Domenica 28 gennaio si è chiusa a
Mantova la mostra su
Mantegna che, insieme a quelle di Padova e di Verona, è andata a costituire un grande evento in onore di questo artista a cinquecento anni dalla sua morte.
Per secoli rimasto all’ombra dei grandi nomi di
Michelangelo,
Leonardo e
Raffaello,
Mantegna fu comunque uno dei primi a farsi portavoce partecipe di quella cultura antiquaria e intellettuale che fu la culla del Rinascimento italiano.
Mantegna arriva a Mantova nel 1460, dopo aver realizzato la Cappella Ovetari, con le Storie di San Cristoforo e San Paolo, nella chiesa degli Eremitani a Padova, e la Pala di San Zeno per la chiesa di San Zeno a Verona; è già affermato e richiesto, a lungo viene corteggiato da Ludovico Gonzaga, che in quegli anni sta cercando di fare di Mantova una ricca corte, caratterizzata dal gusto per il bello e per l’arte.
Ora Mantegna deve scegliere, se dedicarsi all’attività di “libero professionista”, girando di corte in corte accontentando le varie richieste, o se diventare un artista di corte, parte integrante di una comune temperie culturale, ma anche sempre e comunque soggetta al volere di un signore. Sceglie la corte e s ‘immerge nell’atmosfera di quella gonzaghesca che lo vede prima alle dipendenze di Ludovico Gonzaga, per il quale realizzerà quella squisita invenzione pittorica che è la Camera degli Sposi in Palazzo Ducale, la rappresentazione di tutta la corte di Ludovico Gonzaga che si affaccia su un idilliaco paesaggio campestre, terminando con la geniale invenzione del famoso oculo in cima al soffitto, che si apre verso il cielo lasciando intravedere, affacciati, puttini giocosi e sorridenti fanciulle.
Dopo Ludovico la signoria di Mantova passò nelle mani di Francesco Gonzaga e della sua sposa Isabella d’Este; fu lei uno dei grandi mecenati italiani, al pari degli esponenti del “sesso forte”, sia nella vita culturale che in quella politica. Per lei, sempre in cerca delle soluzioni più innovative e raffinate in campo artistico, e non solo, Mantegna realizzò le due famose opere per lo studiolo, Minerva che caccia i vizi dal giardino delle virtù e Il Parnaso, oggi al Louvre, entrambe cariche di quei rimandi intellettuali dal significato a volte criptico e di quel gusto per l’antico, che solo una ristretta classe di eruditi e intenditori poteva apprezzare a pieno, riconoscendosi in essi. È un peccato che alla mostra mantovana non sia stato possibile ammirare le due opere sorelle insieme, in quanto solo la prima delle due era esposta. Queste opere di Mantegna ci mostrano non solo il suo gusto per un’eroica classicità senza macchie e senza tentativi di introspezione psicologica, ma anche il suo approccio all’antico come ad un repertorio infinito di temi e suggestioni, privo di quella devota ammirazione che caratterizzava gli umanisti, ma più libero, intrecciato ad una fervida fantasia e ad un gusto delicato che si trasforma in invenzioni a volte buffe e grottesche, che ci vengono mostrate in faccine, figurette fantastiche, come i noti putti-farfalle, e simpatiche caricature che fanno capolino in queste come in molte sue opere.
L’amore di Mantegna per l’antico si esplica anche nei suoi dipinti monocromi esposti in mostra, dai temi tratti dalle antiche scritture o dalla mitologia, e creati come fossero bassorilievi scultorei. Queste eleganti opere fanno da controcanto alle incisioni di Mantegna, trattandosi in entrambi i casi di creazioni prive del sussidio del colore nella resa del soggetto, che viene interamente affidata alle capacità espressive della linea, una linea netta, pulita, classica. Mantegna fu molto noto e apprezzato per le sue incisioni, se addirittura uno dei più grandi incisori del Rinascimento, Durer, affermò che uno dei grandi rimpianti della sua vita fu di non essere riuscito a conoscere Mantegna, perché giunto poco dopo la sua morte. Le incisioni, come quelle realizzate da Mntegna, erano oggetti molto apprezzati dai collezionisti, oltre ad essere una fonte di modelli e di iconografie sempre nuove che viaggiavano per l’Italia e per l’Europa, ad esempio come doni tra le varie corti. Dalle incisioni di Mantegna furono create anche varie medagliette, oggetti molto apprezzati dalla cultura umanistica per il loro rifarsi alle antiche monete romane, usate anch’esse come doni, per arricchire abiti e berrette, e presenti nelle collezioni di ogni erudito dell’epoca. Particolarmente felice è stata la decisione di esporre in mostra nel palazzo di San Sebastiano queste medagliette, realizzate da noti artisti quali l’Antico, il Moderno, il Caradosso e il maestro I.O.F.F, che danno il segno del seguito che le invenzioni pittoriche del Mantegna ebbero nella cultura artistica dell’epoca; si spera così in un rinnovato interesse verso queste realizzazioni artistiche spesso considerate inferiori.
AA.VV.
MANTEGNA A MANTOVA 1460-1506
Mantova, 16 settembre 2006-14 gennaio 2007
SKIRA
AA.VV.
MANTEGNA E PADOVA 1445-1460
Padova, Musei civici, 16 settembre 2006-14 gennaio 2007
SKIRAAA.VV.
MANTEGNA E LE ARTI A VERONA 1450-1500
Verona, 16 settembre 2006-14 gennaio 2007
MARSILIOAA.VV.
ANDREA MANTEGNA E I GONZAGA
Rinascimento nel castello di San Giorgio Mantova, 16 settembre 2006-14 gennaio 2007
ELECTAAA.VV.
LA SCULTURA AL TEMPO DEL MANTEGNA
Mantova, Castello di S. Giorgio Palazzo di S. Sebastiano, 16 settembre 2006 - 14 gennaio 2007
ELECTA