Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Non si può che cominciare con alcune citazioni tratte, evidentemente, dal libro che il giornalista-scrittore
Tiziano Terzani dedicò alla
Cambogia:
pag. 118 – anno 1975 "Fui il primo a poter raccontare di aver visto i
khmer rossi, di averli visti da vicino, anche se li avevo visti in una posizione in cui la paura mi aveva forse un po' deformato la loro visione. Ma ripeto, quel giorno, uscii dalla
Cambogia con grande sollievo, ma anche con un senso di... simpatia. Perché pensavo di nuovo che questa fine della guerra fosse una liberazione e fosse l’inizio di un nuovo periodo in quel paese".
pag. 322 - anno 1992 "L’uomo che mi siede accanto è un assassino, responsabile di centinaia di migliaia di morti (si parla di
Khieu Samphan, uno dei fondatori dei
khmer rossi, stretto collaboratore di
Pol Pot, intellettuale che ha razionalizzato il massacro di almeno un milione e mezzo di persone)... Fosse un tedesco, accusato degli stessi crimini durante la
Seconda Guerra mondiale, sarebbe ricercato in tutto il mondo e dovrebbe nascondersi. Ma lui è
Cambogiano, è ora protetto dalle
Nazioni Unite, viene chiamato "Eccellenza" e viaggia con una guardia del corpo..."
pag. 324– anno 1992 "Perché i crimini dei nazisti sono stati riconosciuti per tali dall’intera comunità internazionale e quelli dei
khmer rossi no? Forse perché le vittime degli uni erano degli ebrei, dei bianchi, e quelle degli altri erano dei semplici cambogiani dalla pelle scura?"
pag. 327 – anno 1992 "Quello che
Pol Pot,
Khieu Samphan ed i
khmer rossi hanno fatto alla propria popolazione, massacrandone almeno un terzo in nome di un loro sogno politico, non è da meno di quel che i tedeschi fecero nei confronti degli ebrei. Eppure, mentre la storia della
Germania e della condanna dei suoi dirigenti criminali è stata messa al fondo della nostra coscienza, la storia dei massacri cambogiani viene ogni giorno di più ignorata, viene messa da parte e lentamente cancellata dalla memoria".
Fantasmi è una raccolta di articoli che
Tiziano Terzani ha scritto sulla
Cambogia: la pagina, evidentemente, è quella in cui si trova la citazione all’interno del testo; l’anno è quello in cui il giornalista ha scritto il pezzo in qualità di inviato dall’
Asia. Sono passaggi significativi in quanto sintetizzano l’iniziale entusiasmo, la successiva presa di coscienza e la condanna definitiva di un regime – quello dei
khmer rossi – che
Terzani, intellettuale di sinistra, aveva inizialmente salutato quale speranza per il futuro di un Paese che riusciva finalmente a sognare un domani indipendente liberandosi del nemico
Stati Uniti. Nel
1975 Pol Pot è una figura sconosciuta pressoché a tutti; nel 1975 con la "liberazione" di
Phnom Pen la
Cambogia è letteralmente blindata e inaccessibile al mondo esterno; nel
1992 i fatti e le testimonianze iniziano ad emergere e tutto l’orrore di quei quattro anni che hanno significato l’assassinio di almeno
un milione e mezzo su sette di cambogiani (c’è chi parla di tre milioni, ma le cifre non sono accertate) inizia ad emergere.
Ecco allora che anche
Tiziano Terzani, che già in altri testi si era dichiarato amante della verità sopra le parti, cambia giudizio ed esprime tutta la disillusione che un uomo può provare vedendo un popolo magico ed affascinante portato alla deriva da sé stesso, e con sé stesso si intende ovviamente il movimento dei
khmer rossi capeggiato da
Pol Pot. Ingannati e traditi, i cambogiani si fanno massacrare a suon di bastonate (per non sprecare pallottole), vedono le palme crescere fertilizzate da cadaveri umani, vengono fatti migrare dalla città alla campagna in pellegrinaggi mortali per ritrovare l’antica saggezza contadina khmer.
Va da sé che l'attacco agli
Stati Uniti non viene risparmiato. E' colpa del "colonialismo" statunitense se si è potuta formare un’organizzazione quale quella dei
khmer rossi che, volenti o nolenti, ha inizialmente ottenuto consensi spontanei; è stata la posizione strategica della
Cambogia a farla finire quale pedina nel contenzioso
Vietnam-Thailandia vedi
Russia,
Cina. E’ stato il doppio-giochismo di
Re Sihanouk a fare si che il
Paese venisse appoggiato da un susseguirsi di Paesi diversi alla ricerca di un profitto personale (
Francia,
Stati Uniti,
Vietnam,
Thailandia).
Un Paese poco conosciuto ma strategico a livello politico per la supremazia in Indocina di una potenza o l’altra, che si è fatto trascinare nel baratro più profondo e che a distanza di diversi decenni non ha ancora ottenuto giustizia.
Basti dire che
Pol Pot è morto nel
1998 vivendo indisturbato al confine thailandese, che i
khmer rossi dopo il
1979 sono stati i rappresentanti ufficiali della
Cambogia alle
Nazioni Unite, che
Khieu Samphan sedeva nel
1992 al tavolo delle trattative per definire la riorganizzazione del Paese.
Ecco perché trovo fondamentali gli interrogativi di
Terzani: perché tutti devono conoscere l’olocausto nazista e pochissimi quello Cambogiano? E quanti massacri simili si ripetono oggi, mentre noi continuiamo a sentir dire dai media che la giornata della memoria serve a far sì che certi episodi non si ripetano mai più? Nel
1975-1979 si stavano già ripetendo il tutto, la condanna dei crimini nazisti era in già in atto e fungeva da monito, ma nessuno guardava dove c’era da guardare.
Forse invece di guardare sempre al passato, allo
STESSO passato targato
Germania Nazista, dovremmo guardare altrove. Onestamente è quello che mi auguro.
La ragazza di Via Maqueda è un libro che rappresenta
un ritorno per
Dacia Maraini, un ritorno a quella
Sicilia che è per
lei un luogo dell'anima, rifugio d'infanzia dopo le vicissitudini
della guerra; ma la
Sicilia è anche un simbolo, una manifestazione
dell'
Italia intera, se non addirittura delle condizioni attuali
dell'
Occidente. In questi racconti troviamo l'attualità bruciante
della prostituzione delle giovani immigrate africane, l'inquinamento
dei mari, la precarietà del lavoro che, senza santi in paradiso, non
si trova a dispetto di tutte le lauree. Troviamo, però, anche lo
sguardo rivolto al passato, alla
Sicilia povera dell'infanzia, prima
di spaziare sui racconti ambientati a
Roma, città che raccoglie i
ricordi più cari della scrittrice, e infine in
Abruzzo, che suscita
creatività in quanto terra di boschi, solitudini e silenzi. E
soprattutto, come ci aspettiamo dalla
Maraini, hanno molto peso le
donne, come protagoniste che nelle poche pagine del racconto svelano
personalità complesse.
Nata a
Fiesole nel
1936,
Dacia Maraini è senza dubbio una delle più grandi scrittrici della
letteratura italiana contemporanea. Autrice prolifica di prosa,
poesia e teatro, tra i suoi libri ricordiamo
La lunga vita di
Marianna Ucrìa (
1990),
Bagheria (
1993),
Colomba (
2004).
"Non posseggo molte parole, ma queste poche sono mie, le ho ricevute, le vivo e riscrivo e solo la morte sigillerà il racconto. Ne faccio commercio, ne faccio dono". Così, come seguendo un alfabeto,
Giovanni Lindo Ferretti, il poliedrico musicista e scrittore, narra la storia della gente di
Cerreto Alpi, ogni lettera per introdurre una semplice parola, che vale come un
incipit. Così si svolgono le vicende della famiglia dell'autore, dalla capostipite
Maddalena alla madre
Eni allo zio
Archimede, cacciatore di orsi. Moltissime figure compaiono in questo libro, secondo romanzo dell'ex cantante rock
Giovanni Lindo Ferretti: cacciatori di frodo, preti solitari, allevatori di cavalli, poetesse analfabete, difensori dei prati e dei fiumi, forgiatori di campane, ex brigatisti in fuga. Sono le persone che capita di incontrare sugli
Appennini, in cui
Ferretti si è ritirato, come una specie di eremita. Questo libro rappresenta la sua definitiva crescita e maturazione, in un lungo percorso incominciato ai tempi dei
CCCP.