Domenica 15 luglio si è chiusa a
Como la mostra
Gli Impressionisti, i Simbolisti e le Avanguardie, che ha presentato, nella splendida cornice di
Villa Olmo, 120 capolavori provenienti dal
Museo Nazionale di Belgrado, fondato nel 1840 e attualmente sottoposto a lavori di ristrutturazione.
Per chi non ha potuto ammirare dal vivo queste magnifiche opere, il catalogo della mostra potrà rendere bene l’idea di questo viaggio nella storia dell’arte che si snoda attraverso il paesaggismo di
Corot, l’impressionismo di
Renoir e
Monet, la corrente post-impressionista di
Gauguin,
Toulouse Lautrec e
Signac, fino alla svolta verso la stagione delle avanguardie, innestata dalle opere simboliste di
Moureau e
Redon, che aprì le porte agli sviluppi del primo Novecento, dal movimento fauvista, a quello cubista, fino al costruttivismo russo. Tutta la collezione è connotata dalla scelta delle opere meno provocatorie che caratterizzarono questa correnti artistiche, e questa linea ha potuto mantenersi grazie alle scelte del fautore di questa raccolta, il collezionista
Erih Slomovic, proiettato per la maggior parte verso la scelta di opere nate nel contesto parigino.
Uno dei più grandi capolavori presentati è la
Cattedrale rosa di
Monet, una delle cinquanta opere che dal 1892 al 1893 il maestro dedicò allo studio della luce sulla facciata della cattedrale gotica di Rouen.
I
pastelli di Degas ci presentano invece momenti della vita borghese parigina, da cui l’artista proveniva, con le ballerine dell’Opera sospese tra la realtà del duro esercizio quotidiano, reso nei movimenti dei corpi muscolosi, e l’evanescenza da favola di una realtà fatta di pizzi e merletti.
La modernità borghese parigina è ben resa anche dalle opere di
Utrillo, piccole istantanee della vita dell’epoca tra le vie della capitale francese, e di
Pissarro, come la tela
Place du Thèatre francais, del 1898, che ben simboleggia la frenesia della città sul limitare dell’epoca moderna.
Le cinque opere di
Gauguin esposte fanno tutte parte del periodo polinesiano, iniziato nel 1891, dopo la parentesi bretone qui rappresentata dall’opera
I piaceri di Bretagna del 1889. Tutti i principi da cui prende le mosse la sua produzione di questi anni, con la ricerca di un ritorno a una natura benigna e incontaminata, primordiale e slegata da qualsiasi preconcetto culturale occidentale, come l’uso assolutamente libero e felice del colore, culminano nella tela in mostra Donna tahitiana, del 1898.
Di
Renoir la collezione annovera ben diciassette opere, dal 1879 al 1916, tra paesaggi legati all’estetica impressionisti e gli amati nudi di donne, il cui esempio supremo è
La Bagnante del 1915, che dimostra come la passione per il nudo femminile non l’avesse lasciato neanche negli ultimi anni della sua vita.
Per quanto riguarda il periodo cubista l’eposizione lariana ci presenta l’anticamera di questa stagione artista con la litografia dei
Bagnanti di
Cezanne, del 1897, per passare attraverso le opere
Bonnard e
Villard, poi esplicitarsi nell’unica opera di
Picasso presente in mostra, la
Testa di donna del 1909. Si abbandona la mimesi della natura per dar voce agli aspetti emozionali dati dal soggetto, aspetti che saranno ancora più espliciti e gridati nella produzione fauvista di
Matisse,
Derain,
de Vlaminck e degli altri.
La via verso la modernità è tracciata poi dalle opere dei simbolisti, il cui intento è quello di rappresentare l’essenza delle cose, l’espressione delle idee, arrivando ad analizzare il mondo del sogno, del soprannaturale e della magia. I due maggiori esponenti di questa corrente artistica sono
Moreau e
Redon, le cui opere a carboncino, i “
Noirs”, evocano un mondo interiore sovente malinconico e affine al gusto gotico e visionario dell’epoca anche in campo letterario, indagatore del subconscio e dell’ignoto.
Le avanguardie chiudono l’eposizione, con le prime opere di
Kandinsky e
Chagall, e il costruttivismo, i cui risultati sono quasi più vicino al disegno grafico e alla progettazione meccanica che all’arte pittorica; le linee essenziali che caratterizzano le opere di artisti quali
Mondrian,
Delaunay e
Moholy-Nagy nascono dall’esigenza di ricondurre l’arte a una purezza formale assoluta, unita a tensioni spiritualistiche che riconducono l’arte pittorica ad una resa bidimensionale, il tutto arricchito dalle istanze culturali della patria d’origine di ogni autore facente parte di questa temperie culturale.
Questa mostra ha permesso di far conoscere opere che provengono da un museo situato lontano dai centri d’arte noti in tutto il mondo, è caratterizzate da una singolare coerenza tra loro; sono tutte frutto del lavoro di artisti che sono considerati capostipiti dell’estetica moderna, e non contemplano la presenza di realizzazioni nate all’interno della cultura accademica ufficiale dell’Ottocento, che invece non mancano quasi mai nelle altre collezioni, segno questo di una differente scelta stilistica da parte dei fautori di questa raccolta.
BOSNIJAK T. (CUR.); GADDI S. (CUR.); GENTILI G. (CUR.); KOVACIC D. (CUR.)
IMPRESSIONISTI I SIMBOLISTI E LE AVANGUARDIE (GLI)
120 CAPOLAVORI DAL MUSEO NAZIONALE DI BELGRADO
COMO, VILLA OLMO, 24 MARZO - 15 LUGLIO 2007
Editore: SILVANA
Pubblicazione: 03/2007
Numero di pagine: 280
Prezzo: € 30,00
EAN: 9788836608560
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