Penso che i popoli molto religiosi abbiano una capacità narrativa che noi "pagani” abbiamo quasi perso. Si tratta di un tono romantico, mitologico, al limite del fiabesco nel descrivere le cose, in grado di rendere tutto ovattato e sublime, quasi atemporale. La certezza di un oltre, che travalica il qui e l'ora, espresso attraverso paesaggi, natura, amore... Ed è proprio una storia d'amore quella che
Joseph O'Connor - dublinese, giornalista, scrittore, fratello di
Sinead O'Connor – fa rivivere in questo libro.
Molly Allgood - nome d'arte
Marie O'Neill - e John Synge si scoprono attraverso una patina di malinconia. La sensazione che si prova leggendo
Una Canzone che ti strappa il cuore è quella di vivere in un tempo sospeso, in una nebbia fitta che è rassicurante e nostalgica ad un tempo, condizione necessaria per capire un amore passato, infelice, quasi incompiuto che ha bloccato l'esistenza di due amanti mai cresciuti, mai sbocciati, mai compiuti sino in fondo. Una madre vedova che tiene i fili del figlio-burattino; un destino segnato dalla malattia, una vecchiaia in cui povertà e alcolismo cancellano un passato sui palchi teatrali di
Europa e
America.
E poi il vivere per l'arte, il perdersi nelle parole, l'essere risucchiati da quella "ferita” interiore che corrode la vita dell'artista; che lo distrugge piano piano ma senza la quale non sarebbe possibile raggiungere l'assoluto ovvero l'arte. E' questo il drammaturgo
John Synge, amico di
Yeats, un uomo che si perde, incantato, di fronte al vento e agli alberi: visioni divine che divengono lo spunto per tragedie e commedie.
Un testo che conquista poco per volta, che fa venir voglia di leggere con lentezza per non perdere, in pochi giorni di lettura, una compagnia che fa quasi male e a cui ci si affeziona come ad un amico mai conosciuto, ma sempre immaginato.
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