Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 30/11/2006
 Il giorno 28 novembre 2006, la Fondazione D’Ars-Oscar Signorini onlus ha organizzato, con il Patrocinio del Comune di Milano e in collaborazione con la Libreria Internazionale Hoepli, l’incontro con il poeta Silvio Ramat che ha presentato: Tutte le poesie ( 1958- 2005 ), l’antologia che raccoglie tutta la sua opera poetica, recentemente edita da Interlinea. L’introduzione è stata svolta dal critico e poeta Giancarlo Pontiggia, curatore con Enzo Di Mauro dell’antologia poetica La parola innamorata (Feltrinelli 1978), redattore delle riviste «Poesia» e «Smerilliana» e critico letterario dell’«Avvenire». Giovanni Raboni parlava per Ramat di poesia continua e del suo bisogno fisico di riversare via via in immagini e figure il tumultuoso, multiforme susseguirsi delle occasioni esistenziali. “In questa prospettiva”, sottolinea Giuseppe Langella, autore dell’approfondito ed esaustivo saggio di presentazione, “ il mondo non ha altro scopo se non quello di offrire materia di canto al poeta, che del canto appunto vive, nel canto adempie il suo destino.” La sfida che si pone Ramat è, dunque, sono parole sue, l’ora zero da riafferrare. Il principio del canto, quel punto più accosto alle sorgenti, dove la poesia acquista una voce diversa, mentre tutto il resto è letteratura. L’intenso e significativo incontro con Silvio Ramat, ha fatto emergere con forte rilevanza la sua statura poetica.Il complesso della sua opera è stato paragonato ad una “enciclopedia” per la quantità delle voci trattate, più di ottocento, e per la vastità dei contenuti che sono stati sviluppati nell’arco dei decenni. Dalla vivace e partecipata presentazione di Giancarlo Pontiggia, è emerso il valore etico della poesia di Ramat che affronta la dimensione quotidiana del vivere trasformandola in consapevole riflessione sui principi fondamentali dell’esistenza. L’attenzione alla condizione umana e il suo continuo confrontarsi con la libertà e il limite, con la tenerezza e l’indifferenza, tra il dicibile e l’indicibile, lo pongono in stretto rapporto con la realtà contemporanea. Moltissime sono le poesie che ripropongono meditazioni sul linguaggio e sulla sua funzione. Sul foglio di sala era riportata la poesia E se i libri da lontanoSarete stanco, signor passeggero. La notte è andata, e voi qui sul mio carro tutta una tirata sotto le stelle. Fa freddo? Queste che il rosa addolcisce sono le mura di Recanati. E queste le chiavi della città. Entrate da solo, sarà affar vostro orientarvi – il dedalo non è nelle vie dove non si sente un grido ma semmai nel cuore di chi sapete. Il poco sole forse gioverà. Penso che un paio d'ore basteranno a farvi capire se questo viaggio era opportuno o inutile. Se i libri da lontano dicevano già tutto. Io intanto lego il carro a questi lecci su cui insiste la luna (o cara luna…). Siate calmo. Io v'aspetto. Mi direte. 1998 (da Silvio Ramat PER MORE, Crocetti, 2000) Da questa poesia si evincono i capisaldi della poesia di Ramat: il viaggio, il desiderio, il sogno, la passione letteraria, il tempo, la natura, la storia, la solitudine del poeta, il labirinto della conoscenza, l’interiorizzazione, l’interrogazione, la trasmissione attraverso la parola, l’emozione del vivere. Nelle profondità culturali e spirituali, la sua poesia si apre ad incredibili scoperte, trasalimenti e riconoscimenti. Il pubblico composto da noti intellettuali, protagonisti della vita culturale milanese, ha partecipato con viva commozione all’incontro. Silvia Venuti, 30 Novembre 2006
 L’uscita dell’ultimo film di Sofia Coppola, Marie Antoinette, ispirato alla biografia, scritta nel 2003 da Antonia Fraser, Maria Antonietta. La solitudine di una regina, ha portato alla ribalta il personaggio dell’ultima grande regina di Francia, caduta sotto il colpo della ghigliottina nel 1793. Rispetto all’immagine, tramandataci da storici e biografi, di una Maria Antonietta sciocca, frivola, occupata solo in divertimenti la biografia della Fraser, e il film della Coppola, ci restituiscono il ritratto di una sposa bambina, che viene catapultata in un mondo tanto lontano dal suo che quasi la stordisce.  Maria Antonietta era figlia dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, donna dotata di straordinarie capacità politiche e di una rigida morale, che aveva improntato tutta la sua corte ad uno stile di vita morigerato e austero. Da questo nido materno la giovane arciduchessa venne mandata in Francia, appena quindicenne, come futura sposa di Luigi Augusto, ovvero come strumento politico per suggellare l’alleanza raggiunta tra l’impero asburgico e quello francese. In Francia Maria Antonietta si ritrovò a vivere in una corte, quella di Versailles, che il re Luigi XV aveva strutturato in maniera tale che ogni singolo momento della vita quotidiana dei nobili ruotasse intorno alla sua persona, come i pianeti intorno al sole, il tutto controllato da una rigida etichetta dovette essere recepita dalla giovane Maria Antonietta come un carosello vorticoso e inebriante, come possiamo capire da una semplice frase riportata dalla giovane delfina a proposito della sua routine quotidiana: “Mi metto il belletto e mi lavo le mani alla presenza di tutti”. Questa vita piena di frivolezze e lussi doveva presto mostrare le sue spine. Maria Antonietta, non veniva solo rifiutata fisicamente da Luigi Augusto, ma doveva subire anche i continui rimproveri della madre, sempre pronta a ricordarle come la sua presenza in Francia avesse solo un fine diplomatico, che doveva essere suggellato dalla nascita di un erede, imputando a lei la colpa delle mancate prodezze del delfino. La sua legittimazione alla corte francese avvenne solo nel 1774, quando salì al trono al fianco di Luigi XVI e, successivamente, quando diede finalmente un erede alla Francia. Maria Antonietta non era però dotata del piglio politico della madre, e non ebbe mai influenza sulle decisioni del marito. Nella pellicola della Coppola la figura della regina viene isolata nella sua quotidianità, piena di distrazioni e di agiatezze, fatta di pizzi e confetti, di balli e di pranzi, pregna dell’odore del talco delle parrucche e del profumo dei fiori, ma anche colma di mancanze, come quella dell’amore. La vita della regina si consuma come una delle tante feste a cui partecipava, isolata nella reggia, senza la reale consapevolezza delle nubi che si addensano all’orizzonte, precipitando in un orrore che non seppe prevedere, e che la colpì violentemente. Sofia Coppola non prosegue la sua narrazione oltre la fine di quel sogno, il terrore che seguì a quegli anni spensierati viene solo fatto intuire allo spettatore, che ne è già consapevole. La forza di questa donna sempre pronta ad ubbidire, come le era stato insegnato dalla madre si manifesta però nella grande dignità con cui Maria Antonietta seppe affrontare la tragedia, chinando la testa con tanta nobiltà davanti al corso della storia.
Fotografie del 30/11/2006
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