11 settembre 1610:
Antonia Spagnolini, la “strega di Zardino”, muore sul rogo al termine dell'unico processo per stregoneria documentato presso il tribunale dell'
Inquisizione di Novara.
Questa la vicenda che
Sebastiano Vassalli narra nel romanzo
La chimera, che dal
1990, anno in cui vinse il
Premio Strega e fu finalista al
Campiello, ha goduto di un costante successo come
long seller e di continue riedizioni e ristampe.
Con lucida crudeltà
Vassalli disattende tutte le aspettative del lettore: la sua narrazione prende le mosse dal “nulla” della memoria, per riportare alla luce la vicenda dimenticata di un'orfana troppo consapevole e troppo bella, il cui destino di futura vittima è segnato fin dalle prime pagine; e dipinge il mondo pittoresco e meschino degli oscuri comprimari di
Antonia, abitanti di
Zardino, paese della
Bassa novarese, che di lì a pochi anni sarebbe scomparso, forse distrutto da una piena del
Sesia, per non essere mai più ricostruito. Un romanzo che, partendo dal presupposto che del presente nulla merita di essere raccontato, ha l'ambizione di ricavare dal villaggio fantasma di
Zardino ai primi del
Seicento un messaggio che parli agli italiani di oggi.
Vassalli, noto per il rigore della ricerca storica e l'attenzione dedicata all'evoluzione sociale, costruisce una sorta di epopea che è stata definita “anti-manzoniana”, colorando delle tinte più disperate lo stesso periodo storico dei
Promessi sposi, il Seicento della dominazione spagnola: il secolo in cui muore
Antonia è un'epoca di violenza e superstizione che non conosce la luce della
Provvidenza. Una società civile ed ecclesiastica nel caos, lacerata da opposti fanatismi, che nel finale sembra celebrare il suo trionfo, con la festa che segue la morte della “strega”.
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