Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
E' di questo giugno l'uscita dell'ultima edizione del volume Piombo Rosso, versione economica e tascabile pubblicata da Baldini Castoldi Dalai. L'opera è il frutto del decennale lavoro di ricerca dello storico Giorgio Galli, docente di Storia delle dottrine politiche presso l' Università degli Studi di Milano, volto a ricostruire i percorsi, riconosciuti o occulti, seguiti dalla lotta armata in Italia e arricchito dall'analisi degli ultimi avvenimenti fino ai recenti arresti del febbraio 2007. La riflessione di Galli muove da sempre dall'assunto che per leggere in maniera adeguata la storia della lotta armata nel nostro paese sia necessario considerare insieme due piani, spesso considerati in maniera distinta da osservatori e studiosi. Da una parte c'è il consenso di cui ha indubbiamente goduto, negli anni '70, il progetto rivoluzionario delle Brigate Rosse: un consenso localizzato in un determinato contesto sociale, ma sostanzialmente sufficientemente diffuso da consentire una certa copertura ai "guerriglieri urbani" e giustificare l'interesse dello storico. Dall'altra parte c'è il ruolo delle istituzioni e dei servizi di sicurezza che, secondo la ricostruzione di Galli, sarebbero stati in grado di annientare tutti i nuclei armati dell'estrema sinistra sin dal lontano 1972: qual'è il ruolo dei servizi deviati nelle decennali vicende del terrorismo rosso? Quali sono gli elementi che delineano sullo sfondo il perdurare di un atteggiamento complessivo degli organi repressivi dello Stato passato alla storia come "Strategia della tensione"? Quali le responsabilità, soggettive e oggettive, delle più alte cariche della politica nazionale? Partendo da questi interrogativi, un unico filo sembra legare l'epopea delle Brigate Rosse storiche ai recenti avvenimenti che hanno scosso l'opinione pubblica del nostro paese, dall'omicidio D'Antona a quello Biagi. Questa chiave di lettura porta a domandarsi come poche decine di irriducibili, prive ormai di consenso diffuso, abbiano potuto effettuare azioni tanto eclatanti senza apparente contrasto da parte degli organi di sicurezza; l'interrogativo diventa inquietante, quando si scopre che gli ultimi due omicidi firmati BR si sono verficati in concomitanza di episodi cruciali della dinamica politico-sociale del Paese (in ultimo, l'omicidio Biagi, giunto nel pieno dello scontro governo-sindacato per l'articolo 18). La trama oscura che sembra celarsi dietro questi avvenimenti è la stessa, secondo Galli, che ha visto profilarsi i servizi segreti dietro le vicende di Giuliana Sgrena e Abu Omar: una trama antica e apparentemente invincibile, indifferente al succedersi delle epoche e delle congiunture politiche.
GALLI GIORGIO
PIOMBO ROSSO
Editore: BALDINI CASTOLDI DALAI
Pubblicazione: 06/2007
Numero di pagine: 525
Prezzo: € 8,90
EAN: 9788860731531
Può un singolo evento cambiare il corso della storia? Forse quella della nazione francese avrebbe avuto uno svolgimento diverso, se non fosse miseramente fallito il tentativo di fuga di Luigi XVI dalla Francia, dopo gli eventi della Rivoluzione francese. La notte del 21 giugno 1791 re Luigi XVI, la regina Maria Antonietta, figli e seguito, decisero di tentare la fuga fuori dalla Francia, per salvarsi dagli orrori della rivoluzione, che avevano trasformato le loro vite in un incubo di paure, sospetti e angosce. Di questa storica evasione racconta il libro Un re in fuga, di T. Tackett.
Dalla presa della Bastiglia (1789) erano passati due anni, due anni nei quali il re si era visto privare di qualsiasi privilegio; viveva ormai in uno stato di semi prigionia nel palazzo delle Teulleries a Parigi e aveva dovuto giurare la propria fedeltà alla costituzione e ai diritti dell’uomo e del cittadino, stilati dall’Assemblea nazionale, entrambi in molti punti sostanzialmente contrari ai principi su cui si basava la monarchia e il potere assoluto del sovrano. Il re si era sempre mostrato arrendevole, e la sua indole passiva e remissiva, l’aveva sempre posto agli occhi del suo popolo come una pedina nelle mani della famiglia reale e degli aristocratici, interessati solo ad arricchirsi sempre di più ai danni del popolo, un inetto che non avrebbe mai tentato di rivoltarsi alla nuova situazione politica.
E infatti Luigi non si ribellò, ma decise di fuggire. Con un piano degno di una moderna spy storie re e famiglia lasciarono il palazzo nel centro di Parigi la notte del 21 giugno 1791 per dirigersi verso la salvezza oltre confine. Tutto era stato calcolato nei minimi dettagli, ma tutto andò male. Luigi venne riconosciuto lungo il cammino che doveva portarlo verso la salvezza: fermati a Varennes i membri della famiglia reale vennero ricondotti a Parigi, quasi come prigionieri.
Il grande problema fu che questo tentativo di fuga venne visto dal popolo francese come un tradimento inaccettabile da parte del re, il primo che avrebbe dovuto tutelare la sua nazione e trattare il suo popolo come un buon padre. Così anche i più moderati dei membri dell’Assemblea, quelli che vedevano improponibile un modello repubblicano per una nazione vasta come la Francia e che avrebbero voluto salvare il re, non poterono fare a meno di ascoltare la voce del popolo, che chiedeva giustizia per il tradimento subito e soprattutto non tollerava più di essere governato da una monarchia. E il popolo, sempre più sospettoso e impaurito, chiese infine il sangue del re traditore, che venne ghigliottinato due anni dopo, seguito da tutti i membri della sua famiglia che avevano partecipato con lui alla fuga. Molti sperarono che l’esecuzione del re potesse mettere fine agli orrori della Rivoluzione, ma non fu così. Il Terrore non si placò nell’immediato, e forse se il re non fosse fuggito quella notte d’estate del 1791, o se la sua fuga fosse andata a buon fine, le sorti della Francia sarebbero state diverse, e molto del sangue versato, seguendo i più disparati ideali, sarebbe stato risparmiato.
TACKETT TIMOTHY; SPAGNOLETTI A. (CUR.)
RE IN FUGA (UN)
VARENNES, GIUGNO 1791
Figlia del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, discendente da una delle dinastie più potenti della penisola e nipote di Ludovico il Moro, Caterina Sforza visse tra gli intrighi e le lotte della politica italiana dell’inizio del Cinquecento. Sposa a quattordici anni Girolamo Riario e alla sua scomparsa per assassinio diviene Signora di Forlì e Imola dopo una sanguinosa guerra civile interna. Negli anni della reggenza, in nome del figlio Ottaviano Riario, ha un amante segreto; di questa relazione i forlivesi non possono “spettegolare” pena la vita. Dopo la morte violenta del secondo marito segreto si unisce in matrimonio a Giovanni de' Medici dal quale ha l’ultimo e ottavo figlio di Giovanni dalle Bande Nere.
Rimasta sola al governo, cerca con incredibile coraggio di difendere la Romagna dagli appetiti territoriali francesi che, vogliono conquistare l’ Italia sfruttando la divisione tra le Signorie e spingersi fin nel Meridione. L’assedio della fortezza di Rivaldino occupata da Caterina contro Cesare Borgia può competere con un bellissimo romanzo di avventura. Fatta prigioniera e portata a Roma, grazie alla morte del Papa Borgia si stabilisce a Firenze, dove conduce una vita tranquilla, occupandosi dei numerosi figli, tenendo corrispondenza con i diplomatici e facendo “esperimenti” di cosmetica.
Questo libro delinea il ritratto di questa donna fiera del suo cognome Sforza, amministratrice attenta, politica preparata e sensibile che riesce a tener testa alle più importanti figure rinascimentali come Ludovico il Moro, Niccolò Macchiavelli o la famiglia Medici o i potentissimi Papi dell’epoca. Un libro da non perdere scritto con un ritmo incalzante e dove è ben descritta la vita nelle corti rinascimentali.
GRAZIANI NATALE; VENTURELLI GABRIELLA
CATERINA SFORZA
Editore: MONDADORI
Collana: OSCAR STORIA
Pubblicazione: 07/2001
Numero di pagine: 312
Prezzo: € 8,80
ISBN-13: 9788804491293
ISBN:88044912939
Per gli appassionati di storia è da poco uscito il libro Roma - Sogni di gloria dell’esordiente Carlo M. Fontana. Si tratta di un romanzo storico che mescola una narrazione fedele dei fatti accaduti tra il 134 e il 133 a.C. a una ricostruzione accattivante e molto realistica delle personalità del mondo romano, protagoniste di quegli anni turbolenti. Il racconto si snoda attraverso il consolato di Scipione Emiliano e il tribunato della plebe di Tiberio Gracco, durante il quale fu varata la legge agraria, destinata a cambiare per sempre la storia di Roma. È il periodo in cui nascono le prime divisioni all'interno dell'ordinamento politico-sociale, tra il partito aristocratico, ben deciso a conservare le proprie prerogative e il partito popolare, che vuole una distribuzione più equa delle risorse e delle ricchezze che la politica imperialista dello Stato sta procurando. La tensione crescerà sempre più e la lotta finirà per lasciare vittime sulle strade ddella città. I personaggi ci vengono presentati con tutti i loro pregi, difetti e sfrenate ambizioni, protagonisti di una lotta per il potere senza esclusione di colpi. L'autore, che ha basato il carattere dei personaggi sull'interpretazione critica delle fonti storiche disponibili, ci svela i loro segreti, le loro paure, i loro desideri, i loro affetti e il prezzo che sono disposti a pagare per vincere. Chi riuscirà a prevalere alla fine? Basterebbe leggere un qualsiasi libro di storia per saperlo, dal momento che l’autore si è basato sulla realtà storica dei fatti, frutto degli studi e delle ricerche per la tesi di laurea, ma è sicuramente più interessante leggere questo libro, seguendo le vicende di Scipione Emiliano, Tiberio Gracco e suo fratello Caio.
All'inizio era solo una setta giudaica come le altre, quella che seguiva il profeta durante le sue peregrinazioni nei villaggi della Galilea, un territorio dell'impero romano non certo tra i più importanti, ai tempi di Tiberio.
Per i discepoli, Gesù era il Figlio di Dio fatto uomo, ma per tutti gli altri ebrei era un personaggio scomodo che diventava sempre più pericoloso nella misura in cui utilizzava il suo carisma per conquistare le folle.
Molti ritenevano che la sua predicazione mettesse in discussione i delicati equilibri consolidati di una società in bilico tra la coscienza della propria unicità, dettata anche dalla pretesa di un rapporto privilegiato con Dio, e la triste necessità di sottostare al potere di Roma, relativamente tollerante in fatto di religione, ma comunque dispotico.
Nel 313 d.c., quando fu emanato l'editto di Costantino, i cristiani costituivano non più del 10% della popolazione dell'impero romano.
Alla fine del IV secolo, mentre la Chiesa acquisiva autorità e potere grazie all'appoggio degli imperatori, i cristiani erano la grande maggioranza ed occupavano posizioni di rilievo in ambito amministrativo, politico e militare.
Come riuscì un gruppo, per quanto coeso e battagliero, a raggiungere in meno di settant'anni una posizione di egemonia e poi di assoluto predominio? Perché i cristiani, dimenticando le persecuzioni subite, cominciarono a perseguitare eretici, ebrei e pagani? Cosa indusse Costantino a scommettere sulla minoranza cristiana? In che cosa l'impero ormai cristiano fu realmente diverso da quello pagano?
Senza la pretesa di percorrere sentieri inesplorati, viene analizzata l'evoluzione dei rapporti tra chiesa e impero romano nel IV secolo, attraverso l'esame della legislazione, delle dinamiche sociali, dei costumi, delle liturgie, dell'ideologia e della cultura del tempo.
Al lettore la valutazione di quanto ancora oggi tali equilibri continuino a pesare nei rapporti tra Chiesa e Stato.
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