Vi propongo di dare almeno una sbirciatina a
Oltre la città - Pensare la periferia,
Edizioni Cronopio,
2005,
€ 17 e vorrei iniziare il suo racconto partendo proprio dalla foto con cui si apre la bella introduzione di
Attilio Belli, curatore dello stesso. Troviamo il classico condominio enorme, la tipica struttura che ognuno di noi classificherebbe come edificio periferico, circondato da pochissimo verde e costeggiato da un grande arteria stradale che ne delimita i confini. L’occhio però corre verso un particolare volutamente mantenuto nella inquadratura dal fotografo: un cartello stradale con la scritta “USCITA” ed una freccia sottostante che conduce lo sguardo fuori dalla foto stessa verso... Già verso dove.
Forse verso la parte di testo che tra poco ci metteremo a leggere, oppure verso un luogo non ancora ben individuato di cui, forse, a fine libro riusciremo a scorgerne l’ubicazione. In ogni caso è indice di un movimento, di un attivarsi verso un qualcosa. Questo in effetti mi è parso, a parte qualche classica veduta, ciò che è emerso dagli atti del convegno (convegno tenutosi presso l’istituto
Grenoble di
Napoli il
31.1.2005 per iniziativa corso di laurea in architettura
Federico II Napoli) che costituiscono il contenuto di questo libro.
Il concetto di fondo che emerge sembra scaturire dalla concezione classica della periferia, intesa quale spazio dell’abbandono, spazio delimitato dell’incoerenza, del degrado, dell’assenza, della segregazione che si contrappone e circonda il centro della città, distante e definito. Da subito si decide, però, di percorrere nuove strade.
Si focalizza così come non sia necessario costruire una rappresentazione delle periferie a partire da un quadro normativo, bensì quanto sia importante riflettere sull’eredità urbana e sugli errori compiuti in passato, che possono essere superati solo a partire dall’ ascolto delle periferie, dalla nuova percezione di periferico: gli altri spazi, i controluoghi, i territori della circolazione e dei flussi, le massime velocità, lo spazio diffuso.
Il periferico appare oggi come una realtà articolata, come spazio dell’attraversamento di quei loghi, a volte contestati ma il più delle volte sovvertiti, creando centralità periferiche e periferie centrali, configurandosi come un dentro e un fuori della città contemporanea.
Bisogna domandarsi quindi, quali sono le potenzialità del periferico e se è possibile andare oltre le politiche del ripristino (rinnovo, rigenerazione, riqualificazione).
La periferia va tramutata da spazio del disfacimento, in spazio del rifacimento della città diventando il collante per l’innesto di una cultura alternativa, sul quale dovrebbe, a detta degli autori, insediarsi la nuova urbanistica orientata alla costruzione di strategie di lungo periodo e rivolta nella direzione di un “fare con la città” da intendersi come la riconquista di un’azione sulla città che muova dallo spazio periferico, puntando ad armonizzarsi con i territori e le popolazioni che vi abitano.
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