L'
11 settembre New York e la sua gente subirono la più grave e dolorosa caduta della loro storia. Non furono solo le torri a cadere, trascinando con sé le vite e la normalità di una metropoli e del mondo intero.
Quella mattina insieme alle Torri e ai loro uomini e donne furono la sicurezza, la cultura di un popolo e la convinzione della sua centralità mondiale a essere travolti dalle macerie. Insieme a loro crollò la certezza della supremazia: di
Manhattan sul resto di
New York, di
New York sul resto d'
America, dell'
America sul resto del mondo.
L'orgoglio stesso dell'essere newyorchese, il senso di appartenenza alla
Grande Mela cuore pulsante dell'Occidente vennero giù quella mattina insieme alla pioggia di polvere e vetri che seppellì la città per giorni.
Un'ombra di insicurezza iniziò a segnare i volti dei newyorchesi incapaci di realizzare la propria nuova vulnerabilità, e insieme la difficoltà di ridisegnare i contorni del proprio futuro: un dolore nuovo, una malattia lenta e strisciante, un
Alzeheimer sociale che annulla a poco a poco ma inesorabilmente ogni cosa.
Nei giorni successivi all'11 settembre, in una città che ricominciava a camminare, ma con gli occhi al cielo, c'è un uomo, un
performer, che interpreta la caduta come la più dolorosa delle rappresentazioni moderne, in perpetuo ricordo di quei disperati che si gettarono giù nel nulla. Un saltimbanco, vestito da
business man, che si lancia nel vuoto nei punti più visibili della città , la valigetta in mano. La sua è un'immagine di paura, di muto e spaventato singhiozzo, uno dei tanti segnali dello smarrimento con cui la gente inizia a convivere.
Ci sono bambini, ancora troppo piccoli per dare un senso alle immagini viste in tv, ma fin troppo sensibili al dolore e al terrore: insieme passano la giornata a spiare il cielo dalla finestra della loro camera, in attesa degli aerei di quello che hanno capito chiamarsi
Bill Lawton, e che è invece Bin Laden.
Ci sono uomini e donne che incominciano a dare un significato al proprio dolore, incontrando quello degli altri, come
Keith Neudecker, sopravvissuto, e sua moglie
Lianne, che cercano di riallacciare il loro difficile rapporto. Il primo si avvicina a chi come lui ha vissuto quella corsa pazza giù per le scale, il fumo, i colleghi che non si trovano, e continua a ripercorrere le stesse immagini in un
loop assillante.
Lianne lavora combattendo con la demenza senile degli anziani in un centro di scrittura creativa, e con il dolore di un padre suicida, perchè incapace di accettare la propria malattia.
Tante sono le forme del dolore. L'11 settembre ne ha aggiunto uno collettivo, e tutti si interrogano e lo raccontano, perchè quel momento rimarrà per sempre nei loro gesti, e il "dove eri quando sono crollate le Torri" si trasforma in una nuova misura di confronto tra il pubblico e il personale, che l'America non ricordava più dai tempi dell'assassinio di Dallas, quarant'anni prima.
Delillo non fa politica in questo libro, non cerca spiegazioni, e non ha bisogno di puntare il dito né di demonizzare kamikaze o complotti: il suo è¨ un libro di potentissima scrittura, di lucidità violenta che va all'intimo e al profondo delle persone.
Nelle sue pagine, meravigliose e spaventose insieme, c'è, nudo e crudo, tutto il senso di sbigottimento, di sofferenza, di caduta della gente comune, impotente di fronte a un dramma mondiale, cui assiste attonita dal fondo della propria sofferenza.
DELILLO DON
L'UOMO CHE CADE
Editore: EINAUDI
Pubblicazione: 01/2008
Numero di pagine: 257
Prezzo: € 17,50
EAN: 9788806188719