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Maria Antonietta. La solitudine di una regina
Di Valentina Muzzi (del 30/11/2006 @ 14:45:44, in Biografie, linkato 33314 volte)
L’uscita dell’ultimo film di Sofia Coppola, Marie Antoinette, ispirato alla biografia, scritta nel 2003 da Antonia Fraser, Maria Antonietta. La solitudine di una regina, ha portato alla ribalta il personaggio dell’ultima grande regina di Francia, caduta sotto il colpo della ghigliottina nel 1793.
Rispetto all’immagine, tramandataci da storici e biografi, di una Maria Antonietta sciocca, frivola, occupata solo in divertimenti la biografia della Fraser, e il film della Coppola, ci restituiscono il ritratto di una sposa bambina, che viene catapultata in un mondo tanto lontano dal suo che quasi la stordisce.
Maria Antonietta era figlia dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, donna dotata di straordinarie capacità politiche e di una rigida morale, che aveva improntato tutta la sua corte ad uno stile di vita morigerato e austero. Da questo nido materno la giovane arciduchessa venne mandata in Francia, appena quindicenne, come futura sposa di Luigi Augusto, ovvero come strumento politico per suggellare l’alleanza raggiunta tra l’impero asburgico e quello francese.
In Francia Maria Antonietta si ritrovò a vivere in una corte, quella di Versailles, che il re Luigi XV aveva strutturato in maniera tale che ogni singolo momento della vita quotidiana dei nobili ruotasse intorno alla sua persona, come i pianeti intorno al sole, il tutto controllato da una rigida etichetta dovette essere recepita dalla giovane Maria Antonietta come un carosello vorticoso e inebriante, come possiamo capire da una semplice frase riportata dalla giovane delfina a proposito della sua routine quotidiana: “Mi metto il belletto e mi lavo le mani alla presenza di tutti”. Questa vita piena di frivolezze e lussi doveva presto mostrare le sue spine. Maria Antonietta, non veniva solo rifiutata fisicamente da Luigi Augusto, ma doveva subire anche i continui rimproveri della madre, sempre pronta a ricordarle come la sua presenza in Francia avesse solo un fine diplomatico, che doveva essere suggellato dalla nascita di un erede, imputando a lei la colpa delle mancate prodezze del delfino.
La sua legittimazione alla corte francese avvenne solo nel 1774, quando salì al trono al fianco di Luigi XVI e, successivamente, quando diede finalmente un erede alla Francia. Maria Antonietta non era però dotata del piglio politico della madre, e non ebbe mai influenza sulle decisioni del marito. Nella pellicola della Coppola la figura della regina viene isolata nella sua quotidianità, piena di distrazioni e di agiatezze, fatta di pizzi e confetti, di balli e di pranzi, pregna dell’odore del talco delle parrucche e del profumo dei fiori, ma anche colma di mancanze, come quella dell’amore. La vita della regina si consuma come una delle tante feste a cui partecipava, isolata nella reggia, senza la reale consapevolezza delle nubi che si addensano all’orizzonte, precipitando in un orrore che non seppe prevedere, e che la colpì violentemente. Sofia Coppola non prosegue la sua narrazione oltre la fine di quel sogno, il terrore che seguì a quegli anni spensierati viene solo fatto intuire allo spettatore, che ne è già consapevole.
La forza di questa donna sempre pronta ad ubbidire, come le era stato insegnato dalla madre si manifesta però nella grande dignità con cui Maria Antonietta seppe affrontare la tragedia, chinando la testa con tanta nobiltà davanti al corso della storia.