libertà: altri li aiutano e sono personaggi caldi, veri e intensi, come la fornaia County, un donnone che regala abbracci bianchi e profumati di farina. Nel bosco risuona anche la dolcezza del suono di un violino, suonato per gli amici del sicomoro da Maude Riordan, la ragazzina segretamente amata da Capote, grandi occhi neri e capelli biondo platino, pallidi “come il mattino”. Un racconto agreste, di nostalgia provinciale, delicato e umanissimo, che, attraverso la penna ironica di Capote, si illumina di tratti indimenticabili, efficaci perché vividi e sorprendentemente reali pur nell’atmosfera quasi fiabesca del bosco e dei suoi improbabili abitanti. Dalla casa di legno sul sicomoro, L’arpa d’erba si nutre di dissapori familiari, amicizie e gelosie, amori e meschinità, giovani tradimenti e vecchie prepotenze. Sullo sfondo la collina e i campi di saggina, battuti dai venti dell’autunno che evocano il sapore di una musica umana, un’arpa di voci….”Senti? E’ l’arpa d’erba che racconta qualche storia. Conosce la storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, e quando saremo morti racconterà anche la nostra”. Basta saper ascoltare. CAPOTE TRUMAN ARPA D'ERBA (L') GARZANTI LIBRI Prezzo: € 5,90
E' da poco uscito, Nido vuoto, l'ultimo libro di Alicia Giménez-Bartlett con la favolosa ispettrice Petra Delicado. Come sempre il libro è ben scritto e le prime pagine sono molto divertenti [il furto della borsa dell'ispettrice nel centro commerciale mentre Pedra fa pipì è un bel colpo..] ma nonostrante abbia letto tutti i suoi libri, non sono sicura che leggerò i prossimi ... un'amica mi dice che in spagna è partito il serial TV con Petra protagonista ... devo dire che me ne ero accorta! Dalla quarta di copertina: "Difficile immaginare Petra Delicado in un centro commerciale, «il solo luogo al mondo in cui tutto coesiste in insensata contiguità». Lei, che sembra trovare ordine e serenità, che sembra ricavare energia dai brulicanti paesaggi delle vecchie strade, che sembra orientare il suo intuito solo nella commedia umana dei quartieri cittadini. Come un Maigret cresciuto nell’orgoglio femminista, che ha bisogno di fiutare le case, le botteghe, le atmosfere. E infatti in un centro commerciale, mentre insolitamente fa provviste e depreca i tempi, le capita l’inaudito: «La mia Glock era sparita. Farsi rubare la pistola da una bambina, il colmo del ridicolo per un poliziotto». Così, questo nuovo caso per lei e per il fido vice Garzón, inizia nella maniera più banale, sulle tracce di una minuscola ladra di pistole di non più di otto anni. Che rapidamente però la conduce in uno dei soliti inferni, covanti sottotraccia, in cui, procedendo tra qualche cadavere e passi falsi, si immerge la sua inchiesta di strada. Percorsi che seguono, si direbbe, un contenuto latente e uno manifesto: essendo manifesto il fine di sconfiggere il crimine e i criminali (qui un disgustoso e pietoso caso di sfruttamento infantile); ma strisciando al di sotto, una, molto ironica e molto feroce, critica al conformismo sociale che rende più inquietante ogni delitto. Ed è questo incantevole incastro di elementi e registri diversi che ha fatto dei romanzi gialli di Alicia Giménez-Bartlett, e della sua dura detective, insieme all’immancabile vice, Fermín Garzón, un caso letterario seguito dalla critica e amato dai lettori. Il movimento realistico e scabro dell’indagine poliziesca; un dialogo da commedia di puro divertimento, soprattutto incardinato nei duetti con Garzón, un Sancho Panza di carattere e ideologia opposti al suo Don Chisciotte femmina; un gusto per la scena che si esprime nella innumerevole galleria di personaggi, maschere che affollano le quinte dell’intrigo criminale." Tutti i libri di Alicia Giménez-Bartlett: Giorno da caniMessaggeri dell'oscuritàMorti di cartaRiti di morteSerpenti nel ParadisoUn bastimento carico di risoIl caso del lituanoUna stanza tutta per gli altriVita sentimentale di un camionistaSegreta Penelope
Un anno da dimenticare, un amore andato male, lo stress del lavoro, un po’ di stanchezza,… e allora si parte. Agosto 2006: quattro ragazzi trentenni, quattro vespe “d’annata”, la voglia di divertirsi insieme, e tanta semplicità. Un progetto “zingarata”: da Corso San Gottardo a Milano fino a Palermo, con le amiche Vespe, ritoccate qua e là per l’occasione. Ma non aspettatevi Easy Rider: ne Il rettilineo è una tortura non c’è trasgressione e ribellione. C’è l’estate e l’amicizia, l’amore per la mitica Vespa, e il senso di libertà che solo la vacanza in compagnia può dare. Se ribellione c’è, è ribellione dalla routine, dall’orologio, dal conformismo: meglio un sacco a pelo, e una notte in spiaggia, liberi di sognare. Una storia normale di quattro ragazzi, un po’ spacconi e un po’ poeti, malati di moto e di amicizia. La loro è un’avventura di risate, corse in Vespa sulle provinciali d’Italia, incontri, gran bevute e tramonti che entrano nel cuore. Il libro è il diario delle loro giornate sulle strade d’Italia, scritto in eguale misura da tutti ma come un’unica voce. E con un patrocinio d’eccezione: basta un’email a radio Deejay, con la quale i quattro vespisti annunciano il loro piano, a incuriosire la redazione. E così le tappe del viaggio sono seguite con collegamenti quotidiani, e i quattro diventano pure famosi, con la gente che li ferma “siete voi quelli della radio?”. Perché questi ragazzi ci sanno fare, sono brillanti, pieni di vita, davvero simpatici, e ad ogni tappa lasciano un nuovo amico, e anche qualche fan. Un libro semplice, un diario di trentenni veri, che conoscono (ancora) il gusto di una bella risata, il piacere della bella musica, l’emozione davanti agli occhi di una ragazza, e la poesia di un tramonto siciliano. Da leggere per prepararsi alle vacanze, anche se non si capisce nulla di motori: si impara qualcosa in più dell’Italia a bordo delle Vespe di Raffaele “Capobanco”, Mirko detto il Cele, Carlo e Nicola. Un paese che è fatto anche – per fortuna – di grandi ospitalità, di luoghi genuini, di bella natura e posti ancora da scoprire, una bella sfida all’italietta da pensione completa e rotocalchi sotto l’ombrellone. Una ventata di vacanza, e di aria buona. Autore: CORONA RAFFAELE; SONETTI MIRKO; NAHUM CARLO; INGEGNERI NICOLA Titolo: RETTILINEO, UNA TORTURA. (IL) VIAGGIO INVESPA DA MILANO ALLA SICILIA IN DIRETTA SU RADIO DEE JAY Editore: FBE Pubblicazione: 03/2007 Numero di pagine: 191 Prezzo: € 13,00
Cosa può sconvolgere la vita di un grigio e prevedibilissimo insegnante di lingue classiche di Berna? Raimund Gregorius è un filologo, un vero erudito, stimato professore dai pesanti occhiali e dall’aspetto trasandato, che i colleghi considerano pedante ma affidabile, e gli studenti si divertono a provocare, anche con telefonate nel cuore della notte, per metterne bonariamente alla prova la cultura e la memoria classica. Un uomo solido, che conduce, solo, una vita con tanti libri e senza troppi scossoni. Poi, in una mattina di pioggia, vede una donna su un ponte, che guarda nel nulla, forse si vuole buttare; Gregorius teme il peggio e la ferma. La donna è “portoguês”: la dolcezza della parola, pronunciata in una lingua straniera, apre una crepa, di mistero e di fascino, nel cuore di Gregorius. La donna dopo poco scompare, ma la crepa rimane, e quando, in una libreria antiquaria, Gregorius si trova tra le mani un piccolo libro scritto in portoghese e intitolato “Un orafo delle parole”, capisce che qualcosa di nuovo ha invaso la sua vita. Il libro risulta essere scritto da Amadeu Inácio de Almeida Prado, di Lisbona. Gregorius se ne fa leggere una frase dal proprietario della libreria: “se possiamo vivere solo una piccola parte di quanto è in noi, che ne è del resto?”. A Gregorius crollano le barriere e le difese della sua vita protetta: abbandona la scuola, abbandona la sua casa e Berna. Sale su un treno diretto a Lisbona: lui, attento e razionale, sa che lo sta guidando la follia, forse, senz’altro l’insensatezza della ricerca di qualcosa che non ha un nome né un volto. Ma solo un suono dolce: “portoguês”. A Lisbona Gregorius si muove lentamente e faticosamente, imparando la lingua e la città, prima maldestramente poi con progressiva sicurezza di sé, sulle tracce di Amadeu e della sua storia. La sua ricostruzione lo porterà a conoscere i segreti del passato di Amadeu, stimatissimo medico al tempo della dittatura di Salazar, a metà degli anni 60, caduto in disgrazia dopo aver curato il boia Mendes, e riabilitato per aver militato nelle fila della resistenza. Nelle pagine del libro di Amadeu, Gregorius legge pensieri e riflessioni sulla vita, scritte nei momenti più difficili del suo percorso, che diventano per lui una guida attraverso il dolore, l’orgoglio, e la coscienza di se stesso. Sono pagine dense, fitte, ognuna delle quali induce a riflettere. Sono la parte più convincente del romanzo. Guidato dalla sua capacità di filologo, Gregorius rivive la vita di Amadeu attraverso gli incontri, i luoghi, le persone che l’hanno conosciuto, spingendosi da Lisbona a Coimbra fino a Cabo Finisterre, dal consultório azul al Liceu, dai luoghi delle torture del periodo nero della dittatura, ai saloni dell’aristocrazia. Quello di Gregorius è un viaggio che nasce come costruzione del passato, per diventare una scoperta di sé e del senso di libertà e coraggio che fanno parte della vita, qualunque essa sia. E il ritorno a Berna è un traguardo di consapevolezza e sfida, perché “la vita non è ciò che viviamo; è ciò che ci immaginiamo di vivere”. Un libro che in alcune parti sembra rallentare e perdere l’efficacia della narrazione, ma nel complesso lascia soddisfatti, soprattutto per i ritratti, dolorosi, struggenti e delicatissimi delle persone incontrate da Gregorius, ognuna con i segni e le cicatrici di una vita vissuta con pienezza e intensità. TRENO DI NOTTE PER LISBONA Autore: MERCIER PASCAL Editore: MONDADORI
Note di Copertina"Trovare un amico, si dice, è trovare un tesoro. Noi l'abbiamo trovato questo amico: Kostas Charitos. E ve lo presentiamo e ve lo raccomandiamo. Caldamente." (Antonio D'Orrico, Sette) "Ritornato, ruvido, abbagliante e angosciante. Un ritratto acutissimo dell'Atene di oggi. Ne vorremmo altri." (Le Monde) Ultime della notte è il libro di Markeris in cui "nasce" il commissario Kostas Charitos. Il commissario Kostas vive ad Atene, legge solo dizionari, fa fatica ad arrivare a fine mese, vive il suo matrimomio come una continua "battaglia", la moglie ha sviluppato una dipendenze verso telefilm polizieschi e l'adorata figlia studia e vive a Salonicco con l'odiato fidanzato Panos. Il libro è un giallo, ben architettato, avvincente, in cui Atene e il suo infernale traffico fanno da sfondo alle vicende di immigrati clandestini ed ex spie dell'Europa dell'Est, trafficanti d'organi e cronisti troppo curiosi. Una lettura piacevole, grazie a Gianni per la segnalazione ... mi sa che leggerò anche gli altri della serie! Ecco i libri di Markaris con Kostas Charitos in rigoroso ordine di lettura:ULTIME DELLA NOTTE Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANIDIFESA A ZONA Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANI SI E' SUICIDATO IL CHE Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANILUNGA ESTATE CALDA DEL COMMISSARIO CHARITOS (LA) Autore: MARKARIS PETROS Editore: BOMPIANI
Mi è capitato di seguire, all'ultima Fiera del libro di Torino, la presentazione della nuova opera di Fabio Stassi, giovane e interessante autore romano: di lui mi ha colpito senza dubbio un atteggiamento che definirei quasi "ascetico", un'umiltà d'altri tempi da intellettuale antico, una devozione forse monastica al proprio lavoro, che ne definisce a mio avviso il carattere e l'opera. Bibliotecario all' Università la Sapienza di Roma, Fabio Stassi parla del suo processo creativo come di una sorta di "pendolarismo letterario": scrive infatti quasi soltanto sul treno che ogni giorno lo porta dalla città in cui abita, Viterbo, a quella in cui lavora, Roma. Una "scrittura errante" che sembra riflettersi nell'oggetto della sua creazione, in particolare nel protagonista del suo bel romanzo, E' finito il nostro Carnevale: Rigoberto Aguyar Montiel è un apolide, anarchico e senza terra, "nemico dell'ordine costituito ma amante del calcio e delle donne". In una Parigi da cartolina, negli anni '20 del '900, Rigoberto s'innamora della bella Consuelo, modella che presterà le sue fattezze per la creazione della Coppa Rimet, la prima e più bella Coppa del Mondo. Scomparsa misteriosamente la ragazza, Montiel prometterà a sè stesso di rubare il trofeo, trasformandolo nel simbolo delle speranze deluse di tutti gli uomini: "rubare la coppa Rimet" rappresenterà per Rigoberto uno "sberleffo planetario alla dittatura", a ogni dittatura. Sarà un lungo inseguimento in giro per i continenti, un percorso ricco d'incontri con la Storia e i suoi personaggi, con la letteratura e soprattutto con un Calcio mitico, romantico per definizione, e ormai scomparso. Il Calcio di Garrincha, la cui storia costringe alle lacrime l'intero popolo brasiliano; il Calcio "dell'uomo che vestiva una casacca verde oro: l'erba sotto i chiodi del piede impallidiva al passo zoppo"; o il Calcio misterioso di "un arbitro che non fischiava mai la fine delle partite che gli piacevano". Una sarabanda di figure e magie dal sapore antico: come una vecchia fotografia ingiallita, il mondo di Stassi, sospeso tra un passato che affascina e un presente che appare come privazione, perdita, sconfitta della passione e della fantasia. Non più sogni di bambini, nè più il sole a illuminare un campo da calcio in terra battuta, nella periferia della nostra città interiore: e allora ci chiediamo, è davvero finito il nostro carnevale?
Furti d’arte e di cuori, contraffazioni, autenticazioni di capolavori e presunti tali, galleristi senza scrupoli….c’è tutto questo nel Furto. Una storia d’amore di Peter Carey. Un ritratto cinico e grottesco del mondo dell’arte contemporanea e un viaggio divertentissimo tra Australia, Tokyo, New York, al seguito di un gruppo improbabile di artisti e truffatori. Butcher Boone è un ex artista, ex famoso, ex quotato pittore australiano, in disgrazia dopo un matrimonio fallito, qualche drink di troppo e la galera. Con lui vive il fratello Hugh, omone malato di mente, soggetto a improvvisi scatti di violenza, ma capace anche di disarmanti delicatezze di pensiero laterale e di poesia. Il romanzo è costruito dalle loro due voci che narrano e commentano: i due fratelli raccontano, ognuno a suo modo, la storia della riabilitazione e rinascita dell’uomo e dell’artista Butcher, attraverso la storia d’amore artistica per il genio del grande pittore Leibovitz, e la storia d’amore fisica per la giovane Marlene, nuora di Leibovitz e grande truffatrice. Quando Marlene capita, nel mezzo di un temporale, a casa dei fratelli Boone, nella fattoria presso Sidney, scombina totalmente il loro già pericolante e labile equilibrio di vita. E’ bella e sexy, è vestita alla moda, e spudorata. Una femme fatale, e una detonazione nella vita dei due fratelli, furioso e affascinante uno, dolcissimo e obeso l’altro. Con lei partono, inseguendo opere d’arte, frequentando gallerie trendy e localacci malfamati, scassinando appartamenti e stringendo accordi con collezionisti giapponesi. Ci scappa anche il morto, tra una perizia e una scazzottata, un interrogatorio della polizia e una disquisizione sui toni del verde, quelli che fanno “il vero artista”. Mentre Marlene e Butcher si affannano a ricostruire la fama da lui perduta, recuperando quadri e qualche soldo, Hugh si trascina dovunque una sedia, dalla quale guarda il mondo, e lo commenta con spirito caustico e lucidissimo nella sua anomalia. La scrittura di Peter Carey è originale e potente, e il romanzo ha dei buoni sussulti bukowskiani, che divertono e affascinano. Nel complesso la lettura del Furto. Una storia d’amore ha il pregio raro dell’originalità e il fascino dell’insolito, non si legge facilmente, e talvolta può lasciare poco convinti nella successione degli eventi e nella pedanteria delle descrizioni. Ma l’alternanza delle voci narranti è irresistibile, e non manca di tratti di vera comicità: i monologhi dei due fratelli Boone danno prova di vero umorismo e di una vena creativa capace di risultati paradossali estremamente efficaci.
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